275 persone soccorse da Open Arms e Emergency sono ancora in mare in attesa di un porto sicuro, e necessitano assistenza e cure immediate.
Design contro la guerra. La chiamata di Emergency alla bellezza come arma di cura
Nell’idea di cura di Emergency c’è “la bellezza come rispetto verso persone profondamente segnate dalla guerra”. Il bando Design contro la guerra è una chiamata per trovare soluzioni creative per soddisfare bisogni e desideri della vita e della cura in territori che cercano la pace.
di Costanza Danovi, ufficio comunicazione Emergency
La bellezza è parte integrante dell’idea di cura di Emergency. “Scandalosamente belli” devono essere gli ospedali che l’organizzazione costruisce in giro per il mondo, perché, come ricorda Gino Strada, “la bellezza diventa segno di rispetto verso persone profondamente segnate dalla guerra o dalla malattia e un luogo bello offre le condizioni essenziali per recuperare dignità nella sofferenza”. È questa l’idea alla base anche di Design contro la guerra, concorso lanciato da Emergency insieme a SosDesign in occasione del suo venticinquesimo anniversario: individuare soluzioni creative, in termini di ambienti, prodotti, e servizi, per soddisfare i bisogni e desideri della vita e della cura, in territori condizionati dalla guerra.
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È il 2001, l’Italia aderisce alla guerra in Afghanistan e Gino Strada, chirurgo e fondatore dell’ong Emergency, annuncia pubblicamente di rinunciare ai fondi pubblici, sollecitando un contributo da parte della società civile. All’appello rispondono gli architetti Massimo Bruto Randone, Biba Acquati e Lucio Lazzara, con la creazione di SosDesign: una mostra-mercato, che, in occasione del Salone del mobile, raccoglie e vende oggetti, prototipi e schizzi che portano la firma di designer famosi. Il ricavato è devoluto a Emergency.
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È una formula presa in prestito dal mondo della moda, ma novità assoluta per quello del design. Si rivelerà vincente. 18 anni dopo, le due realtà tornano insieme. Molte cose sono cambiate da allora – Emergency ha operato in 18 paesi diversi, assistito oltre dieci milioni di persone, è giunta ormai al compimento del venticinquesimo anno d’età – ma il fattore peggiore rimane: la guerra. In Afghanistan, dove la violenza ancora non accenna a diminuire. In Iraq, dove negli ultimi anni si sono riacuite le tensioni in molte aree del Paese. In Italia, dove combattere il diverso è all’ordine del giorno.
Design contro la guerra, una chiamata a soluzioni creative
Design contro la guerra è un bando di SosDesign per Emergency, con il sostegno dell’associazione Cumulus e della piattaforma Desall, che ospita la call for ideas. È un modo per sancire nuovamente il legame tra due mondi solo apparentemente lontani, quello del design, che crea, e quello della guerra, che distrugge. Creativi di ogni nazionalità, che abbiano superato la maggiore età, possono cimentarsi nella ricerca di “soluzioni per ambienti, prodotti, servizi che risolvano, contengano, facilitino, supportino, sensibilizzino aspetti pratici, psicologici, relazionali, culturali in contesti deformati da un conflitto”.
Cinque i criteri di valutazione dei progetti: beneficio sociale, grado di innovazione, fattibilità tecnica, funzionalità, presentazione. Il bando rimarrà aperto su desall.com fino al 27 giugno. In autunno, poi, Casa Emergency, a Milano, ospiterà la mostra dei progetti in concorso, una sessione di approfondimento su eventuali nuovi scenari aperti dai partecipanti, e la premiazione dei vincitori delle tre categorie. In palio, oltre alla possibilità di veder realizzato il proprio progetto (“Award Prototipazione”), e alcuni SpaceMouse professionali, un “Award Esperienza”: la visita guidata di uno degli ospedali di Emergency in giro per il mondo.
Massimo Bruto Randone farà parte della giuria. Gli abbiamo chiesto di parlarci delle sue aspettative nei confronti di questa iniziativa: “Saremmo felici se i progetti, nella loro totalità, rappresentassero i tre livelli a cui il concorso guarda con attenzione: quello tecnico, quello simbolico e quello etico. Il livello tecnico è rappresentato in modo chiarissimo dal Mine Kafon (“kafon” significa “esplosione” in dari), di Massoud Hassani esposto anche al MoMa. È a tutti gli effetti un oggetto di altissimo design: affronta un problema rilevante dei territori di guerra (i campi disseminati da mine antiuomo), identifica una funzione specifica (la salvaguardia delle persone), ha un’altissima sostenibilità sia tecnica (il cuore meccanico del dispositivo sopravvive all’esplosione della mina) che ambientale (le parti fragili che si sacrificano sono di bambù facilmente reintegrabili), è nato dall’esperienza sul campo di un giovane progettista afgano che ha vissuto sulla sua pelle l’esperienza della guerra, e, non ultimo, è un oggetto meraviglioso, anche da un punto vista formale, ispirato dall’osservazione del vento e dei fiori nel vento.
Il valore curativo della bellezza
“Il livello simbolico ed estetico è rappresentato dalla posizione, di altissimo umanesimo, espressa da Gino Strada sul valore curativo della bellezza. Quando Gino sostiene l’importanza di pensare gli ospedali non solo come spazi dell’assistenza sanitaria ma anche come luoghi di flagrante bellezza (per la migliore accoglienza e rigenerazione umana), introduce in territori afflitti dagli orrori etico ed estetici della guerra i valori simbolici più edificanti e costruttivi dell’umanesimo universale.
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Ultimo, ma forse primo, è il livello etico del design come empatia e partecipazione. Progettare è un modo per pensare attivamente al contenimento e al superamento degli orrori dei conflitti e delle loro conseguenze sociali e ambientali. Mi auguro che questo concorso, nella sua piccola parte, definisca una comunità di progetti in grado di interpretare una volta di più il ripudio della guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.
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