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Bisogna migliorare la gestione del suolo per contrastare la crisi climatica, lo dice l’Ipcc
Presentato a Ginevra il rapporto speciale dell’Ipcc su cambiamenti climatici e suolo. Agire su energia e industria non basta, serve intervenire anche su agricoltura e produzione alimentare.
L’obiettivo di mantenere l’aumento della temperatura globale ben al di sotto dei 2 gradi centigradi può essere raggiunto solo riducendo le emissioni di gas a effetto serra di tutti i settori, compresi quello agricolo e alimentare: è quanto sostiene il rapporto speciale su cambiamenti climatici e suolo del Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (Intergovernmental panel on climate change – Ipcc) presentato oggi a Ginevra.
Il documento analizza la questione della desertificazione, del degrado del territorio, la gestione sostenibile di quest’ultimo, la sicurezza alimentare e i flussi di gas serra negli ecosistemi terrestri. È uno dei tre rapporti speciali che l’Ipcc sta preparando nel percorso verso il sesto rapporto di valutazione.
Cosa dice il rapporto dell’Ipcc su gestione del suolo e cambiamenti climatici
Il rapporto evidenzia come una gestione sostenibile del territorio può contribuire ad affrontare i cambiamenti climatici. Con un clima in evoluzione, oggi i terreni già in uso potrebbero sfamare il mondo e fornire biomassa per la produzione di energia rinnovabile, ma è necessaria un’azione tempestiva per la corretta gestione del suolo e di vasta portata in diverse aree, anche in un’ottica di conservazione e di ripristino degli ecosistemi e della biodiversità.
La terra stessa presenta un grande potenziale per contrastare la crisi climatica, ma solo attraverso un uso più sostenibile del territorio, la riduzione del consumo eccessivo e degli sprechi di cibo, l’eliminazione della deforestazione e della combustione delle foreste, oltre che impedendo l’eccessivo raccolto di legna da ardere.
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La terra è una risorsa fondamentale
Il 23 per cento delle emissioni di gas serra di origine umana proviene da agricoltura, silvicoltura e altri usi del suolo. Le emissioni sono prevalentemente dovute alla deforestazione, parzialmente compensate da imboschimenti e rimboschimenti e da altri usi del suolo.
L’agricoltura è responsabile di circa la metà delle emissioni di metano indotte dall’uomo. Parallelamente la biosfera terrestre assorbe quasi un terzo delle emissioni di anidride carbonica da combustibili fossili e dall’industria grazie ai processi naturali. Una attività che però è molto vulnerabile agli impatti dei cambiamenti climatici e alla pressione antropica.
“La terra svolge un ruolo importante nel sistema climatico. Il mondo è nella posizione migliore per affrontare i cambiamenti climatici quando si concentra l’attenzione sulla sostenibilità”, ha detto Jim Skea, copresidente del gruppo di lavoro Ipcc III.
Il circolo vizioso dei cambiamenti climatici sul degrado del suolo
Quando la terra viene degradata diventa meno produttiva, limitando ciò che può essere coltivato e riducendo la capacità del suolo di assorbire carbonio, influendo così negativamente sulla crisi climatica. Allo stesso modo i cambiamenti climatici aumentano il tasso e l’entità del degrado del suolo attraverso l’aumento della frequenza, intensità e quantità di forti precipitazioni, con l’incremento dello stress da calore e della siccità e l’innalzamento del livello del mare.
Circa 500 milioni di persone oggi vivono in aree soggette a desertificazione. Le terre aride e le aree che subiscono la desertificazione sono anche più vulnerabili ai cambiamenti climatici e agli eventi estremi tra cui siccità, ondate di calore e tempeste di polvere, con una popolazione globale in aumento che fornisce ulteriore pressione.
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Sicurezza e spreco alimentare
Il sistema alimentare globale, che include tutte le emissioni generate lungo l’intera filiera dalla produzione fino al consumo, contribuisce per circa il 25-30 per cento delle emissioni antropogeniche di gas serra. L’uso di fertilizzanti chimici è aumentato di nove volte e il consumo idrico per l’irrigazione è pari al 70 per cento del consumo umano totale di acqua dolce. Allo stesso tempo, lo spreco alimentare pro-capite è aumentato del 40 per cento e corrisponde attualmente al 25-30 per cento del cibo prodotto.
Il rapporto sottolinea che i cambiamenti climatici stanno influenzando tutti e quattro i pilastri della sicurezza alimentare: disponibilità (resa e produzione), accesso (prezzi e capacità di ottenere cibo), utilizzo (alimentazione e cottura) e stabilità (interruzioni della disponibilità). Un’azione coordinata per affrontare i cambiamenti del clima può migliorare simultaneamente il suolo, la sicurezza alimentare, la nutrizione e contribuire a porre fine alla fame.
“La sicurezza alimentare sarà sempre più influenzata dai futuri mutamenti climatici a causa del calo dei rendimenti – soprattutto ai tropici – aumento dei prezzi, riduzione della qualità dei nutrienti e interruzioni della catena di approvvigionamento. Vedremo effetti diversi in diversi paesi, ma ci saranno impatti più drastici sui paesi a basso reddito in Africa, Asia, America Latina e Caraibi”, ha spiegato Priyadarshi Shukla, copresidente del gruppo di lavoro Ipcc III.
Il rapporto registra che circa un terzo del cibo prodotto viene perso o sprecato, ridurre questa perdita e spreco ridurrebbe le emissioni di gas serra e migliorerebbe la sicurezza alimentare.
Un punto di svolta per le politiche sul clima
Il rapporto rappresenta un contributo scientifico chiave per i prossimi negoziati sul clima e sull’ambiente, come la 14esima Conferenza delle parti della convenzione delle Nazioni Unite per la lotta alla desertificazione che si terrà a settembre a Nuova Delhi, in India e la Conferenza delle Nazioni Unite sulla Convenzione sui cambiamenti climatici (Cop 25) a Santiago, in Cile, a dicembre.
“I governi hanno dato mandato all’Ipcc di fornire la prima analisi completa sul sistema terra-clima. Lo abbiamo fatto attraverso numerosi contributi di esperti e governi di tutto il mondo. Questa è la prima volta nella storia dei rapporti dell’Ipcc che la maggioranza degli autori – il 53 per cento – proviene da paesi in via di sviluppo “, ha affermato Hoesung Lee, presidente dell’Ipcc.
“Il rapporto invia un chiaro messaggio: il modo in cui stiamo oggi utilizzando la terra sta contribuendo al cambiamento climatico, minando la sua capacità di sostenere le persone e la natura. È necessaria una trasformazione urgente nel nostro uso del territorio. Il passaggio alla gestione sostenibile dello stesso deve essere accompagnato dai necessari rapidi e profondi tagli alle emissioni di combustibili fossili. Agire su un solo aspetto non è sufficiente”, ha commentato Stephen Cornelius, chief advisor on climate change e responsabile Ipcc per il Wwf international.
Secondo Pauline Verrière, responsabile per la sicurezza alimentare di Azione contro la fame, organizzazione umanitaria internazionale che combatte le cause e le conseguenze della fame “l’agroecologia contadina, l’agricoltura familiare e i piccoli agricoltori devono essere messi al centro dei sistemi agricoli, a differenza dell’agricoltura industriale, che non solo non dà la possibilità di nutrire in modo sano e nutriente, ma aggrava anche il cambiamento climatico”. I paesi del nord devono riconsiderare le loro modalità di consumo per limitare drasticamente il loro impatto sul riscaldamento globale, che colpisce in particolare i paesi del sud. È l’intera catena di produzione alimentare che deve essere interessata da tali evoluzioni: in particolare la deforestazione, gli additivi chimici, l’agricoltura e lo spreco alimentare.
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