Finora sono morte almeno sette persone. Le forze di polizia stanno investigando per capire se gli incendi siano dolosi e hanno arrestato sette persone.
La Tasmania va a fuoco, a rischio le foreste millenarie
Le antiche foreste pluviali del Gondwana sono minacciate dagli incendi che da giorni devastano la Tasmania.
La Tasmania ospita alcuni degli alberi più alti e antichi del mondo, gli eucalipti giganti (Eucalyptus regnans), le cui fronde sembrano sfiorare il cielo, dichiarati dall’Unesco Patrimonio mondiale dell’umanità. Questi giganti di legno, oltre a molte altre specie vegetali e animali, sono in pericolo, minacciati dagli incendi che da giorni stanno devastando il Paese.
La peggior crisi forestale della Tasmania
Nelle ultime due settimane sono stati registrati in Tasmania oltre settanta incendi che si sono diffusi anche a causa del clima caldo e asciutto. Quella in corso viene definita la peggior crisi forestale che la Tasmania abbia dovuto fronteggiare negli ultimi decenni e ha già bruciato oltre 42mila ettari di campi e foreste.
Un dramma globale
La portata della catastrofe è globale, questi alberi sono infatti le piante che catturano maggiori quantità di carbonio, rendendo l’aria più respirabile. A differenza delle foreste di eucalipti australiani, capaci di rigenerarsi velocemente dopo un incendio ed evolutisi per “convivere” con le fiamme, gli antichi alberi della Tasmania muoiono se vengono bruciati.
Gli effetti dei cambiamenti climatici
Proprio per evitare questa eventualità questi alberi crescono ad alta quota sull’altopiano centrale, area troppo umida perché le fiamme possano raggiungerla. Ma la straordinaria capacità di adattamento di queste antiche creature non ha fatto i conti con i mutamenti che stanno interessando il clima e che hanno reso aride anche le foreste pluviali e le torbiere dell’altopiano centrale della Tasmania.
Le cause degli incendi
Secondo gli esperti i roghi sarebbero imputabili alla stagione eccessivamente calda rispetto alla media e agli effetti del fenomeno El Niño. Eventi simili un tempo erano estremamente rari e accadevano forse una volta ogni mille anni, secondo David Bowman, professore di biologia ambientale dell’Università della Tasmania. “Credo che la colpa sia dei cambiamenti climatici, hanno poi contribuito ad aggravare la situazione due fenomeni climatici naturali, il dipolo dell’Oceano indiano, cioè l’alternarsi periodico di grandi masse d’aria calda e fredda sopra l’Oceano Indiano, e El Niño – ha dichiarato Bowman. – Dobbiamo accettare il fatto che abbiamo attraversato una soglia, sospetto. Questo è ciò a cui i cambiamenti climatici assomigliano”.
In attesa della pioggia
La scorsa primavera è stata la più arida mai registrata in Tasmania, mentre il mese di dicembre ha fatto segnare il record di caldo, seguito da un gennaio senza pioggia. Anche le prospettive future non sono rosee, non sono infatti previste piogge significative almeno fino al prossimo autunno.
Potrebbero sparire nel giro di poche settimane ecosistemi unici, fragili e antichi, forgiatisi nel corso dei secoli, la cui ripresa potrebbe richiedere, secondo i rappresentanti dell’associazione Wilderness Society, centinaia se non migliaia di anni.
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