Nel 2023 sono state uccise 85mila donne nel mondo: nel 60 per cento dei casi, il colpevole era il partner o un membro della famiglia.
Gerusalemme Est non è una città per bambini
di Ilaria Masieri, co-Desk Officer Palestina e Libano Amal è una bambina di 7 anni e frequenta la seconda elementare. La sua scuola è situata in un piccolo edificio nel cuore della città vecchia di Gerusalemme. In verità è un appartamento, preso in affitto dal direttorato per l’Istruzione, responsabile delle scuole pubbliche palestinesi di
di Ilaria Masieri, co-Desk Officer Palestina e Libano
Amal è una bambina di 7 anni e frequenta la seconda elementare. La sua scuola è situata in un piccolo edificio nel cuore della città vecchia di Gerusalemme. In verità è un appartamento, preso in affitto dal direttorato per l’Istruzione, responsabile delle scuole pubbliche palestinesi di Gerusalemme Est. La scuola avrebbe bisogno di essere ristrutturata, ma le autorità israeliane, che occupano la città dal 1967, non concedono i permessi.
La storia di Amal
Ogni mattina, Amal percorre a piedi i vicoli della città vecchia col suo zainetto sulle spalle. È abituata alle telecamere, ai soldati, ai controlli continui. Cinquant’anni di occupazione hanno mutato profondamente il volto della sua città, e l’acuirsi del conflitto, dall’autunno 2015, ha prodotto un aumento vertiginoso di episodi di violenza, abuso, maltrattamenti e arresti, soprattutto tra i giovani e i bambini. Nemmeno le scuole vengono risparmiate: anche la scuola di Amal è stata rastrellata più volte, senza preavviso, durante le lezioni.
Amal vive con la mamma, la nonna materna e le tre sorelle. Il padre ha abbandonato la famiglia alcuni anni fa, si è risposato e trasferito. Nessuno ne sa niente e lui non contribuisce in alcun modo al mantenimento della sua prima famiglia. Tra i ricordi che ha lasciato, i segni delle violenze e le bruciature sul corpo di una delle sue bambine. La mamma di Amal non ha studiato, si è sposata giovanissima e adesso mantiene le figlie grazie alla piccola pensione di sua madre. Sei donne, tre generazioni, racchiuse in una piccola stanza, con cucina e bagno all’aperto.
La vita a Gerusalemme Est
A Gerusalemme Est 300mila palestinesi vivono in condizioni disumane. Le politiche discriminatorie messe in atto dalle autorità israeliane, tra cui la demolizione di centinaia di abitazioni palestinesi ogni anno, il diniego di permessi di costruzione e ristrutturazione di edifici pubblici e privati, la continua costruzione di colonie nella parte palestinese della città, hanno costretto negli ultimi anni almeno 100mila palestinesi a lasciare Gerusalemme. Gli altri continuano a viverci in condizioni di estrema privazione e di pericolo.
Metà della popolazione palestinese è costituita da minori ai quali l’autorità palestinese, la cui giurisdizione non si applica a Gerusalemme, non riesce a garantire neppure l’essenziale. Scuole e ospedali offrono servizi scadenti in strutture sovraffollate, gli spazi di gioco sono limitatissimi come le opportunità di muoversi liberamente. Ogni giorno circa mille studenti e duecento insegnanti sono costretti ad attraversare dei posti di blocco militari per raggiungere la scuola. Isolati dal resto dei Territori palestinesi occupati dal muro di separazione e privati dei servizi essenziali, i bambini di Gerusalemme sono costantemente esposti a violenze, esclusione sociale e mancanza di spazi sicuri.
Figli della cosiddetta “generazione dei drop-out”, madri e padri che hanno abbandonato la scuola e non hanno alcun titolo di studio, e testimoni inermi dell’impoverimento economico e culturale delle loro comunità, i bambini e le bambine non hanno spazi per poter vivere serenamente la loro infanzia e per ricevere assistenza e supporto. Il sistema scolastico lamenta la mancanza di circa 2.200 classi e non riesce a rispondere al crescente disagio dei propri studenti: tale condizione sta producendo un costante abbassamento sia della frequenza scolastica che dei risultati accademici, di fatto consegnando un’altra generazione di giovani ad un futuro senza prospettive.
Alcuni dati sui bambini a Gerusalemme Est
L’83,9% dei bambini (oltre 125.000) di Gerusalemme vive sotto la soglia della povertà |
Tra i 10 e i 14.000 bambini non hanno documenti d’identità e quindi non hanno accesso ai servizi |
Mancano 2.200 classi scolastiche e il 43% delle esistenti è inadeguato |
5 scuole pubbliche sono a rischio di demolizione |
Il 33% dei bambini non completa l’istruzione obbligatoria |
Ogni giorno 1.000 studenti e 200 insegnanti attraversano un checkpoint per recarsi a scuola |
Ogni anno circa 700 bambini palestinesi vengono arrestati a Gerusalemme |
Il reato contestato è per lo più il lancio di pietre (pena: fino a 20 anni di reclusione) |
Il 75% dei minori arrestati riporta di aver subito violenza fisica e verbale durante la detenzione (torture, minacce, percosse) |
Il 97% viene interrogato senza la presenza dei genitori |
Terre des Hommes a Gerusalemme per i bambini
Terre des Hommes opera a Gerusalemme dal 2012, con progetti di educazione inclusiva volti a migliorare i servizi educativi esistenti e a sostenere lo sviluppo di un sistema educativo inclusivo più qualitativo in favore degli studenti che frequentano gratuitamente le 48 scuole pubbliche di Gerusalemme Est. Queste scuole sovraffollate offrono un’istruzione di qualità modesta e non hanno spazi né risorse per accompagnare il percorso di apprendimento con attività sportive e di gioco, essenziali per il corretto sviluppo dei bambini. I nostri interventi promuovono una visione inclusiva impostata sul modello dell’Indice per l’Inclusione. L’obiettivo è facilitare l’accesso e la partecipazione di alunni con bisogni educativi speciali attuando cambiamenti che portino beneficio a tutta la comunità scolastica e promuovendo un modello sociale che accolga e valorizzi le differenze.
Gli interventi di Terre des Hommes sono finanziati dall’agenzia italiana per la Cooperazione e lo sviluppo, l’Unione europea e la Uefa foundation for children e affrontano questioni strutturali come la formazione del personale, la disponibilità di insegnanti per il sostegno e la qualità stessa del sostegno. E promuovendo la partecipazione degli alunni, l’organizzazione di attività extra-scolastiche ed extra-curriculari e l’interazione scuola-famiglia, creando una comunità educante in cui i soggetti cooperano alla crescita e all’educazione del bambino.
Amal da grande vorrebbe fare l’insegnante, e noi vorremmo che le aspirazioni di tanti bambini e bambine come lei venissero esaudite, per contribuire alla costruzione di una società giusta e accogliente in cui i diritti di tutti, e soprattutto dei più piccoli, vengano rispettati senza alcuna discriminazione.
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