La finanza ha la fondamentale responsabilità di traghettare i capitali verso la transizione energetica. Se ne è discusso al Salone del Risparmio 2022.
Gamil de Chadarevian. Queste storie ci dimostrano che c’è chi può, e vuole, fare la differenza
Possiamo imparare molto dalle fondazioni e dalle famiglie che investono i loro soldi per il futuro di tutti. Ne parliamo con Gamil de Chadarevian, fondatore di GIST Initiatives.
Chi ha accumulato dei risparmi, tanto più se si tratta di ingenti patrimoni, ha una grande opportunità: quella di usare i propri soldi in modo responsabile per il futuro del Pianeta e delle nuove generazioni. Nasce da questa considerazione la ricerca Investing for global impact, realizzata con il Financial Times e il supporto di Barclays proprio per analizzare le scelte di fondazioni e family office e singoli e dare risalto alle esperienze più coraggiose e visionarie. Proprio mentre è impegnato con il lancio della quinta edizione, ne parliamo con Gamil de Chadarevian, fondatore di GIST Initiatives (Global Impact Solutions Today).
In questi mesi state lavorando per coinvolgere fondazioni e family office che partecipino alla nuova edizione della vostra ricerca. Come li contattate?
Abbiamo pubblicato l’annuncio nel nostro sito e il questionario è disponibile da fine ottobre. Abbiamo già partecipato a una conferenza a Londra il 20 settembre e per la prossima, che coinvolgerà anche LifeGate, stiamo lavorando per invitare ospiti internazionali. Nel frattempo, noi, Barclays e il Financial Times stiamo facendo circolare nel nostro network l’invito a partecipare alla quinta edizione; un ruolo molto importante ce l’hanno i cosiddetti “moltiplicatori”, cioè singoli family office che si fanno ambasciatori della ricerca e ne interpellano altri. Anche grazie a loro, la nostra rete si sta allargando sempre più. L’anno scorso hanno risposto al questionario 246 fondazioni e family office, quest’anno vogliamo fare un ulteriore salto di qualità e puntare ai quattrocento.
Il questionario per la nuova edizione di Investing for global impact
Lei com’è arrivato a occuparsi di filantropia e impact investing?
Ho iniziato nel settore bancario in Svizzera, ho vissuto in Medio Oriente e nelle Filippine, per poi spostarmi in Italia come consulente. Dopodiché, ho lavorato con varie società farmaceutiche e, nelle vesti di imprenditore, ho fondato alcune società nel campo della biotecnologia. Grazie a un mentor veramente speciale che mi ha formato in medicina, mi sono occupato di immuno-oncologia e dei primi vaccini terapeutici contro il cancro, cosa di cui vent’anni fa ancora non parlava nessuno. Già all’epoca privilegiavo finanziatori tra le famiglie, perché volevo che non si limitassero a firmare un assegno ma nutrissero un interesse reale per la ricerca e la sanità. L’interesse per il mondo della filantropia e dell’impact investing si è concretizzato una decina d’anni fa, con una conferenza a Lugano da me organizzata. Da lì è iniziato il percorso che ha dato vita a GIST Initiatives.
Oltre alla ricerca Investing for Global Impact, di cosa si occupa GIST?
GIST è un think tank che si occupa di ricerca e consulenza per famiglie, family office e fondazioni di grandi società. Non facciamo gestione di fondi: facciamo ricerca e consulenza arrivando a proporre delle soluzioni, ma poi non siamo noi direttamente coinvolti nelle decisioni di investimento delle famiglie. Parallelamente, con i nostri utili, facciamo i nostri pilot investments, che personalmente mi interessano e mi appassionano moltissimo: investimenti di poche centinaia di migliaia di dollari che possono davvero fare la differenza.
Può fare qualche esempio?
Salute e food sono i settori che mi interessano di più. Una società in cui abbiamo investito è KuanZa, che ha l’obiettivo di aiutare i piccoli produttori agricoli africani a portare direttamente i loro prodotti nei mercati occidentali. Con il brand MIA – Food with thought, a novembre porteranno il cioccolato del Madagascar nel Regno Unito, in Germania, in Olanda. È un bellissimo progetto che dà maggior peso nella filiera agli agricoltori e può mitigare i flussi migratori creando opportunità economiche nei paesi d’origine.
Un’altra società in cui abbiamo una partnership e stiamo per investire si chiama Carbon Gold e vuole introdurre nell’agricoltura anche in Africa il biochar, il carbone agricolo che si produce naturalmente attraverso la pirolisi, un fertilizzante organico naturale dalle proprietà incredibili sia in termini di miglioramento della resistenza delle piante, che di raccolti e – cosa molto importante – riduzione dei quantitativi d’acqua necessari. E sappiamo quanto l’acqua sia una risorsa preziosa.
Quindi voi investite i vostri capitali in società come queste e incoraggiate le famiglie a fare scelte simili.
Esatto. Pensiamo a una famiglia facoltosa che investe una somma su KuanZa o una simile società e magari l’anno dopo può andare in Madagascar a vedere le piantagioni di cacao, o offrire quel cioccolato agli amici. Il coinvolgimento diretto può fare davvero la differenza.
Abbiamo anche fatto un altro esperimento con un celebre ristorante italiano in Francia. Abbiamo chiesto a ogni cliente se potevamo aggiungere al suo conto una somma minima di due euro, da destinare all’impatto sociale. Con due promesse: che ogni sei mesi gli avremmo mandato un report per spiegare cos’era stato fatto con quel denaro e che il ristorante avrebbe donato di tasca sua la stessa cifra. Quest’idea ha avuto talmente tanto successo che ci saranno degli importanti sviluppi nei prossimi mesi.
Con la filantropia si fanno donazioni a fondo perduto, gli investimenti a impatto invece puntano a un ritorno e a una rendita. Come si fa a scegliere quale di queste due strade prendere?
Con la filantropia, i soldi hanno inevitabilmente un orizzonte più breve. Quando faccio un investimento, invece, spero che questi soldi ritornino e quindi nel futuro avrò la possibilità di reinvestirli. Non per questo vogliamo dire che la filantropia sparirà, perché ci sono situazioni in cui è l’unico strumento possibile: pensiamo a emergenze, catastrofi naturali, startup, progetti educativi in paesi in via di sviluppo.
Non c’è più la distinzione così netta tra le fondazioni e gli investitori. Entrambe queste categorie possono scegliere filantropia o impact investing, a seconda delle circostanze: i due mondi si stanno rafforzando a vicenda ed è molto bello.
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Quali sono le tematiche più importanti?
Food, salute ed educazione sono le tre tematiche più importanti sia per la filantropia sia per l’impact investing. Personalmente mi interessa anche molto il tema della radicalizzazione dei giovani, che nasce da situazioni di marginalità, disoccupazione, perdita di ogni fiducia nel futuro. A queste situazioni di crisi si può rispondere con progetti sociali che diano una speranza fondata ai giovani, evitando che si lascino coinvolgere da derive estremiste.
Cosa ci insegna l’impact investing?
Secondo me l’impact investing è una scuola bellissima perché ci fa capire che viviamo in un mondo dinamico e olistico. Molte delle nostre decisioni, viceversa, sono poco efficaci perché sono statiche e perché non vanno a fondo delle questioni, e quindi curano solo i sintomi e non la malattia.
Per maggiori informazioni sulla ricerca o per partecipare alla nuova edizione, [email protected]
Foto in apertura © Dan Kitwood / Getty Images
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