La Cop16 sulla biodiversità si conclude con pochi passi avanti. Cosa resta, al di là della speranza?
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In India gli elefanti stanno modificando le proprie abitudini per adattarsi alla crescente presenza umana.
In India la dilagante urbanizzazione sta restringendo sempre più l’habitat degli elefanti asiatici (Elephas maximus) e acuendo il conflitto tra uomini e pachidermi. L’India ospita il 70 per cento degli elefanti asiatici del pianeta ma il loro ambiente naturale è sempre più frammentato e la sovrapposizione coi luoghi abitati dagli esseri umani provoca ogni anno la morte di centinaia di elefanti e di decine di persone, oltre alla distruzione di interi raccolti. Gli elefanti maschi, al fine di migliorare la loro idoneità riproduttiva, preferiscono infatti rischiare lo scontro con le persone pur di accedere ai campi coltivati, ricchi di colture nutrienti. Questa strategia starebbe causando l’adozione di nuovi comportamenti tra gli elefanti, per consentire loro di sopravvivere in ambienti tanto ostili.
È quanto ipotizzato da un team di ricercatori indiani, autori dello studio All-male groups in asian elephants: a novel, adaptive social strategy in increasingly anthropogenic landscapes of southern india, pubblicato su Scientific reports. Gli scienziati hanno infatti notato che gli elefanti asiatici si coalizzano nel tentativo di sopravvivere in un mondo sempre più antropizzato. Il cambiamento riguarda, in particolare, i giovani elefanti che, a differenza di quanto avveniva fino a venti anni fa, ora frequentano a lungo i maschi più anziani, probabilmente per imparare da loro come non farsi uccidere dalle persone. “Questi elefanti devono imparare a utilizzare il nuovo paesaggio in modo efficiente e ad evitare di essere uccisi – ha spiegato la biologa della fauna selvatica Nishant Srinivasaiah, autrice principale della ricerca. – L’associazione con maschi più anziani più esperti è una strategia usata da alcuni dei giovani maschi per sopravvivere”.
I ricercatori, osservando 248 elefanti maschi di differenti classi di età, hanno infatti notato, in aree caratterizzate dalla forte presenza umana, l’inusuale formazione di gruppi di soli maschi stabili e a lungo termine. Gli autori dello studio ritengono che questa coesistenza sia l’unica strategia che permetta ai questi grandi mammiferi di sopravvivere in aree ad alto rischio ma ricche di risorse nell’India meridionale. Si tratterebbe dunque di una strategia adattativa che gli elefanti asiatici hanno sviluppato per far fronte al drastico mutamento del loro ambiente.
Gli elefanti asiatici, come detto, hanno sviluppato una netta preferenza per le colture coltivate rispetto alle erbe selvatiche, poiché più nutrienti e numerose. L’accesso ai campi comporta però grandi rischi, gli agricoltori, comprensibilmente, non vedono infatti di buon occhio gli elefanti che saccheggiano i loro raccolti e le ritorsioni sono all’ordine del giorno. Evidentemente, però, gli elefanti ritengono che valga la pena correre il rischio (uno studio ha scoperto che le diete a base di colture sono così ricche che riducono persino i livelli di stress degli elefanti), ricordandoci ancora una volta la straordinaria e sfaccettata intelligenza di questi enormi erbivori, di cui abbiamo ancora una conoscenza estremamente parziale.
La ricerca evidenzia sia la notevole adattabilità degli elefanti, ma anche la grande influenza dell’uomo sull’ambiente naturale. Questi nuovi comportamenti, secondo gli autori dello studio, potrebbero essere sfruttati per mitigare i conflitti tra uomini ed elefanti. È molto importante, ad esempio, non uccidere o spostare gli elefanti più anziani non problematici, che potrebbero insegnare ai più giovani come comportarsi quando si spostano attraverso i villaggi, minimizzando così i danni. “La chiave per convivere con gli elefanti potrebbe essere comprendere la loro complessità sociale e sfruttare questa nuova conoscenza per imparare a modificare i nostri stili di vita per renderli più compatibili con quelli dei pachidermi, ed essere più flessibili nel nostro approccio verso gli elefanti”, ha affermato Srinivasaiah.
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