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L’Italia arretra nella classifica dei paesi più democratici, le motivazioni spiegate dall’Economist
L’Economist ha pubblicato l’Indice della democrazia 2018: l’Italia è arretrata di dodici posizioni per colpa di “un governo di estrema destra contrario al sistema”.
Se, da un lato, la fiducia nella democrazia si è deteriorata e serpeggia il malcontento nei confronti delle istituzioni, dall’altro la partecipazione politica dei cittadini è aumentata quasi ovunque nel mondo, specialmente da parte delle donne, tanto che spesso ha assunto la forma di protesta. Sono ancora nitide nelle nostre menti le immagini degli studenti americani che hanno marciato pacificamente per chiedere al governo degli Stati Uniti di inasprire le leggi sulla compravendita di armi ed impedire nuove sparatorie nelle scuole, così come quelle dei violenti gilet gialli che hanno infiammato le vie di Parigi per lamentarsi delle tasse e dell’aumento dei prezzi.
A rivelare che la volontà degli individui di farsi valere sia cresciuta è l’Indice della democrazia 2018 pubblicato dall’Economist – rivista londinese – e giunto quest’anno all’undicesima edizione. A redigerlo è la divisione che dal 1946 si occupa di analisi e ricerca per aiutare le aziende a sfruttare le opportunità e gestire i rischi di una società in continua evoluzione.
For the first time in three years, the Democracy Index does not register a deterioration. Despite a growing disillusionment with political institutions, political participation is on the rise as people are spurred into political action. Learn more: https://t.co/6CwxcQ8WeO pic.twitter.com/2mDZRReUOh
— The Economist Intelligence Unit (@TheEIU) 9 gennaio 2019
Dove si posiziona l’Italia nell’Indice della democrazia
Gli analisti dell’Economist hanno stilato una classifica di 165 stati e due territori, ordinandoli dal più al meno democratico sulla base di cinque categorie: processo elettorale, libertà civili, funzionamento del governo, partecipazione e cultura politica. L’Italia, quest’anno, è scivolata dal 21esimo al 33esimo posto ed il suo punteggio è sceso da 7,98 a 7,71 (su dieci). Sono esplicitate le motivazioni: è cresciuto il consenso nei confronti di “uomini forti che bypassano le istituzioni” e la disillusione verso le istituzioni tradizionali è culminata nella formazione di “un governo contrario al sistema che include la Lega, partito di estrema destra a sfavore dell’immigrazione”.
Gli autori del report aggiungono che “il ministro dell’Interno, Matteo Salvini ha spesso utilizzato una retorica anti-straniero criticata dalle associazioni per la tutela dei diritti umani”; in particolare hanno suscitato sdegno da parte delle Nazioni Unite l’intolleranza nei confronti delle minoranze rom e la chiusura dei porti per impedire lo sbarco dei migranti, così come la decisione di rinviare l’adesione al Global compact for migration.
Quali sono gli stati meno democratici
Per questi motivi l’Italia è considerata una democrazia “imperfetta”, come gli Stati Uniti che si trovano al 25esimo posto. La Norvegia, che ha un punteggio di 9,87, l’Islanda, la Svezia, la Nuova Zelanda, la Danimarca e altre quindici nazioni sono invece democrazie “a pieno titolo”. Esistono infine regimi “ibridi” o “autoritari”: in coda all’elenco risultano Ciad, Repubblica Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo, Siria e Corea del Nord.
La Corea del Nord si trova all’ultimo posto anche nella classifica della libertà di stampa stilata da Reporter senza frontiere, dove l’Italia ha perso posizioni. L’anno scorso 80 giornalisti sono stati uccisi e 348 imprigionati nel mondo. Se le libertà di pensiero e di parola si stanno assottigliando, c’è chi è disposto a sacrificare la propria vita pur di non rinunciarvi: per questo il Time ha eletto i giornalisti, “guardiani della verità”, persona dell’anno 2018. La speranza è che eroi come loro, insieme ai cittadini che sempre più aspirano ad essere protagonisti, riescano a difendere i nostri diritti.
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