La finanza ha la fondamentale responsabilità di traghettare i capitali verso la transizione energetica. Se ne è discusso al Salone del Risparmio 2022.
Come possiamo sapere (e scegliere) dove vanno a finire i nostri risparmi
Abbiamo nel portafogli carte di credito e prepagate che usiamo per acquistare con pochi clic qualsiasi cosa, dalla frutta ai mobili, dai biglietti aerei ai libri. Controlliamo distrattamente l’estratto conto dallo smartphone, mentre ci sfreccia davanti un autobus che ospita sulla fiancata la pubblicità di un mutuo o di un fondo pensione. La gestione del
Abbiamo nel portafogli carte di credito e prepagate che usiamo per acquistare con pochi clic qualsiasi cosa, dalla frutta ai mobili, dai biglietti aerei ai libri. Controlliamo distrattamente l’estratto conto dallo smartphone, mentre ci sfreccia davanti un autobus che ospita sulla fiancata la pubblicità di un mutuo o di un fondo pensione. La gestione del denaro ci sembra una materia quotidiana, da dare per scontata. Ma siamo sicuri di sapere davvero che fine fanno i nostri risparmi?
La scelta più comune: il conto corrente
La stragrande maggioranza degli italiani tiene al sicuro i propri risparmi in un conto corrente bancario, per poterli maneggiare in modo agevole e rapido, ritirando di volta in volta la somma che serve, a fronte di costi di gestione piuttosto contenuti. Chi sceglie questa strada non ha nulla da temere nemmeno in caso di crisi finanziaria, perché i risparmi fermi in un conto corrente non sono legati all’andamento delle Borse. Anche qualora la banca dovesse fallire, esiste un Fondo di garanzia statale che li tutela fino a un massimo di 100 mila euro di saldo.
L’altro lato della medaglia, però, è che i tassi di interesse applicati sono molto ridotti. Il rendimento quindi è prossimo allo zero e, di solito, inferiore al tasso di inflazione. Ciò significa che, anno dopo anno, i risparmi fermi nel conto perdono un po’ del loro potere d’acquisto. C’è un altro fattore sul quale in pochi riflettono: dal momento che, com’è noto, la banca ha la doppia funzione di custodire ed erogare denaro, i nostri risparmi non saranno mai realmente fermi. E non abbiamo modo di sapere – né tantomeno di decidere – come saranno impiegati.
Quanti sono gli italiani che investono i propri risparmi
Noi italiani tendenzialmente preferiamo mettere i risparmi sotto il materasso, perché in media non siamo molto informati in materia di economia e finanza e siamo un po’ diffidenti di fronte ai rischi dei mercati. È il quadro dipinto dal “Rapporto sugli investimenti finanziari delle famiglie italiane. Approcci e attitudini comportamentali”, stilato dalla Divisione Studi della CONSOB. Il 62 per cento delle famiglie non effettua investimenti finanziari; e tra coloro che scelgono di investire, quasi uno su quattro dichiara di non avere un’attitudine specifica (dati GfK Eurisko). Più di un terzo degli investitori chiede consigli a parenti e amici e una percentuale analoga si affida a un esperto; il 24 per cento, invece, preferisce decidere da sé.
I tanti modi per investire il proprio denaro
Sono tante, però, le strade a disposizione di chi ha messo da parte un po’ di risparmi e decide di avere un ruolo più attivo, magari con la prospettiva di farli fruttare. Sempre secondo il rapporto CONSOB, nel 2015 la scelta più comune è quella delle obbligazioni bancarie italiane, che prevedono il rimborso del valore nominale alla scadenza e offrono un rendimento che (a seconda delle condizioni pattuite) può essere legato all’andamento dei tassi di interesse o dell’inflazione. Al secondo posto, i titoli di stato italiani: bot, btp e cct. Al terzo posto tra le preferenze degli italiani troviamo i fondi, seguiti dalle azioni di società italiane e dalle obbligazioni non bancarie.
Dai fondi speculativi ai fondi etici
Il raggio si allarga ancora quando si parla di fondi comuni di investimento, che sono dati in gestione a società apposite, dette appunto SGR (società di gestione del risparmio). Se sono chiusi, le quote possono essere rimborsate soltanto a determinate scadenze; se sono aperti, invece, i partecipanti le possono riavere indietro in qualsiasi momento, al valore di mercato. Ci sono anche fondi riservati agli investitori qualificati (fondi pensione, assicurazioni, banche e così via) e fondi speculativi, molto più rischiosi e soggetti a una normativa più elastica.
La cosa interessante è che ogni fondo ha una sua specifica politica di gestione. Ed esistono anche i fondi etici, che fanno della sostenibilità la propria bandiera. Alcuni escludono dal proprio portafoglio settori controversi come il tabacco, l’alcool e il gioco d’azzardo; altri ancora investono con l’intento dichiarato di ottenere un impatto sociale positivo; altri, invece, scelgono soltanto società che si distinguono per le loro politiche ambientali, sociali e di governance (Esg). Le politiche sono molto varie tra loro: il minimo comun denominatore è che il risparmiatore che si affida a un fondo etico lo fa per essere certo del fatto che i suoi risparmi non finanzino attività contrarie ai suoi ideali.
Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Il Green Deal europeo e i piani di ripresa post-Covid incideranno sulla finanza sostenibile? L’abbiamo chiesto a Davide Tentori, ricercatore dell’Ispi.
Servono investimenti immensi per realizzare gli Sdgs, ma il percorso è tracciato. Ne abbiamo parlato con Francesco Timpano di Asvis.
Il Pnrr potrebbe aprire una stagione diversa per gli investimenti a impatto nel nostro paese. Parola di Giovanna Melandri, presidente di Human foundation e Social impact agenda per l’Italia.
Cos’è un investimento responsabile? Come può il risparmiatore orientarsi in un panorama sempre più articolato? Ecco una breve guida.
La finanza sostenibile cresce, ma il nostro Pianeta resta in crisi. Eurosif, il Forum europeo per gli investimenti sostenibili e responsabili, propone alcune vie d’uscita.
Entro il 2026 l’Unione europea emetterà 250 miliardi di euro in obbligazioni verdi per finanziare le iniziative previste dal piano Next Generation Eu.
La finanza sostenibile crea valore nel lungo periodo, sia per l’investitore sia per il Pianeta e la società. Un approccio che riscuote sempre più successo.
La ripresa post-Covid è un’opportunità da non perdere per rendere più sostenibile la nostra economia. Anche grazie alla finanza etica.