La Cop16 sulla biodiversità si conclude con pochi passi avanti. Cosa resta, al di là della speranza?
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Gli animali, appartenenti a una sottospecie a forte rischio estinzione, sarebbero affogati in una vasca di raccolta dell’acqua. E non è la prima volta.
In un solo colpo circa il 6 per cento della popolazione mondiale di orso bruno marsicano (Ursus arctos marsicanus) è stata spazzata via per sempre. È come se fosse crollata una parte di Cappella Sistina, come se parte degli scavi di Pompei fossero stati inghiottiti dal suolo, perché l’orso marsicano, sottospecie endemica dell’Italia centrale e uno dei mammiferi più rari del pianeta, è un patrimonio nazionale di incalcolabile valore.
La mattina del 15 novembre, in seguito alla segnalazione di un escursionista, il personale del parco nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise, ha recuperato i corpi senza vita di tre orsi marsicani in una vasca per la raccolta dell’acqua in località “le fossette”, situata tra i Comuni di Balsorano e Villavallelonga, in provincia dell’Aquila. La zona è fuori dai confini del parco ma all’interno della cosiddetta “zona di protezione esterna”, zona cuscinetto che dovrebbe adottare tutte le soluzioni possibili per proteggere i rari plantigradi. Gli animali sarebbero caduti nella vasca, che non offre appigli per risalire, e lì sarebbero annegati. Le carcasse, come si legge nel comunicato del parco, “sono state trasportate a Pescasseroli e saranno sottoposte ad esame necroscopico per accertare o escludere che non ci siano altre cause di morte”.
Le vittime sono una femmina di circa dieci anni e i suoi due cuccioli nati quest’anno, un maschio e una femmina. Considerato che la popolazione di orsi marsicani conta appena cinquanta-cinquantacinque esemplari, la scomparsa di una femmina in età riproduttiva rappresenta un dramma di proporzioni incalcolabili e rischia di compromettere ulteriormente la conservazione di questo splendido animale, importante tanto dal punto di vista naturalistico quanto da quello culturale. Ad aggravare ulteriormente la vicenda, e a non consentire di derubricarla come semplice fatalità, è il fatto che in quella stessa vasca nel 2010 erano già morti altri due orsi, un’altra femmina con il suo piccolo. Di fatto, quindi, in quella singola vasca è morto il 10 per cento della popolazione di orsi marsicani.
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La vasca si trova su una proprietà privata e nel 2012 (quindi ben due anni dopo il primo incidente mortale) erano stati eseguiti interventi di messa in sicurezza realizzati dai proprietari, con il supporto del corpo forestale, evidentemente però inadeguati a garantire la sicurezza di uomini e animali. Stefano Orlandini, rappresentante dell’associazione conservazionista Salviamo l’orso, ritiene che le responsabilità per il grave incidente siano da ripartire tra proprietari del fondo, ente parco e carabinieri forestali. “Ricordiamo ancora i proclami dei vertici del parco e del corpo forestale di allora sulla necessità di un censimento di questi vasconi montani, strutture quasi sempre abusive e pericolose per uomini e bestie, da mettere in sicurezza al più presto. Ebbene ci vollero due anni per dotare la vasca di una recinzione evidentemente insufficiente visto che circa sei mesi fa ci fu segnalato che non esisteva più – ha scritto Orlandini in un comunicato dell’associazione. – Come potranno mai giustificare il loro comportamento i proprietari del fondo che ricavano reddito dal suo affitto ma non spendono qualche centinaio di euro per evitare che anche delle persone possano rischiare la vita? Quale giustificazione può accampare il comando regionale dei carabinieri forestali a cui è demandato il controllo del territorio boschivo montano?”.
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