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In Guatemala la malnutrizione cronica colpisce una persona su due. Il racconto di chi lotta ogni giorno
Metà della popolazione del Guatemala non ha abbastanza soldi per comprare cibo nutriente. Così il paese ha il più alto tasso di malnutrizione cronica di tutto il Sudamerica. Come l’ong Azione contro la fame aiuta a combatterla tra i bambini.
Il Guatemala è di recente tornato sulle pagine di cronaca per la devastante eruzione del vulcano Fuego del 3 luglio 2018, che ha causato la morte di 113 persone, oltre 300 dispersi e tremila sfollati. Questa tragedia si è abbattuta su un Paese che vive in difficoltà già da decenni.
Nel corso degli ultimi quattro anni, la siccità causata da El Niño e la ruggine del caffè, un fungo che ha devastato intere piantagioni, hanno provocato un calo della produzione agricola, colpendo la principale fonte di reddito delle famiglie lungo il corridoio secco, una regione dove si concentra la maggior parte dei problemi nutrizionali dell’America centrale.
Il più alto tasso di malnutrizione cronica
La maggior parte dei piccoli agricoltori ha perso tra il 75 per cento e il 100 per cento delle loro colture. Di conseguenza, il livello di sicurezza alimentare delle popolazioni vulnerabili, che già vivono di sussistenza, si è gravemente deteriorato. Negli ultimi 18 anni in questo paese, soggetto a eruzioni vulcaniche e a siccità, la malnutrizione cronica è stata ridotta appena del 3 per cento. Non sorprende quindi che il Guatemala abbia il più alto tasso di malnutrizione cronica in Sudamerica e uno dei più alti del mondo.
La malnutrizione cronica è il risultato di una carenza prolungata nel tempo dei nutrienti di base, soprattutto nei primi mille giorni di vita, e comporta danni irreversibili allo sviluppo fisico ed intellettivo, insieme a una minore resistenza alle malattie e a una minore capacità di apprendimento scolastico e, successivamente, lavorativo.
Il tasso di malnutrizione cronica in Guatemala si attesta al 49 per cento, un dato già di per sé allarmante, ma può aumentare fino a raggiungere uno sconcertante 80 per cento in alcune aree come il dipartimento di Chiquimula, un paesaggio rurale abitato da popolazioni indigene Maya Chortí, un gruppo etnico punito dalla storia e dalla natura.
La combinazione di alti livelli di povertà (il 95 per cento della popolazione è proprietaria del 5 per cento della terra), scarsità di lavoro e livelli estremi di violenza hanno eroso la capacità di resistenza di molte persone. Ma non di tutte.
La storia di Marily, incinta e inarrestabile
Marily ha 23 anni ed è incinta di sette mesi. Lavora come assistente infermiera a San Miguel, nella regione di Chiquimula. Si sveglia ogni mattina alle 5 e si incammina per andare a lavorare all’alba, portando con sé un piccolo frigorifero carico di vaccini, attraverso un percorso tortuoso fatto di salite e discese fino ad arrivare al punto di raccolta. Qui passa un camion e carica Marily, il frigorifero e altri passeggeri nella parte posteriore.
Dopo mezz’ora di contraccolpi su una strada sterrata che si inerpica sulla montagna, Marily e altre due infermiere scendono a San Miguel, dirigendosi verso il centro sanitario dove lavorano. Il centro di San Miguel è un capannone semplice, ma serve tutti i giorni la popolazione indigena Maya Chortí, che vive in condizioni di assoluta miseria e altrimenti non potrebbe avere accesso all’assistenza sanitaria di base. Infatti, il 73 per cento della popolazione di tutto il Guatemala non ha copertura medica e il 53 per cento ha un reddito insufficiente per coprire i propri bisogni nutrizionali.
A Marily è stata diagnosticata una gravidanza a rischio, ma il suo datore di lavoro (il governo) non concede il congedo di maternità fino al giorno in cui partorisce. “Dopo un cesareo hai sì e no un mese per rimetterti in forma”, spiega Marily. Tuttavia, questo non le impedisce di combattere: continuerà ad aiutare chi ne ha più bisogno fino a quando il suo corpo glielo consentirà. “È molto triste vedere le grandi ripercussioni che la malnutrizione ha sullo sviluppo dei bambini e persino sullo sviluppo del mio Paese, dal momento che questa malattia riduce la capacità intellettuale, di apprendimento e produttiva delle nuove generazioni”, spiega Marily. “Ecco perché la collaborazione tra il governo e Azione contro la fame è molto importante: insieme coordiniamo azioni per guidare le strategie alimentari e nutrizionali nei settori più vulnerabili”. Questo sforzo congiunto è solo un primo passo sulla lunga strada che porta alla fine di questa piaga.
La risposta di Azione contro la fame
I programmi di Azione contro la fame nel corridoio secco si concentrano sull’assistenza alimentare alle famiglie in crisi, principalmente durante i mesi del cosiddetto hunger gap, o stagione della fame, che va da maggio ad agosto, e a rafforzare i principali attori locali.
Le attività di assistenza alimentare si basano sul trasferimento monetario, erogato in tre momenti durante la stagione della fame e in base al numero di membri per famiglia. Dopo ogni consegna in contanti viene effettuato il monitoraggio post-distribuzione, per determinare l’impatto dell’assistenza sugli indicatori di accesso al cibo e consumo.
Allo stesso modo, nella regione di Chiquimula viene portato avanti un programma di screening per identificare bambini con malnutrizione cronica e acuta (sotto i 5 anni di età), riferendo i casi rilevati al centro sanitario e monitorandoli.
Azione contro la fame, inoltre, sostiene la produzione agricola delle famiglie che ricevono assistenza alimentare, fornendo aiuti agricoli, assistenza tecnica e sessioni di formazione mirate alla conservazione del suolo, alla condivisione di buone pratiche agricole nella produzione di cereali, alla creazione di frutteti di specie locali e allo stabilimento di sistemi agroforestali.
Infine, e come componente trasversale, Azione contro la fame cerca di influenzare a livello istituzionale le pratiche di prevenzione e gestione delle crisi alimentari in Guatemala, favorendo un approccio di protezione sociale a livello nazionale e locale.
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