Profilazione razziale, xenofobia nel dibattito politico e omofobia nel report dell’Ecri. Tra le sue richieste c’è quella di rendere indipendente l’Unar.
Le violenze in Burundi di cui nessuno sa nulla, nemmeno che esistono
I cittadini del Burundi sono stati chiamati a supportare, durante una marcia pacifica tenutasi ad aprile, il presidente Pierre Nkurunziza, che voleva ricandidarsi presidente per la terza volta. Tuttavia, gli eventi che sono seguiti hanno preso una piega inaspettata e brutale. Il 19 aprile, infatti, moltissime persone sono scese in piazza nella capitale Bujumbura per
I cittadini del Burundi sono stati chiamati a supportare, durante una marcia pacifica tenutasi ad aprile, il presidente Pierre Nkurunziza, che voleva ricandidarsi presidente per la terza volta. Tuttavia, gli eventi che sono seguiti hanno preso una piega inaspettata e brutale. Il 19 aprile, infatti, moltissime persone sono scese in piazza nella capitale Bujumbura per protestare contro la decisione di Nkurunziza di farsi rieleggere perché anticostituzionale. Centinaia di oppositori politici e di civili sono stati arrestati.
Il Consiglio nazionale per la difesa della democrazia – Forze per la difesa della democrazia (Cndd-Fdd), ha reso noto che il 25 aprile Nkurunziza si sarebbe ricandidato per diventare presidente. L’annuncio è arrivato poco dopo la modifica della costituzione per permettergli di essere eletto per la terza volta di fila. Quattro dei cinque giudici della corte costituzionale del Burundi hanno firmato l’emendamento, mentre il quinto ha deciso di rifiutarsi, scappando dal paese. Dei quattro, uno è stato costretto a firmare perché minacciato, gli altri tre hanno ricevuto un compenso per la loro collaborazione.
Come sono iniziate le proteste
Nei giorni successivi molte altre persone sono scese in piazza. La radio era diventata il mezzo per dar voce alla protesta dei manifestanti, mentre gli oppositori politici scrivevano ai governi stranieri e alle Nazioni Unite. La risposta da parte delle autorità locali è stata quella di chiudere qualsiasi mezzo di informazione privato e, da quel momento in poi, di rispondere alle proteste con percosse, torture e arresti.
“Spaventati, molti cittadini sono scappati dal Burundi per cercare rifugio nei paesi vicini, soprattutto Ruanda e Tanzania. La vita a Bujumbura si è completamente fermate. Il 95 per cento degli uffici ha chiuso e le persone non escono di casa”, dice il giornalista che, avendo da poco lasciato il paese, vuole rimanere anonimo per motivi di sicurezza.
Le manifestazioni sfociano nella violenza
“Le proteste stavano diventando estremamente violente. La polizia tirava regolarmente gas lacrimogeni. Si vedevano morti ovunque, anche bambini. Di conseguenza, persino i manifestanti, seppur avendo iniziato le manifestazioni con obiettivi pacifici, hanno iniziato a perdere il controllo, lanciando pietre alla polizia per difendesi. Hanno addirittura bruciato un uomo vivo”, ha dichiarato il giornalista. “Più passava il tempo, più la situazione era fuori controllo. L’unica cosa che potevamo fare, ed è l’unica che chi è rimasto può ancora fare, era di bloccare l’accesso ai nostri quartieri durante la notte, momento in cui la polizia sarebbe potuta venire nelle nostre case, per ucciderci o arrestarci. Abbiamo capito che la scelta migliore era di distruggere le strade per evitare che le macchine potessero accedere nel nostro vicinato e appiccare incendi nelle nostre vie”.
Il 10 maggio è stata organizzata un’altra protesta, guidata completamente da donne. Vestite di bianco, sono scese in piazza per chiedere la liberazione dei loro mariti, figli e fratelli. Uomini da tutto il paese si sono uniti alla loro seconda manifestazione, organizzata tre giorni dopo.
E in un colpo di stato
Quello stesso giorno, il 13 maggio, è stato annunciato un colpo di stato, sebbene il presidente Nkurunziza negava il fatto. Infatti, chiunque vi avesse preso parte fu arrestato. Da quel momento, la città di Bujumbura si è placata e molta gente è fuggita. A metà giugno sono finite le proteste e alla fine di luglio il presidente è stato rieletto. Molti di quelli che erano scappati sono tornati, principalmente perché non potevano permettersi di vivere all’estero.
I cittadini si barricano in casa
“Ad oggi, alcuni quartieri sono ancora inaccessibili. C’è un coprifuoco auto imposto che inizia alle ore 17:00, dato che abbiamo paura a rimanere fuori dopo quell’ora. Ci sono molti nuovi arresti ogni giorno, soprattutto di giovani, per motivi che non sussistono, e i mezzi di comunicazione privati sono ancora fuori uso”, ha proseguito la nostra fonte. “Nelle ultime settimane i bambini sarebbero dovuti tornare a scuola, ma non essendoci abbastanza insegnanti e studenti molte scuole rimangono chiuse”.
“In Burundi vige la pace”
La versione dei fatti fornita da parte del governo è che non esiste nessuna crisi in Burundi. Infatti, Nkurunziza ha affermato più volte: “il 99 per cento del paese è in una situazione di pace. C’è solo un gruppo di persone che crea disordini in una piccola parte del paese”.
Eppure, gli altri vedono la situazione in modo diverso. “A Bujumbura, sinceramente, se vedi un polizziotto, scappi. Loro sono quelli che rubano, uccidono e torturano”, ha affermato il giornalista. Con il susseguirsi degli eventi e nessuna soluzione in vista, si pensa a un possibile conflitto.
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