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Il destino incrociato dello street artist Jorit Agoch e della ragazza palestinese che non teme l’esercito israeliano
Dopo la mobilitazione della sua città, lo street artist napoletano Jorit Agoch è stato liberato dalle forze israeliane. Era stato arrestato per il murales che ritrae l’attivista palestinese Ahed Tamimi, uscita di prigione lo stesso giorno.
La storia di due sconosciuti uniti da un’esperienza comune, che lascia il sapore amaro dell’ingiustizia. Jorit Agoch, street artist napoletano conosciuto per giganti murales che ritraggono personaggi-simbolo delle lotte popolari, è stato arrestato e poi rilasciato il giorno seguente dalle autorità israeliane in Cisgiordania per avere raffigurato il viso di Ahed Tamimi, attivista palestinese diciassettenne liberata anche lei il 29 luglio dopo otto mesi di detenzione per avere affrontato due soldati israeliani a mani nude.
Israeli forces arrest the three Italian artists who painted the mural depicting Ahed Tamimi on the annexation wall in Bethlehem. (video footage ©Baladna Radio) pic.twitter.com/cIxUemXt4X
— Palestine PLO-NAD (@nadplo) 28 luglio 2018
L’emblema di questo destino incrociato è il viso di Tamimi dipinto da Jorit sul muro che attraversa Betlemme separando i territori palestinesi dalle colonie israeliane, il cui sguardo fiero e ribelle cattura la “forza di volontà e rabbia di un popolo”, secondo quanto dichiarato dall’artista al quotidiano La Repubblica poco prima del suo arresto. Sulle guance ci sono i graffi rossi che caratterizzano i ritratti dello street artist italo-olandese e che definisce simboli di appartenenza alla stessa “tribù umana”, un lascito dei suoi molteplici soggiorni in Africa.
Chi è Jorit Agoch e perché era a Betlemme
Jorit è arrivato a Betlemme pochi giorni prima di essere fermato, secondo quanto dichiarato dall’attivista palestinese Ahmad Arabi per realizzare un murales in occasione del rilascio di Tamimi, la ragazza diventata un’icona della resistenza palestinese dopo una serie di confronti con le forze israeliane che sono stati ripresi e condivisi sui social, diventando virali (il primo quando aveva solo undici anni). Il video più recente la ritrae mentre tira schiaffi e calci a due soldati israeliani che erano entrati nel cortile di casa, poche ore dopo che suo cugino era stato ferito alla testa da proiettili di gomma sparati dall’esercito durante una protesta contro l’annuncio del presidente Donald Trump di voler trasferire l’ambasciata statunitense a Gerusalemme. Per questi fatti, avvenuti il 15 dicembre 2017, la giovane è stata condannata a otto mesi di prigione – sorte che è toccata anche alla madre che ha ripreso la scena diffondendola sui social.
Così Jorit ha voluto omaggiare quella che è diventata il simbolo della sollevazione popolare palestinese, conosciuto come la nuova Intifada. L’artista è già conosciuto per i suoi murales napoletani che ritraggono San Gennaro, Massimo Troisi, Diego Maradona accanto al bambino autistico Nicolò e la bimba rom Ael nel quartiere Ponticelli, ma anche opere realizzate in Asia, America Latina e Stati Uniti come quelle dedicate a Santiago Maldonado, giovane attivista argentino assassinato, a Bertha Isabel Cáceres, figlia dell’ambientalista uccisa in Honduras, e al clochard Jackson, un tributo ai senzatetto di San Francisco.
La decisione di Jorit di volgere il suo sguardo artistico verso Tamimi gli è costata l’arrestato da parte delle forze israeliane insieme a l’italiano Salvatore De Luise e il palestinese Mustafa al Araj la sera del 28 luglio. L’annuncio è arrivato attraverso i suoi account Facebook e Instagram con un post che dice: “Siamo stati arrestati a Betlemme dall’esercito israeliano. Chi può aiutarci per favore lo faccia”. È seguita una mobilitazione a Napoli per chiedere il suo rilascio: dal padre Luigi Cerullo che ha denunciato come suo figlio fosse stato “arrestato come un criminale”, a un appello pubblico che ha visto la partecipazione del sindaco Luigi de Magistris attraverso un post in cui ha scritto: “Jorit deve tornare subito a Napoli. La sua libertà è questione di democrazia, riguarda tutti”. Rilasciato il giorno seguente dal comando israeliano di Atarot, tra Gerusalemme e Ramallah, Jorit e De Luise sono stati espulsi dal paese.
Perché proprio un murales dedicato ad Ahed Tamimi
Il muro di divisione tra Cisgiordania e Israele è ricco di graffiti e opere di street art che raccontano la ferocia del conflitto. Il ritratto di Tamini è di fianco a quello dell’infermiera Razan al-Najjar, uccisa dalle forze israeliane a Gaza il primo giugno. Anche Banksy ha realizzato alcune opere nei territori palestinesi e ha addirittura aperto un albergo con vista sul confine cisgiordano. “La forza della street art risiede nella naturale capacità di propagare messaggi in pubblico, spesso di uguaglianza, civiltà, coscienza e numerosi altri valori, tramite un linguaggio popolare e attrattivo”, ci ha raccontato in un’intervista Luca Borriello, fondatore di Inward, osservatorio sulla creatività urbana con base a Napoli.
Leggi anche: Banksy ha fatto un giro a Gaza
La stessa immediatezza contraddistingue Ahed, figlia dell’attivista Bassem Tamimi, cresciuta nel villaggio di Nabi Saleh dove il senso di repressione e il desiderio di ribellione sono realtà quotidiane. Già nel 2012 il filmato dell’allora bimba undicenne che alza il pugno di fronte a un soldato israeliano ha fatto il giro del mondo, come quello risalente a tre anni dopo di lei che morde e schiaffeggia un militare. Anche questi episodi sono nati in risposta a violenze subite dai suoi famigliari per mano dell’esercito: nel primo caso ha reagito contro l’arresto del fratello maggiore e nel secondo è intervenuta in difesa di quello minore.
Lo schiaffo di Tamimi esprime la rabbia e il senso di impotenza di persone che si trovano in una condizione di inferiorità su tutti i fronti. Questi sentimenti hanno dato a una ragazzina la forza di reagire. Lo schiaffo è un gesto significativo, fatto col cuore e la forza di chi vede che sta andando tutto a rotoli. Se nessuno interverrà, non resterà più niente della Palestina.Jorit Agoch
Threatened Intimidated Interrogated With no parents & lawyers present. Footage of #AhedTamimi ’s interrogation shows some of the harsh reality faced by Palestinian children prosecuted under Israeli occupation. Sign to call on #Israel to stop this now → https://t.co/F2Em5PdvUY pic.twitter.com/jrHzzrZ7Pr — AmnestyInternational (@amnesty) 11 aprile 2018
Uscita dal carcere minorile Ahed è stata accolta come un’eroina. Ha tenuto una conferenza stampa in cui ha raccontato di come è riuscita a completare l’anno scolastico grazie al sostegno delle altre detenute – 350 minorenni palestinesi si trovano nelle prigioni israeliane secondo l’ong palestinese Addameer – e di come vorrebbe studiare legge per portare avanti la causa del suo popolo a livello internazionale.
“La resistenza continuerà finché ci sarà l’occupazione”, ha dichiarato. “Ahed Tamimi è un modello e un esempio della lotta popolare palestinese per la libertà e l’indipendenza”, così l’ha descritta il presidente palestinese Mahmoud Abbas che ha incontrato il giorno del suo rilascio. Anche il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha messo in luce “il suo coraggio e la sua determinazione”, chiamandola per congratularla.
L’esperienza di Ahed in carcere non potrà che inasprire i suoi sentimenti nei confronti delle forze israeliane. “Sono stata soggetta a diverse violazioni. Gli interrogatori hanno usato parole oscene contro di me e non c’erano soldate donne”, in violazione delle stesse leggi israeliane, ha raccontato ad Al Jazeera, aggiungendo che potrebbe considerare di entrare in politica in futuro. Conosciuta come la “Rosa Parks della resistenza palestinese”, in onore della storica attivista statunitense per i diritti civili, Tamini è già stata consacrata come simbolo della lotta palestinese prima ancora di raggiungere l’età adulta grazie anche al tributo di Jorit Agoch. La speranza è che possa superare il ruolo di “eroina” dei social media e intraprendere un percorso di partecipazione politica attiva e concreta degna dei difensori dei diritti umani passati alla storia. Sicuramente sentiremo ancora parlare di lei, chissà forse un giorno come leader del suo popolo.
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