Circa 40.000 persone hanno sostenuto le richieste indigene, che si oppongono a un progetto di revisione del trattato fondativo della Nuova Zelanda.
Elezioni in Brasile. Bolsonaro domina il primo turno e va al ballottaggio
Il candidato di estrema destra alla presidenza del Brasile, Jair Bolsonaro, stacca di 16 punti Fernando Haddad. Ballottaggio il 28 ottobre.
8 ottobre, ore 8 – Gli ultimi sondaggi diffusi a poche ore dall’apertura dei seggi lo davano a poco meno del 40 per cento, ma Jair Bolsonaro ha riscosso un successo ancora superiore alle aspettative. Il candidato presidente di estrema destra ha conquistato infatti il 46 per cento dei suffragi, staccando di 16 punti percentuali il suo diretto avversario Fernando Haddad del Pt (Partido dos trabalhadores), fermo al 29,2 per cento.
Ciro Gomes si attesta al 12,5 per cento delle preferenze, Gerardo Alckmin al 4,8 per cento, João Amoêdo al 2,5 per cento. Tutto si deciderà quindi al ballottaggio, in programma domenica 28 ottobre.
Un’altra pesante batosta per il Pt arriva dallo stato di Minas Gerais, dove l’ex-presidente del Brasile Dilma Rousseff non è stata eletta al Senato.
Aggiornamento 7 ottobre, ore 23 – Le consultazioni sono state portate a termine senza problemi; alle 14 locali circa 964 urne digitali erano state sostituite perché difettose, su un totale di 454mila.
7 ottobre, ore 16 – Le operazioni di voto si stanno svolgendo regolarmente; si segnalano lunghe code in tutto il paese. I seggi chiuderanno alle 17 ora locale.
Fernando Haddad, candidato à presidência pelo PT, vota em São Paulo: https://t.co/i0w6DUuAvv #GloboNews pic.twitter.com/p2S7juCOKq
— GloboNews (@GloboNews) 7 ottobre 2018
Domenica 7 ottobre i cittadini del Brasile sono chiamati alle urne per scegliere il loro nuovo presidente, i governatori dei 27 stati federati e i membri del Congresso nazionale. Per la più grande democrazia sudamericana, queste elezioni 2018 sono particolarmente delicate.
Come funziona il sistema elettorale brasiliano
Le elezioni in Brasile si svolgono con un sistema a doppio turno per il presidente e il vicepresidente. Se un candidato otterrà più del 50 per cento delle preferenze, sarà immediatamente vincitore; in caso contrario, i cittadini torneranno alle urne per il ballottaggio del 28 ottobre. Il presidente, che resta in carica per quattro anni, è capo di stato e di governo (a differenza di quanto accade in Italia).
Sempre il 7 ottobre si vota per i governatori dei singoli stati e per il rinnovo del Congresso nazionale, l’organo legislativo del paese, diviso in due camere: la Câmara dos Deputados e il Senado Federal. La prima ha un numero di membri proporzionale a quello della popolazione brasiliana (comunque non più di 513), che restano in carica quattro anni. Per il Senato, invece, ognuno degli stati federati (26, più il distretto federale che comprende la capitale Brasilia) elegge tre membri. Un terzo dei senatori viene rinnovato quattro anni, la quota restante dopo altri quattro anni.
Il voto è obbligatorio per tutti i cittadini di età compresa fra i 18 e i 69 anni. È facoltativo, invece, per i ragazzi di 16-17 anni, gli over 70 e gli analfabeti.
A partire dal 2000 è stato adottato il voto elettronico: ciò significa che, se tutto andrà per il verso giusto, i risultati delle elezioni in Brasile saranno noti poche ore dopo la chiusura dei seggi. Bisogna tener presente, comunque, il fuso orario: quello di San Paolo è cinque ore indietro rispetto a quello italiano.
Chi sono i candidati alle elezioni in Brasile e quali sono i favoriti
I candidati alla presidenza sono tredici e, stando ai sondaggi, l’esito di queste elezioni in Brasile è ancora da scrivere.
Ahead of Brazil’s Presidential election on Sunday, re-upping my piece on @jairbolsonaro – the Brazilian Trump – via @CNN https://t.co/Skl08XKmDt
— Sam Vinograd (@sam_vinograd) 5 ottobre 2018
Jair Bolsonaro
Secondo l’ultimo sondaggio pubblicato il 2 ottobre da Datafolha, il 32 per cento dei cittadini ha intenzione di sostenere il candidato di estrema destra Jair Bolsonaro. Da molti è definito come il Donald Trump brasiliano ma, secondo il quotidiano britannico Guardian, questo soprannome è fin troppo gentile.
Di origini italiane, l’ex capitano dell’esercito è alla sua settima legislatura, ma le sue posizioni estremiste non sono mai state così popolari. Il suo slogan è “il Brasile sopra ogni cosa, Dio sopra tutti”. Hanno fatto scalpore, in Brasile e non solo, le sue dichiarazioni misogine (“Le donne devono guadagnare meno perché restano incinte”, o il “Non meriti nemmeno che io ti stupri” rivolto a una sua avversaria politica), omofobe (“I gay sono il prodotto della tossicodipendenza”), violente (“Un poliziotto che non uccide non è un poliziotto”).
Si dichiara un sostenitore del regime militare durato dal 1964 al 1985, rifiutandosi di definirlo come una dittatura, e ha dedicato il suo voto per l’impeachment a Dilma Rousseff a Carlos Alberto Brilhante Ustra, capo dei torturatori durante la dittatura. Si è dichiarato sprezzante nei confronti dei diritti dei popoli indigeni e la parola “ambiente” non compare nel suo programma elettorale.
A settembre è stato accoltellato durante un comizio ed è stato costretto a sospendere la campagna elettorale per le gravi ferite riportate. Negli ultimi giorni migliaia di persone sono scese in piazza per contestarlo, al motto di “El nao” (non lui).
Fernando Haddad
Il diretto sfidante di Bolsonaro è Fernando Haddad, rappresentante del Partito dei lavoratori, di centro sinistra. È la formazione politica di Luiz Inácio Lula da Silva, che ha già governato il paese dal 2003 al 2011 ma è stato escluso dai giochi per alcune vicende giudiziarie. Lula è stato infatti condannato a dodici anni di carcere per corruzione e, in virtù della cosiddetta “legge della scheda pulita”, il Tribunale supremo elettorale brasiliano ha bloccato la sua candidatura, impedendogli anche di fare campagna elettorale.
Fino a qualche mese fa proprio Lula era dato per favorito con il 40 per cento delle preferenze, ma Haddad non si è dimostrato in grado di raccogliere il suo consenso: secondo Datafolha, infatti, il 21 per cento dei brasiliani dichiara di voler votare per lui. Professore universitario, Haddad è il sindaco uscente di San Paolo ed è stato ministro dell’Istruzione per i governi Lula e Rousseff.
Gli altri candidati
Seguono, rispettivamente con l’11 e il 9 per cento delle intenzioni di voto, Ciro Gomes e Gerardo Alckmin. Ciro Gomes è stato ministro dell’Integrazione nel governo guidato da Lula e si candida per il Partito democratico laburista, di centro sinistra. Alckmin invece fa capo al partito della Social democrazia brasiliana, di centrodestra; medico, è il governatore in carica dello stato di San Paolo.
Sempre secondo la rilevazione di Datafolha, Marina Silva, ex ministra dell’ambiente sotto la presidenza di Lula, al momento si dovrebbe accontentare del 4 per cento delle preferenze. Silva è molto nota nel mondo ecologista: dopo le mobilitazioni al fianco di Chico Mendes, si è più volte battuta per la tutela dell’Amazzonia e nel 1996 è stata premiata con il Goldman environmental prize, noto anche come il “premio Nobel per l’ambiente”.
Em 32 anos de vida pública, Marina recebeu mais de 50 prêmios internacionais. Vote 18 – Marina Silva Presidente. #Vote18 #VoteMarina18 pic.twitter.com/T32GvpMLNU — Vote 18 – Marina Silva (@MarinaSilva) 5 ottobre 2018
Gli altri candidati per le compagini di sinistra sono il trentaseienne Guilherme Boulos del Partito socialismo e libertà (la sua vice, Sônia Guajajara, è la prima indigena della storia a correre per questa carica) e la sindacalista Vera Lucia Salgado, del Partito socialista dei lavoratori uniti.
Si collocano invece a destra Joao Goulart del Partito Patria Libre, figlio dell’omonimo presidente del Brasile che fu deposto dal golpe militare del 1964; il militare Cabo Daciolo del partito Patriota (o Patri); l’avvocato Jose Maria Eymael, fondatore del Partito social democratico cristiano, alla sua quinta corsa per la presidenza.
Al centro si colloca invece Álvaro Dias di Podemos (che non ha nulla a che vedere con l’omonimo partito spagnolo). L’imprenditore e banchiere João Amoêdo si candida per il Partido Novo, che ha contribuito a fondare e che si pone come alternativa all’establishment, un po’ come ha fatto in Italia il Movimento 5 stelle. Il ministro delle finanze uscente Henrique Meirelles rappresenta la coalizione formata da Movimento democratico brasiliano e Partito umanista sociale.
Chi è il presidente uscente e perché non si ricandida
Assente dalla scheda elettorale l’attuale presidente del Brasile, Michel Temer, che ha fatto avere il suo appoggio proprio a Meirelles, membro del suo governo. Temer è in carica dal 31 agosto 2016, quando Dilma Rousseff è stata destituita dal senato al termine di una procedura di impeachment durata nove mesi. La prima presidente donna del Brasile era stata accusata di aver falsificato i conti pubblici per occultare il dissesto finanziario del paese in vista della sua rielezione nel 2014. La vicenda era stata un fulmine a ciel sereno per la turbolenta politica brasiliana, tanto più perché era arrivata in un momento molto delicato: proprio nell’estate 2016, infatti, si sono tenute le Olimpiadi a Rio. Rousseff, che si è sempre dichiarata innocente, è candidata per il Senato nello stato di Minas Gerais.
Anche il suo successore Michel Temer non è stato immune da scandali: anche qualora si fosse candidato, le sue chance di ottenere un buon risultato sarebbero state piuttosto basse. Era stato formalmente accusato di corruzione, ma il processo penale era stato bloccato dal voto parlamentare. Le sue politiche di austerità si sono rivelate profondamente impopolari e hanno alimentato nel paese una diffusa sfiducia nei confronti della classe politica.
I temi caldi di queste elezioni in Brasile
Il Brasile si presenta a questo appuntamento elettorale in una situazione socio-economica parecchio critica. Secondo il Guardian, innanzitutto, Bolsonaro deve molti consensi all’attenzione sempre più alta verso il tema della sicurezza. Lo scorso anno nel territorio si sono registrati addirittura 63.880 omicidi, cioè 30,8 per ogni 100mila persone. Si tratta di un record assoluto, per il Brasile e non solo (in Messico per esempio il rapporto è di 20 ogni 100mila persone). Una spirale di violenza che non può non preoccupare la popolazione, e a cui Bolsonaro vuole rispondere eliminando alcune restrizioni sul possesso di armi e intensificando la facoltà di repressione da parte delle forze di polizia.
Mentre la classe politica del paese veniva travolta dallo scandalo della corruzione, l’economia entrava in una profonda fase di recessione. Secondo l’Ocse (organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) il pil tornerà a crescere del 2,2 per cento quest’anno e del 2,4 per cento il prossimo, ma il tasso di disoccupazione rimane altissimo: secondo la Banca mondiale, è schizzato dal 6,67 per cento del 2014 al 13,3 per cento del 2017.
Foto in apertura © Antonio Cruz/Agência Brasil
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