Circa 40.000 persone hanno sostenuto le richieste indigene, che si oppongono a un progetto di revisione del trattato fondativo della Nuova Zelanda.
Kurdistan, annunciata la vittoria dei sì all’indipendenza. Ultimatum da Bagdad
Nel nord dell’Iraq si festeggia la vittoria al referendum sull’indipendenza del Kurdistan. Bagdad: “Avete 72 ore per fare retromarcia”.
A due giorni dal referendum sull’indipendenza nel Kurdistan, le cifre definitive non sono ancora state annunciate. Tuttavia, il presidente della regione autonoma all’interno dell’Iraq, Massoud Barzani, ha dichiarato che i “sì” hanno prevalso, affermando che la popolazione ha scelto di “aprire una nuova era”.
Il presidente curdo parla con al fianco le bandiere di Iraq e Kurdistan
Il leader curdo ha preso la parola dal proprio palazzo, sulle alture di Erbil, che del nuovo stato dovrebbe – nelle intenzioni degli indipendentisti – diventare la capitale. Si è dapprima complimentato con la popolazione per l’alto tasso di affluenza alle urne, quindi ha ricordato gli episodi di oppressione e violenza che hanno contraddistinto la storia dei curdi iracheni.
Tuttavia, ha parlato tenendo al proprio fianco sia la bandiera del Kurdistan che quella dell’Iraq: un chiaro segnale distensivo lanciato al governo di Bagdad, con il quale ha spiegato di voler “risolvere i problemi attraverso un negoziato”, al fine di instaurare una “relazione di buon vicinato” . Nulla si sa, tuttavia, del processo che dovrebbe portare all’indipendenza della regione. Il condizionale, inoltre, è d’obbligo, perché le “aperture” di Barzani non sembrano aver fatto alcuna breccia nel primo ministro iracheno al-Abadi. Al contrario, quest’ultimo ha replicato con estrema durezza al presidente della regione curda.
L’ultimatum del primo ministro iracheno al-Abadi
Martedì, nel tardo pomeriggio, il capo del governo ha infatti lanciato un ultimatum ai curdi: “Avete 72 ore di tempo per restituire alle autorità federali il controllo di tutti i posti di frontiera e di tutti gli aeroporti della regione autonoma”. Lo stesso al-Abadi, però, ha anche lanciato un messaggio ai “fratelli cittadini curdi iracheni”, non dando seguito immediato alla richiesta del proprio Parlamento di inviare subito l’esercito sul posto, sebbene sia stata lanciata un’esercitazione congiunta tra le forze filo-governative e quelle turche, nei pressi della frontiera di Habour, controllata dai curdi sul lato iracheno.
Proprio la Turchia, infatti, è fermamente contraria alla creazione di uno stato indipendente: il Kurdistan, per Ankara, rappresenterebbe infatti una nazione posta nelle mani di organizzazioni considerate terroristiche. Il presidente Recep Tayyip Erdogan, non a caso, ha ammonito Barzani: “Ponga fine a questa avventura che non può che finire male”, minacciando di “chiudere i rubinetti del petrolio, il che azzererà i loro ricavi. Finiranno per non avere neanche di che mangiare”. Il leader turco ha perfino evocato il “rischio di una guerra etnica”.
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