Dopo quattro giorni nelle mani dei rapitori, quasi 300 studentesse nigeriane sono state liberate grazie alla trattativa di pace avviata dalle autorità locali.
La storia delle ragazze rapite in Nigeria da Boko haram
“Quando una ragazza bella e bionda scompare, le agenzie di stampa inviano elicotteri e giornalisti sulla scena; ma quando centinaia di ragazze nere vengono rapite in un paese lontano, si dà a malapena la notizia”. Queste parole sono della giornalista americana del Time Charlotte Alter che ha scritto un articolo dal titolo How we failed
“Quando una ragazza bella e bionda scompare, le agenzie di stampa inviano elicotteri e giornalisti sulla scena; ma quando centinaia di ragazze nere vengono rapite in un paese lontano, si dà a malapena la notizia”. Queste parole sono della giornalista americana del Time Charlotte Alter che ha scritto un articolo dal titolo How we failed the lost girls kidnapped by Boko haram per parlare del rapimento in Nigeria di più di 270 ragazze tra i 15 e i 18 anni.
Il rapimento nel dormitorio
Nella notte tra il 14 e il 15 aprile, alcuni ribelli che fanno capo al gruppo estremista islamico Boko haram hanno fatto irruzione nel dormitorio di un istituto scolastico che ospitava centinaia di studentesse provenienti da tutta la Nigeria, in Africa occidentale. Il dormitorio si trova a Chibok, nel nordest del paese. Qui hanno caricato le ragazze su alcuni veicoli, come camion e fuoristrada, hanno dato fuoco alla scuola e se ne sono andati via senza trovare ostacoli. Nel trasporto, circa 50 ragazze sono riuscite a scappare e tornare a casa confermando la dinamica dei fatti.
Abubakar Shekau, leader di Boko haram, ha affermato in un video diffuso il 5 maggio che le studentesse sono state rapite in Nigeria per essere trattate come schiave o vendute come spose “nel nome di Allah”. Fonti non ufficiali sostengono che alcune sarebbero già state trasferite e vendute come spose per 12 dollari in Ciad e in Camerun.
Il silenzio durato tre settimane
Oltre al disinteresse dei mezzi d’informazione internazionali e dei governi, ciò che ha colpito di più è stata la disorganizzazione e il completo spaesamento delle forze dell’ordine e delle squadre di soccorso nigeriane. Il presidente Goodluck Jonathan ha parlato per la prima volta in pubblico dell’episodio il 4 maggio, nel corso di una trasmissione televisiva. Qui ha detto che il governo non sa dove si trovano le ragazze e ha chiesto aiuto alle famiglie e alla comunità internazionale, in particolare agli Stati Uniti.
La lotta di Boko haram
Il gruppo estremista Boko haram è nato nel 2002 nello stato nigeriano del Borno. Da anni sta mettendo in difficoltà il governo di Abuja con una serie di azioni e attentati volti ad imporre la sharia in tutta la Nigeria, anche quella a maggioranza cristiana. Anche per questo motivo – l’inadeguatezza del governo – esponenti della società civile nigeriana hanno dato vita a un movimento e una pagina Facebook dal nome Bring back our girls per protestare contro le bugie “ufficiali” e tenere viva l’attenzione sulla vicenda, oltre a dare una mano nelle ricerche.
#Malala stands in solidarity with Nigerians & people around the world calling for action to #BringBackOurGirls pic.twitter.com/VbnRePSDhd
— Malala Fund (@MalalaFund) 3 Maggio 2014
Tra le personalità internazionali che hanno aderito al movimento c’è anche Malala Yousafzai, la ragazza pachistana diventata simbolo del diritto all’istruzione dopo il ferimento subito nel 2012 per mano di un talebano mentre stava salendo a bordo dell’autobus che la stava riportando a casa da scuola.
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Un gruppo di ragazze, delle 270 rapite nel 2014, sono state liberate dal gruppo islamista Boko haram, in cambio della liberazione di alcuni jihadisti.
Una vasta operazione militare in Camerun e Nigeria ha consentito di liberare migliaia di donne, bambini e anziani nelle mani del gruppo islamista.
L’attivista per i diritti umani e stella mondiale dell’afrobeat Femi Kuti si è recato nel nord-est della Nigeria, in piena crisi umanitaria, per aiutare la popolazione sopravvissuta alle stragi di Boko haram, l’organizzazione terroristica che sta mettendo in ginocchio il paese. Femi Kuti è stato chiamato dalla International Rescue Committee (IRC) a testimoniare lo stato
L’aviazione della Nigeria ha bombardato per errore un campo profughi nel nord del paese. Il presidente Buhari: “Errore operativo imperdonabile”.
Il gruppo terrorista africano Boko Haram ha fatto esplodere 44 bambini-kamikaze solamente nel 2015. La denuncia dell’Unicef.
Almeno 86 persone sono state uccise dal gruppo integralista islamico Boko Haram. Tre donne kamikaze si sono fatte esplodere.
“L’uso di donne in attentati suicidi è la strategia più drammatica che un’organizzazione terrorista possa usare. È più facile raggiungere gli obiettivi perché si è meno sospettosi quando si tratta di donne”. Queste parole sono state pronunciate da Martin Ewi, un ricercatore dell’Institute for security studies (Iss), l’istituto che si occupa di studiare le società
Almeno altre venti donne sono state rapite il 9 giugno a pochi chilometri da Chibok, lo stesso villaggio nigeriano dove, nella notte tra il 14 e il 15 aprile, alcuni ribelli che fanno capo al gruppo estremista islamico Boko haram hanno portato via centinaia di studentesse. Il villaggio si chiama Garkin Fulan secondo quanto riportato da