
Quante imprese hanno i mezzi per far fronte a un danno all’ambiente? A dare una risposta è la rilevazione di Pool Ambiente su dati Ania.
Taranto come Essen. Il sogno della città pugliese è passare dall’essere famosa negativamente per il polo siderurgico, a capitale verde d’Europa. Un’impresa difficile, ma non impossibile. L’intervista al vicesindaco Rocco De Franchi.
Altro che black friday, ovvero il fenomeno commerciale del sottocosto made in Usa: a Taranto ogni giorno è un black day. Nel capoluogo ionico, infatti, la voglia di scherzare è poca perché l’emergenza ambientale continua a tenere banco e a far paura. Soprattutto dopo l’ultimo violento temporale che, raccogliendo e trascinando verso mare gli scarti dell’impianto siderurgico, ha prodotto un “fiume rosso”, le cui immagini hanno fatto in poche ore il giro del web. Sempre pochi giorni fa ha suscitato scalpore anche la lettera di una ragazza di tredici anni indirizzata al primo ministro Paolo Gentiloni perché impossibilitata a partecipare alla tradizionale marcia promossa nella Giornata dei diritti dell’infanzia per i giorni di forte vento che da nordovest soffiano sul quartiere Tamburi portando le polveri sottili provenienti dallo stabilimento siderurgico dell’Ilva.
Situazioni che hanno portato il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano ad affermare che, a fronte della nuova strategia energetica nazionale (Sen), presenterà il piano per rendere l’Ilva neutra dal punto di vista delle emissioni di CO2 (decarbonizzazione) visto che per ora “non è prevista una riduzione dell’utilizzo delle energie fossili, con il rischio che l’azienda continui ad inquinare Taranto”.
Per fare il punto della situazione, abbiamo intervistato l’assessore all’Ambiente, nonché vicesindaco di Taranto, Rocco De Franchi.
Il “fiume rosso” di qualche giorno fa è stato solo l’ultimo episodio. Come è possibile che ogni volta che si alza un po’ di vento o scende un po’ di pioggia, Taranto diventa il set di un film horror?
Ci stiamo sforzando di cambiare la città, il suo brand e la sua percezione “comunitaria”. Certe immagini scuotono la coscienza di tutti e abbiamo il dovere di diffonderle perché attraverso la conoscenza diventeremo una città normale. Siamo la citta dei delfini e dei cavallucci marini. Dobbiamo mostrarci per quello che siamo, perché la natura vince sempre anche sulle brutture più gravi.
Sull’Ilva non sembra sorgere un arcobaleno di speranze. Se c’è, qual è il sogno di questa amministrazione per il più grande impianto siderurgico d’Europa e per tutte le migliaia di lavoratori?
Il tema è complesso. A Taranto, per la lunga successione di decreti legge siamo in una situazione inedita di “sospensione del diritto”. Ciò che è reato a Bolzano e Palermo qui è lecito. Siamo una città a cui hanno imposto l’impunità, per una situazione che non ha pari in Europa. Siamo attualmente impegnati in una trattativa serrata con il governo italiano e in una interlocuzione con Arcelor-Mittal, la multinazionale franco-indiana che dovrebbe rilevare lo stabilimento, perché coprire i parchi non basta. A Taranto si muore non per l’acciaio, ma per il metodo produttivo. Noi siamo per la decarbonizzazione spinta, non perché sia un mantra ripreso anche da papa Francesco, ma perché anche il governo nella nuova strategia energetica nazionale lo impone entro il 2025. Non capiamo perché questo non possa valere per Taranto.
Oltre all’Ilva, a Taranto c’è l’Eni. Qualche giorno fa nello stabilimento c’è stata molta preoccupazione per l’accensione simultanea di tre torce di sicurezza. Cosa è successo e come vi state relazionando con la multinazionale?
Ci stiamo sforzando di avviare una nuova interlocuzione con la grande presenza industriale nel territorio, Eni compresa. L’evento dell’altro giorno, oltre a metterci in allarme, ha testimoniato la corretta comunicazione con l’azienda. Personalmente ho sentito i vertici aziendali decine di volte durante l’emergenza e mi hanno sempre fornito tutte le risposte necessarie. Dobbiamo, tuttavia, obbligarli a utilizzare tecnologie migliori. E ci riusciremo, per il bene della città.
Da vicesindaco che può fornire anche una visione complessiva, quali sono le politiche che state adottando per migliorare la qualità dell’aria, per la mobilità o per la rigenerazione urbana in chiave sostenibile?
Siamo in una fase di programmazione molto intensa. A breve avvieremo una grande discussione sul piano regolatore. Ora siamo coinvolti nella redazione del piano per una mobilità urbana sostenibile. Non tutti forse lo sanno, ma Taranto ha una superficie molto grande: 220 chilometri quadrati – contro i 180 di Milano – con 340 chilometri di strade. Solo l’Ilva è quanto una città italiana media. Nell’ottica dell’economia circolare ci proponiamo ambiziosamente di chiudere virtuosamente il ciclo dei rifiuti, con una radicale trasformazione del servizio offerto ai cittadini. Quando ci siamo insediati, la raccolta differenziata era al 14 per cento. Oggi è ben oltre il 21 per cento.
Esprima un desiderio: cosa si augura per fare di Taranto una delle città più vivibili del Paese, disponendo di un patrimonio artistico, storico e culturale quasi unico al mondo?
Essen, la città tedesca che ospita un altro centro siderurgico e uno dei più grandi poli industriali europei, è capitale verde d’Europa nel 2017. Il nostro sogno, entro la fine del mandato, è candidare Taranto per questo prestigioso riconoscimento.
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