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Chi è Jair Bolsonaro, l’ex militare che ha preso la guida del Brasile
Jair Bolsonaro si prepara a guidare il Brasile dopo il trionfo elettorale. Chi è, come ha fatto carriera in politica e cosa dobbiamo aspettarci da lui.
Le elezioni in Brasile del 2018 hanno avuto un solo, indiscusso protagonista: Jair Bolsonaro. Partito in sordina dopo decenni di vita politica all’opposizione, il leader del Psl (Partido Social Liberal, di orientamento nazionalista e conservatore) settimana dopo settimana ha guadagnato consensi oltre ogni aspettativa.
A inizio settembre, quando già era in testa ai sondaggi con il 20 per cento delle intenzioni di voto ed era impegnato in un comizio nella città di Juiz de Fora, è stato accoltellato al basso ventre da un manifestante dichiaratosi sostenitore di Lula. Operato d’urgenza per le gravi ferite riportate, è stato costretto a interrompere la campagna elettorale. Ma questo episodio non ha minato la sua popolarità, anzi.
A poco sono servite le manifestazioni di piazza del movimento Ele Não (“Lui no”): al primo turno Bolsonaro ha ottenuto il 46 per cento dei consensi, risultato che è stato confermato al ballottaggio con Fernando Haddad del Pt (Partido dos trabalhadores), che l’ha visto trionfare con il 55 per cento delle preferenze.
Chi è Jair Bolsonaro: biografia, carriera militare e vita personale
Jair Bolsonaro è nato nel 1955 nello stato di San Paolo. È di origini italiane da parte sia di padre (il bisnonno Vittorio Bolzonaro da bambino era emigrato dal Veneto al Brasile con i genitori) sia di madre (i nonni materni erano toscani).
Dopo aver frequentato l’accademia militare, ha prestato servizio nel corpo degli artiglieri e in quello dei paracadutisti. La sua carriera militare in realtà si è conclusa piuttosto presto, senza superare il grado di capitano. Nell’esercito Bolsonaro era noto prevalentemente per aver guidato una rivolta per ottenere aumenti di stipendio.
Terminato il percorso nell’esercito, è cominciato quello in politica. Bolsonaro è entrato in parlamento nel 1991 con il Partido Democrata Cristão ed è stato riconfermato per sette legislature consecutive, per diverse formazioni politiche, tutte di destra.
Attualmente è sposato con Michelle Reinaldo, conosciuta alla Camera dove lavorava come impiegata, madre della sua unica figlia femmina, Laura. In precedenza era già stato sposato altre due volte, prima con Rogéria Bolsonaro (da cui ha avuto Flavio, Carlos ed Eduardo, tutti attualmente impegnati in politica) e poi con Ana Cristina Siqueira Valle, madre del quarto figlio maschio, Renan.
La carriera politica di Jair Bolsonaro
Già nel 1993 Jair Bolsonaro si è fatto notare per un discorso in parlamento in cui tesseva le lodi della dittatura: “Non risolveremo mai i nostri seri problemi nazionali con questa democrazia irresponsabile”. A suo parere, erano proprio i cittadini a invocare il ritorno del regime militare.
In quasi tre decenni in politica ha presentato 171 proposte di legge, ma soltanto due sono state approvate. Chico Alencar, membro del Congresso eletto nel suo stesso distretto per il Psol (Partido Socialismo e Liberdade), ha dichiarato al New York Times che per diversi anni Bolsonaro è stato visto come un outsider, focalizzato soltanto su un ridotto novero di tematiche, in primis la lotta al comunismo e ai diritti delle persone omosessuali. “Non l’ho mai visto partecipare a dibattiti che riguardavano l’energia, l’ambiente, l’educazione, la salute, la mobilità urbana, il settore immobiliare. È monotematico. Tutto per lui è una minaccia comunista. Per lui, la Guerra fredda non è ancora finita“, ha raccontato.
Nel 2011 è finito nuovamente sotto i riflettori per la sua opposizione alla diffusione di materiali educativi contro l’omofobia, che a suo parere avrebbero confuso i ragazzini sulla loro identità di genere, promuovendo l’omosessualità. Queste posizioni molto conservatrici, sottolinea il New York Times, l’hanno reso ben visto all’interno di alcuni movimenti evangelici che negli ultimi anni si sono radicati in Brasile.
Le ambizioni presidenziali, riporta il New York Times, sarebbero state confessate per la prima volta nel 2013 a un nucleo di amici fidati, che inizialmente le hanno accolte con scetticismo. Bolsonaro, nel frattempo, ha continuato la sua marcia. Nel 2014 è stato rieletto al Congresso con 464mila voti, quattro volte quelli che aveva raccolto nel 2010. Da allora ha iniziato a organizzare comizi da un capo all’altro del paese, presentandosi (con toni apertamente polemici e provocatori) come un’alternativa al vecchio sistema politico. Quest’ultimo nel frattempo subiva il contraccolpo di una gigantesca inchiesta per corruzione che ha spazzato via i vertici del Pt (Partito dos trabalhadores), primi tra tutti Lula e Dilma Rousseff.
Un incontro dopo l’altro, i sostenitori di Jair Bolsonaro hanno iniziato a imitare la sua abitudine di fare il gesto della pistola con la mano, per alludere alla sua proposta principale contro la violenza: dare alla polizia la licenza di uccidere a priori i sospetti criminali.
Cosa bisogna aspettarsi dalla presidenza di Bolsonaro
“Faremo resistenza, faremo opposizione, scenderemo in piazza. Le nostre voci non verranno messe a tacere”, promette al Guardian Guilherme Boulos, candidato per il Partito socialismo e libertà (Psol). “Bolsonaro ha vinto le elezioni cavalcando le paure delle persone e la loro disillusione verso la politica, ma ciò non significa che il paese sia in suo possesso”, continua.
Le posizioni estreme espresse dal neo-presidente della più grande democrazia sudamericana, negli ultimi giorni, hanno fatto il giro del mondo. Ma cosa bisogna aspettarsi concretamente dalla presidenza di Bolsonaro? Il corrispondente del Guardian Dom Phillips ci tiene a sottolineare un fatto: finora ci sono state roboanti promesse, ma ben pochi dettagli.
A un paese che sta cercando di risollevarsi dalla peggiore recessione economica della sua storia, il programma elettorale vincente promette crescita, bassa inflazione e nuovi posti di lavoro. Il papabile ministro delle Finanze è Paolo Guedes, co-fondatore della banca Btg Pactual. Di orientamento liberista, spinge per la privatizzazione delle imprese statali (ma Bolsonaro ha già posto il veto su Petrobras ed Eletrobras), per una revisione dell’oneroso sistema pensionistico e per l’introduzione di un tetto di spesa ventennale.
Sul fronte della sicurezza (tema molto caldo, visti gli oltre 63mila omicidi dello scorso anno), Bolsonaro ha promesso la linea dura: via libera al possesso di armi, castrazione chimica per gli stupratori, impunità alla polizia che uccide i criminali (nel 2017, già 5.144 persone sono morte per mano delle forze dell’ordine). Tuttavia, anche in questo caso, i dettagli scarseggiano: non è ben chiaro come voglia contrastare il traffico di droga, né investire per le dotazioni tecnologiche e la capacità investigativa delle forze di polizia.
Il Brasile probabilmente dovrà dire addio al ministero dell’Ambiente, che verrà inglobato da quello dell’agricoltura (in cui i colossi dell’agribusiness hanno un peso preponderante). La promessa di abbandonare l’Accordo di Parigi è stata ritrattata pochi giorni prima del ballottaggio, ma gli occhi degli ambientalisti e dei popoli indigeni sono puntati soprattutto sull’Amazzonia. Agli occhi del nuovo presidente, la riforestazione da record avviata negli ultimi anni è una minaccia, perché esclude 136 milioni di ettari dalla giurisdizione dello stato. “Siamo in stato di allerta”, ha dichiarato al Guardian Beto Marubo, rappresentante della riserva della Vale do Javari.
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Si respira grande preoccupazione anche nella comunità Lgbt. Già in questo momento la situazione è drammatica, con 445 omicidi per omofobia nell’arco del 2017. Dopo la vittoria al primo turno di Bolsonaro (che, tra le altre cose, nel 2011 ha dichiarato “Preferirei che mio figlio morisse in un incidente piuttosto che vederlo assieme ad uno che porta i baffi”), si sono già moltiplicate le intimidazioni ai danni di persone omosessuali e transessuali.
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Il sistema educativo, promette Jair Bolsonaro, dev’essere depurato dall'”ideologia” figlia dei precedenti governi, mettendo al primo piano le materie scientifiche e tecnologiche e i valori della famiglia tradizionale. Lasciando spazio anche a una valutazione più benevola del regime militare che ha retto il Brasile tra il 1964 e il 1985, con un bilancio di oltre 400 attivisti di sinistra uccisi o scomparsi e migliaia di episodi di tortura.
Foto in apertura © Ricardo Moraes-Pool/Getty Images
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