Così difendiamo la città e lottiamo per la democrazia. Hong Kong, le voci della protesta

Un manifestante dell’organizzazione Demosisto racconta la situazione di Hong Kong. E spiega perché il suo partito e i cittadini continueranno a manifestare.

A un anno dall’inizio delle protesteHong Kong continua a non trovare pace. Il 2020 è iniziato com’era finito il 2019: con scontri e manifestazioni che si susseguono ogni weekend nel territorio del sud della Cina. Benché le relative cronache abbiano riempito le prime pagine dei giornali di tutto il mondo, non è facile capire le motivazioni e le cause di una rivolta così lontana dall’Occidente. Chi da mesi partecipa alla contestazione chiede in particolare cinque cambiamenti (il loro slogan è infatti “Cinque richieste”): l’annullamento della legge di estradizione, una commissione d’inchiesta sulle presunte brutalità della polizia, il ritiro della classificazione dei manifestanti come rivoltosi, l’amnistia per gli ex partecipanti arrestati e il suffragio universale per le elezioni del Consiglio legislativo.

Rivendicazioni che, finora, la leader Carrie Lam non ha ascoltato, se si eccettua il fattore che per primo scatenò le proteste, ovvero l’estradizione verso la Cina per alcuni reati, che è stata in parte revocata. Ma l’influenza di Pechino sull’ex colonia inglese è ancora troppo marcata e destinata ad aumentare, secondo i manifestanti di Hong Kong, che non vogliono rinunciare alle libertà di stampo occidentale ottenute negli ultimi decenni.

Organizzatore principale dei cortei è, sin dall’inizio, il partito politico Demosisto, presieduto da Joshua Wong; uno dei loro membri, Amon Yiu, ha accettato di rispondere ad alcune domande per spiegare la situazione attuale di Hong Kong.

La protesta è ancora viva?
I cittadini stanno continuando la lotta anche nel nuovo anno. Dopo la vittoria alle elezioni nel nostro consiglio distrettuale, i manifestanti di Hong Kong hanno ottenuto oltre l’80 per cento dei seggi a livello locale. In passato, invece, i partiti pro-Cina dominavano e hanno concentrato le risorse locali a vantaggio dei gruppi di potere di Pechino, favorendo la corruzione. È per questo che vogliamo attuare un più efficace monitoraggio dei fondi pubblici.

Carrie Lam, attuale capo esecutivo di Hong Kong
Carrie Lam, leader di Hong Kong © Anthony Kwan/Getty Images

Tuttavia, secondo l’architettura politica del governo di Hong Kong, i nostri enti locali hanno solo un potere limitato senza alcuna funzione legislativa. Al fine di disporre di strumenti migliori, i sostenitori della democrazia dovrebbero ora potersi candidare anche alle prossime elezioni del Consiglio legislativo, che si terranno alla fine di quest’anno. La popolazione, inoltre, chiede maggiore sostegno internazionale, poiché il modo migliore per contrastare tutti coloro che violano i diritti umani è imporre sanzioni. Abbiamo proposto nuove leggi che potrebbero fungere da deterrente efficace, al fine di evitare ulteriori tragedie.

“A protestare sono i cittadini di Hong Kong di ogni estrazione sociale”

Solo i giovani partecipano? E qual è il ruolo dei tanti stranieri che vivono a Hong Kong?
Questa volta il movimento è diverso da quelli del passato, come nel caso del “Movimento degli ombrelli“, perché stavolta sono stati cittadini di ogni estrazione sociale hanno preso parte alle proteste. Le persone anziane hanno formato il gruppo “Guarding Our Kids” e hanno deciso di rimanere con gli studenti fino all’ultimo minuto nei campus universitari, durante l’assedio. Padri e madri volontari hanno guidato e salvato i manifestanti intrappolati nell’aeroporto e gli studenti delle scuole superiori hanno formato catene umane, organizzato scioperi e riempito di volantini e poster i muri in tutta la città. Inoltre, anche numerosi minorenni erano in prima linea per protestare. Questo è un movimento per tutti. Questo è un movimento per tutti e di tutti.

Quanto agli stranieri, svolgono ruoli essenziali nel movimento. Ad esempio, il giornalista indonesiano Veby Mega Indah e il lavoratore domestico Yuli Riswati: il primo è stato colpito dalla polizia di Hong Kong con proiettili di gomma, mentre il dipartimento per l’Immigrazione ha espulso il secondo. Anche le minoranze di Hong Kong hanno protestato in prima linea e fornito servizi di pronto soccorso ai feriti. In occasione dei grandi cortei, stranieri come tedeschi, giapponesi, coreani e britannici, che hanno vissuto o lavorato per anni a Hong Kong, sono scesi in strada per proteggere le loro libertà. È l’essenza di una città internazionale come Hong Kong. I governi dovrebbero lavorare per ottenere la fiducia delle comunità, invece di arroccarsi e rifiutare di seguire gli standard internazionali.

Sono ancora cinque le richieste: qual è la più importante per Demosisto?
I manifestanti continueranno a insistere sulle cinque richieste a lungo termine, poiché sono tutte necessarie se si vuole ottenere quella giustizia che l’intera società sta cercando. L’attuale regime ha profondamente danneggiato la società di Hong Kong e sta affrontando una tragica crisi di legittimità. Le persone hanno perso la fiducia nel nostro governo, nelle forze di polizia e nella vuota promessa di “One Country, Two Systems” (la legge cinese che riserva un trattamento diverso a Hong Kong, ndr). È decisamente difficile immaginare che l’attuale sistema possa ancora godere di un consenso da parte della comunità.

elezioni hong kong
Un momento delle proteste che da mesi attraversano Hong Kong © Chris McGrath/Getty Images

Secondo l’ultimo sondaggio dell’università cinese di Hong Kong, oltre il 70 per degli intervistati si dichiara insoddisfatto delle scelte del governo. Come può l’esecutivo proporre le proprie politiche quando una quota così alta della popolazione della città vi si oppone? Affinché possa avvenire una normale transizione, un governo democratico responsabile è un prerequisito indispensabile. Ecco perché il suffragio universale ha un peso maggiore, specialmente per una città solo semiautonoma, sottoposta ad un’enorme influenza da parte di Pechino. Il nostro leader non può contare su un mandato del popolo per opporsi agli artigli cinesi: per questo i cittadini vedono il movimento come un modo per ottenere la democrazia.

Perché ragione per la quale l’attuale governo rimane indifferente di fronte alle nostre cinque richieste è, appunto, la mancanza di democrazia. Nonostante milioni di persone abbiano marciato per la strada tante volte, i politici rifiutano ancora di negoziare. Sono dirigenti selezionati dalla Cina, non liberamente scelti dagli abitanti di Hong Kong. Così è difficile che quello di Hong Kong possa rimanere un governo autonomo, nel quadro di un sistema a due paesi. Al fine di mantenere la stabilità della città, la democrazia rappresenta l’unico modo per ottenere un governo responsabile e risolvere le crisi politiche.

“La democrazia è l’unica via per ottenere un governo responsabile”

Cosa farà Demosisto se vincerà le elezioni?
Sfortunatamente Demosisto ha poche possibilità di vincere, dal momento che Pechino è in grado di impedire ai dissidenti di entrare in Parlamento. Demosisto è diventato inoltre il principale obiettivo delle intimidazioni sponsorizzate dallo stato. Anche se era stato eletto come il più giovane deputato nella storia di Hong Kong, il nostro membro fondatore Nathan Law è stato rimosso dalla repressione di Pechino. E al nostro segretario generale Joshua Wong è stato impedito di presentarsi dalle elezioni del consiglio distrettuale.

Le proteste ad Hong Kong il 15 settembre © Marco Simoncelli
Le proteste ad Hong Kong il 15 settembre © Marco Simoncelli

La polizia di Hong Kong ha violato il suo cellulare senza il suo consenso. Il nostro presidente Ivan Lam, i membri Agnes Chow, Lily Wong e Joshua non hanno potuto lasciare Hong Kong per incontri internazionali. Dei malviventi hanno anche aggredito il nostro vicepresidente Isaac Cheng mentre tornava a casa. Per non parlare del fatto che tutti i nostri membri sono stati condannati, e tutti i contatti e gli indirizzi personali sono stati messi online. Tutti questi sono chiari esempi di come il regime autoritario tratti la vita delle persone.

Naturalmente, se un giorno Demosisto riuscirà ad ottenere alcuni seggi, immaginiamo un ruolo più attivo che potremo svolgere nella difesa delle nostre libertà. I leader di Pechino hanno fatto sapere alcuni mesi fa di avere in programma di sopprimere il movimento “rafforzando le leggi e i sistemi di applicazione” in nome di presunti “interessi nazionali”. È la stessa tattica usata da Pechino per reprimere la minoranza musulmana degli uiguri, società civili, sindacati, gruppi religiosi e avvocati per i diritti civili in Cina. Ora il modello verrà applicato a Hong Kong, il che renderà la legislatura il prossimo campo di battaglia. Continuano a marciare in salita, ma sono sicuro che tutti i manifestanti pro-democrazia sono pronti a difendere la città da ulteriori invasioni autoritarie.

Com’era il rapporto fra polizia e cittadini prima delle proteste?
Il movimento ha cambiato molte cose. Sebbene l’immagine della polizia di Hong Kong sia stata negativa già durante il Movimento degli ombrelli nel 2014, si trattava di episodi limitati alle aree occupate. A quel tempo, la città non era particolarmente ostile nei confronti delle forze dell’ordine. Oggi, dopo le proteste anti-estradizione, la polizia di Hong Kong ha perso completamente il sostegno della popolazione, poiché quest’ultima ha visto in che modo gli agenti hanno brutalmente aggredito i manifestanti e fatto uso indiscriminato di lacrimogeni.

"Free Hong Kong", si legge su un cartellone durante le proteste del 15 settembre © Marco Simoncelli
“Free Hong Kong”, si legge su un cartellone durante le proteste del 15 settembre © Marco Simoncelli

Al contempo, gli agenti hanno proceduto ad arresti arbitrari, hanno sparato ad altezza uomo e hanno chiamato “scarafaggi” i sostenitori della democrazia. Non a caso, un sondaggio realizzato a novembre scorso ha mostrato come il gradimento nei confronti della polizia di Hong Kong sia sceso ai minimi storici. Ecco perché chiediamo di riformare anche le forze di polizia.

“Occorre riformare anche le forze di polizia”

Inoltre, il movimento ha dato potere ai cittadini e consentito loro di mobilitarsi. Gli abitanti di Hong Kong ora sostengono “l’economia del nastro giallo“, ovvero il boicottaggio dei prodotti provenienti da negozi cinesi gestiti da uomini d’affari pro-Pechino. Al contrario, si spende di più in negozi di proprietà di democratici o si cercano fonti alternative di approvvigionamento.

L’idea è semplice: la Cina ha utilizzato la leva economica per aumentare la dipendenza di Hong Kong dal proprio mercato e per ottenere la lealtà delle élite commerciali locali. In cambio, quei settori si sono allineati alla politica di Pechino e per decenni hanno contribuito ad impedire i cambiamenti. Oggi, però, a chiedere questi ultimi è la popolazione. Abbiamo bisogno di una società autonoma. In questa guerra infinita, la nostra determinazione non sarà incrinata.

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