Si tratta di un’area di 202 chilometri quadrati nata grazie agli sforzi durati 16 anni delle comunità locali e nazionali a Porto Rico.
Da oggi l’avorio è vietato in Cina. Il più grande passo della storia per salvare gli elefanti
La Cina sta compiendo un passo dopo l’altro per sradicare il commercio di avorio. Da oggi, 31 dicembre 2017, entra in vigore il divieto di compravendita dell’avorio. Tutti gli esperti la definiscono una mossa decisiva per ridurre il massacro degli elefanti, che ora sono a rischio di estinzione proprio per colpa delle loro splendide, maestose zanne. La richiesta di
La Cina sta compiendo un passo dopo l’altro per sradicare il commercio di avorio. Da oggi, 31 dicembre 2017, entra in vigore il divieto di compravendita dell’avorio. Tutti gli esperti la definiscono una mossa decisiva per ridurre il massacro degli elefanti, che ora sono a rischio di estinzione proprio per colpa delle loro splendide, maestose zanne.
La richiesta di avorio in Asia alimenta da anni una strage di centinaia di migliaia di elefanti per mano dei bracconieri africani. Ogni anno – soprattutto negli ultimi anni! – pare ne vengano uccisi 30.000. Ne rimangono 350.000 in tutta l’Africa. A questo ritmo, tra dieci anni saranno estinti.
Il mercato cinese dell’avorio dà il saldo alla fine di una lunga e crudele catena economica di approvvigionamento, che inizia nelle pianure dell’Africa sub-sahariana e scorre attraverso operazioni di contrabbando nel sud-est asiatico. In Africa l’avorio è diventato una fonte di fondi per i conflitti armati, assumendo un ruolo simile ai diamanti di sangue che vengono scambiati per denaro e poi armi, e addirittura finanzia il terrorismo. Il New York Times riferiva nel 2012 che gli esperti affermano che fino al 70% dell’avorio illegale finisce in Cina.
In Cina, finora, era ancora permessa la vendita di zanne, avorio e oggetti intagliati d’artigianato con avorio acquistato prima della Convenzione del 1975 sul commercio internazionale delle specie di flora e fauna selvatiche minacciate di estinzione (Cites), purché accompagnati da certificati. Questa clausola non solo è stata inefficace, ma pare addirittura nociva. Ha incentivato le compravendite, invece che limitarle.
Invece da quest’anno l’annuncio del divieto di commerciare avorio ha già portato a un calo dell’80% dei sequestri di avorio illegale in entrata in Cina e di un calo di due terzi dei prezzi grezzi di avorio, secondo il gruppo di conservazione WildAid. “È il più grande passo mai compiuto verso la riduzione del bracconaggio degli elefanti” ha dichiarato Peter Knights, Ceo di WildAid.
Leggi anche: Meglio tardi che mai, la Cina annuncia la messa al bando del commercio interno di avorio entro la fine del 2017
Divieto dell’avorio in Cina e geopolitica degli stati confinanti: il ruolo di Hong Kong
Il divieto cinese di compravendita dell’avorio dal 31 dicembre 2017 è stato salutato con entusiasmo dagli attivisti di tutto il mondo, che però avvertono che Hong Kong, regione amministrativa speciale della Cina, rimane per ora un ostacolo allo sradicamento del bracconaggio degli elefanti.
Il nuovo divieto di vendita in Cina non si applica cioè all’ex colonia britannica, che ha il più grande mercato al dettaglio dell’avorio da oltre 150 anni. C’è da dire però che questo importante snodo di transito ha (aveva) oltre il 90% dei clienti dalla Cina continentale, i cui comportamenti dovranno adattarsi al fatto che da oggi smerciare e rivendere avorio in Cina è proibito.
Dal 2003 a oggi a Hong Kong sono state intercettate circa 40 tonnellate di avorio illegale, solo il 10% circa di ciò che si ritiene sia stato realmente contrabbandato, ha dichiarato WildAid in un documento indirizzato alla municipalità in maggio. La quale, però, ha fissato un calendario per il divieto di commercio dell’avorio lo scorso anno, con un periodo di eliminazione graduale di cinque anni. Un voto finale sul divieto è previsto all’inizio del 2018.
Il conservazionista cinese Zhou Fei, capo del programma Traffic del Wwf in Cina, ritiene difatti che il bando cinese possa fare da catalizzatore per la chiusura dei mercati dell’avorio in tutta l’Asia.
I prezzi dell’avorio in Vietnam e Laos
Il prezzo dell’avorio grezzo in Asia è diminuito drasticamente da quando il governo cinese ha annunciato piani per vietare il commercio di avorio sull’intero territorio nazionale. Il bracconaggio, tuttavia, non sta calando in parallelo.
Gli investigatori sotto copertura della Wildlife Justice Commission hanno visitato i commercianti ad Hanoi negli ultimi tre anni. Nel 2015 è stato offerto avorio grezzo per una media di 1322 dollari al kg nel 2015, ma a ottobre 2016 tale prezzo era sceso a 750, e a febbraio di quest’anno i prezzi erano inferiori del 50%, piombati giù fino a 660 dollari al kg.
I commercianti si lamentano che il business dell’avorio è diventato molto “difficile e non redditizio” e stanno dicendo che vogliono sbarazzarsi delle loro scorte, secondo un rapporto citato dal Guardian. Preoccupantemente, altri lo stanno accumulando nell’attesa, speriamo vana, che i prezzi salgano di nuovo.
Tuttavia, il gruppo di conservazione Save the Elephants, con base in Kenya, ha dichiarato quest’anno che il vicino Laos ha ampliato il proprio mercato al dettaglio più rapidamente di qualsiasi altro paese.
Sempre secondo Save the Elephants, anche in Vietnam starebbe crescendo la produzione di oggettistica insanguinata nell’ultimo decennio. Lì ci sarebbe dunque oggi uno dei più grandi mercati illegali di avorio nel mondo, con la maggior parte delle zanne provenienti ovviamente dall’Africa. Sebbene storicamente l’intaglio in avorio non sia considerato in Vietnam una forma d’arte prestigiosa come in Cina, il numero di intagliatori pare stia aumentando.
La storia del divieto dell’avorio in Cina
È da anni che i funzionari del governo cinese sono tallonati in tutto il mondo, a ogni incontro internazionale, da attivisti che li biasimano sul numero di elefanti morti in tutta l’Africa, con la comunità internazionale che incolpa la Cina di questo “olocausto dell’avorio”.
Persino il premier cinese, Li Keqiang, non ha potuto sfuggire né alle conferenze sulla conservazione della natura e degli elefanti in Africa né alle lamentele sui mali del commercio legale nazionale di avorio da parte dei leader stranieri. Per anni, la Cina ha scansato le critiche citando il lungo retaggio culturale e le sue politiche di piccoli passi, come il divieto di importare oggetti intagliati d’avorio due anni fa. Inefficacemente.
- 3 millenni fa. Il divieto di commerciare avorio che entra oggi in vigore è forse ancora più significativo considerando che la Cina ha da sempre sostenuto che l’intaglio in avorio è parte integrante della sua storia culturale, che risale a oltre 3.000 anni fa.
- 2 millenni fa. Addirittura, la Cina in realtà aveva una sua specie di elefanti, ma – ironia della sorte – si è estinta da più di due millenni.
L’avorio era usato per intagliare statue di divinità e medaglioni con scene da giardino, che erano ricercatissime dai funzionari di corte durante l’era imperiale. - 1974. Tale era l’apparente prestigio dell’avorio, che nel 1974 la Cina regala all’Onu una scultura di un metro e mezzo raffigurante un ponte ferroviario su una foresta, intagliato in otto zanne di elefante.
- 2002. Comincia un decennio difficilissimo per gli elefanti. La sopravvivenza degli elefanti sulla Terra è fortemente minacciata dal mercato dell’avorio, che sfocia per il 70% in Cina. L’Africa centrale perde più del 60 per cento degli elefanti africani delle foreste solo nel periodo tra il 2002 e il 2011.
- 2007. Ancora nel 2007 l’intaglio dell’avorio era classificato come patrimonio culturale nazionale della Cina.
- 2012. Il ruolo della Cina nei mercati mondiali dell’avorio purtroppo è cresciuto notevolmente in questi anni, dal momento che i ricchi cinesi hanno ricominciato a cercare l’avorio come status symbol. Le aziende cinesi si sono inoltre radicate sempre più con un numero crescente di dipendenti nel continente africano. L’impennata dei prezzi dell’avorio ha contribuito ad alimentare il massacro di oltre 100.000 elefanti in un arco di tre anni, un ritmo che decurta le chance di sopravvivenza dei 400.000 elefanti che si stimavano rimasti in libertà.
- 2014. Così come è parso palese che la Cina era diventata il principale colpevole del bracconaggio degli elefanti, l’atteggiamento interno del Paese inizia a cambiare. Sondaggi a Pechino, Shanghai e Guangzhou – le più grandi città del paese – rilevano che il 95% degli intervistati volevano che il governo vietasse il commercio dell’avorio per proteggere gli elefanti africani. A questa presa di coscienza collettiva contribuiscono campagne come quella di Yao Ming, che ha promosso un documentario e ha visitato centri di recupero per elefanti in Africa. Si organizza perfino un rogo pubblico di zanne d’elefante.
- 2015. Viene arrestata in Tanzania Yang Feng Glan, ritenuta la cerniera tra i bracconieri africani e i contrabbandieri del traffico d’avorio verso la Cina. La donna cinese di 66 anni sarebbe direttamente responsabile della morte di almeno 350 elefanti e del contrabbando di migliaia di zanne di avorio.
- 2016. Il presidente americano Barack Obama adempie a una promessa fatta durante un incontro con la sua controparte cinese, e impone un divieto pressoché totale sulle vendite di avorio negli Stati Uniti.
- 2017. La Cina decide di seguire l’esempio e, da marzo, i funzionari hanno chiuso 67 laboratori di intaglio e negozi al dettaglio, mentre altri 105 sono ora in chiusura. È stata un’impressionante inversione di marcia, un passo molto più grande di quanto i sostenitori delle campagne ambientaliste avevano osato sperare.
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