Svetlana Aleksievič è stata insignita del premio Nobel per la Letteratura nel 2015 per aver raccontato gli episodi più tragici dell’Unione Sovietica, a partire dall’incidente nucleare di Chernobyl. La nostra intervista esclusiva.
Il ritorno della natura a Chernobyl
È la natura che riprende il sopravvento, laddove l’uomo l’ha abbandonata. Lo dimostrano anni di fotografie e di appostamenti di un gruppo di scienziati che studia la zona di interdizione di Chernobyl, ovvero la Cez (Chernobyl Exclusion Zone). In pochi anni infatti, grazie a decine di trappole fotografiche disseminate nei dintorni delle foreste e in
È la natura che riprende il sopravvento, laddove l’uomo l’ha abbandonata. Lo dimostrano anni di fotografie e di appostamenti di un gruppo di scienziati che studia la zona di interdizione di Chernobyl, ovvero la Cez (Chernobyl Exclusion Zone).
In pochi anni infatti, grazie a decine di trappole fotografiche disseminate nei dintorni delle foreste e in parte all’interno dell’area, è stato possibile testimoniare il ritorno di alcuni animali, ritenuti scomparsi.
Chernobyl e la natura rinata
Il lavoro più importante lo sta portando avanti il radioecologista Sergey Gashchak. “Gli animali non sembrano percepire le radiazioni e occupano l’area indipendentemente dalla quantità di radiazioni”, ha raccontato Gashchak in un’intervista di qualche anno fa alla Bbc. “Un sacco di uccelli nidificano all’interno del sarcofago. Storni, piccioni, rondini, codirosso. Ho visto i nidi e ho trovato le uova”.
Ma le immagini che colpiscono di più sono quelle del lupo, della lince o dell’aquila reale, fotografate nella foresta che sorge ai limiti della Cez. In questo caso si tratta comunque di animali che vivono su ampie superfici e che quindi entrano ed escono dalla zona contaminata. Ciò che rimane interessante e che lo stesso Sergey sottolinea, è che gli animali monitorati sembrano mantenere la stessa aspettativa di vita degli stessi esemplari che vivono in aree non contaminate.
Ultima modifica: 13/04/2017
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