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Il film su Edward Snowden, un eroe dei nostri tempi secondo Oliver Stone
La storia del tecnico informatico che rivelò al mondo le dimensioni della sorveglianza elettronica messa in atto dal governo americano diventa protagonista del nuovo avvincente thriller politico di Oliver Stone, al cinema dal 24 novembre
Chi conosce già la storia di Edward J. Snowden troverà nel thriller politico del regista Oliver Stone, Snowden, in uscita il 24 novembre, una nuova angolatura da cui interpretare una delle figure più controverse della nostra epoca. Chi sa poco o nulla di questo informatore americano, ex consulente della Cia e dell’Nsa (l’agenzia di sicurezza nazionale) – responsabile del cosiddetto datagate, ovvero della divulgazione dei sistemi di controllo informatico impiegati dal governo americano e inglese per controllare i cittadini – rimarrà scosso nell’apprendere il livello di violazione della privacy a cui ciascuno di noi è potenzialmente soggetto.
Una vicenda troppo ghiotta per sfuggire alla cinepresa di Stone, che alla storia contemporanea degli Stati Uniti ha dedicato gran parte della sua carriera. Ricordiamo, ad esempio, i film sulla guerra in Vietnam come Platoon e Nato il quattro luglio, e quelli sui presidenti americani come JFK, Nixon e W.
Chi è Edward Snowden
Era il giugno 2013 quando Edward Snowden rivelò al mondo la verità sullo stato di sorveglianza informatica utilizzata dalle agenzie di sicurezza e dai servizi segreti degli Stati Uniti per controllare non solo potenziali gruppi terroristici o governi stranieri, ma tutti i cittadini. Se per molti Snowden divenne un eroe e un paladino della giustizia e dei diritti umani, il governo americano lo considera un traditore della nazione, accusato di aver violato i sistemi di massima sicurezza nazionale. Un’accusa che lo costrinse a fuggire e trovare asilo in Russia per evitare di essere processato in patria sotto l’Espionage act, la legge sullo spionaggio che comporterebbe un processo segreto, senza giuria, e che può anche risultare in una condanna a morte.
Una vicenda che continua a sollevare domande che Stone ha colto in pieno, affrontandole in modo magistrale nel biopic Snowden. Qual è il confine tra la libertà individuale e il diritto-dovere dei governi di agire in nome della nostra sicurezza? A cosa siamo disposti a rinunciare per consentire ai governi di proteggerci? Quanto è importante rispettare il diritto dei cittadini di conoscere la verità? Il cuore della storia è proprio questo. Perché, in fondo, Snowden ha reso noto a tutti i metodi usati dal governo, aprendo un dibattito importantissimo e quanto mai attuale.
La vicenda di Snowden, perché lo ha fatto?
Il regista ha scelto di raccontare la vicenda umana di Snowden, interpretato da Joseph Gordon-Levitt e del perché abbia deciso di stravolgere la propria vita, letteralmente rischiandola. “Ho deciso di esplorare cosa passasse per la mente di Ed”, ha spiegato Oliver Stone, “Cosa lo aveva spinto ad uscire allo scoperto? Sapeva a cosa sarebbe andato incontro?”. Una prospettiva nuova rispetto al documentario premio Oscar Citizenfour di Laura Poitras. Col progredire del film il pensiero di Stone appare sempre più chiaro: Snowden ha agito in nome di un senso di giustizia senza convenienze per lui, ma, al contrario, sacrificandosi come un eroe per una giusta causa.
La storia di Snowden
Il film inizia quando il protagonista incontra segretamente ad Hong Kong i giornalisti Glenn Greenwald (Zachary Quinto) e Ewen MacAskill (Tom Wilkinson) e la regista Laura Poitras (Melissa Leo), per raccontare loro tutto quello che sa sui programmi di sorveglianza informatica degli Stati Uniti. In suo possesso ci sono tutti i file e le prove che è riuscito a sottrarre all’Nsa.
In una costruzione a flashback la linea temporale oscilla tra passato e presente con l’obiettivo di fare conoscere Snowden più da vicino e scoprire come sia arrivato a compiere la sua scelta. Gran parte del film è però ambientata nel passato, a cominciare dal momento in cui Snowden tenta di arruolarsi nelle Forze speciali, deciso a voler combattere in Iraq, ma deve rinunciare per un grave incidente. Determinato nel suo intento di servire la nazione, il giovane inizia a lavorare per l’Nsa e in seguito per la Cia, occupandosi di sicurezza informatica. Un ambito in cui dimostrerà doti eccezionali.
Nel frattempo incontra Lindsay Mills (interpretata da Shailene Woodley) che diventerà (ed è tuttora) la sua ragazza. “Non è solo una storia d’amore. Lei gioca un ruolo importante nella trasformazione di lui”, come spiegato da Joseph Gordon-Levitt. “Ha uno sguardo diverso sulla vita. Lo spinge a ritrovare un modo di pensare critico. Frequentando Lindsay ad Ed viene voglia di porre domande difficili”.
Oliver Stone, il maestro
Il casting è un’altra scommessa vinta da Stone, a partire dal protagonista. L’ammirazione di Gordon-Levitt nei confronti di Snowden traspare, infatti, chiaramente nella sua performance ed è confermata dal modo in cui l’attore parla di lui, accusando anche i media di averne fornito un’immagine fuorviante, sminuendolo a una sorta di hacker (come anche Barack Obama lo definì). Per lui Snowden è molto di più: “un uomo che ha abbandonato una vita molto gratificante, per fare ciò che riteneva giusto”.
Il film pecca solo di eccessiva lunghezza (134 minuti), con qualche piccola ricaduta sul ritmo che viene però mantenuto incalzante da un montaggio serrato. Anche le gratificazioni cinefile non mancano, grazie a messinscene e sequenze molto belle. Su tutte il faccione in videoconferenza di Rhys Ifans (l’agente dell’intelligence Corbin O’Brian), che schiaccia Snowden in una splendida e figurativa citazione orwelliana e il passaggio di inquadrature con cui lo Snowden cinematografico cede il posto a quello vero. Veri tocchi da maestro.
Il patrocinio di Amnesty International
L’uscita del film è patrocinata da Amnesty International, con le motivazioni espresse da Salil Shetty, segretario generale dell’organizzazione per i diritti umani: “Snowden ha chiaramente agito nell’interesse pubblico: ha dato vita a uno dei più importanti dibattiti sulla sorveglianza governativa da decenni a questa parte, contribuendo alla nascita di un movimento globale in difesa della privacy nell’era digitale. Punirlo darebbe un messaggio pericoloso: chi assiste in segreto a violazioni dei diritti umani non dovrebbe rivelarle”. Per questi motivi l’organizzazione aveva lanciato un appello a Obama, invitandolo a concedere la grazia a Snowden.
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