Certi titoli riferiti alle atlete che gareggiano alle Olimpiadi di Parigi sono esempi di sessismo. E rispecchiano gli stereotipi sul ruolo della donna.
Malala Yousafzai intervistata da Emma Watson. Quando il femminismo è sinonimo di uguaglianza
Un’attivista premio Nobel per la Pace appena maggiorenne intervistata da una delle attrici più in voga tra i giovani e goodwill ambassador dell’Ente delle Nazioni Unite per l’uguaglianza di genere e l’empowerment femminile (Un Women). Parliamo di Malala Yousafzai che, in occasione della prima del documentario Malala che la vede protagonista, è stata intervistata da
Un’attivista premio Nobel per la Pace appena maggiorenne intervistata da una delle attrici più in voga tra i giovani e goodwill ambassador dell’Ente delle Nazioni Unite per l’uguaglianza di genere e l’empowerment femminile (Un Women). Parliamo di Malala Yousafzai che, in occasione della prima del documentario Malala che la vede protagonista, è stata intervistata da Emma Watson, celebre protagonista della serie di film su Harry Potter.
Uno dei passaggi più ripresi dell’intervista è stata quella sul femminismo. Watson, infatti, è un’orgogliosa femminista della nuova generazione che, in qualità di ambassador dell’Onu, ha lanciato lo scorso anno la campagna per la parità di genere He for she e tenuto un discorso brillante e pieno d’ispirazione (video sopra) che non ha lasciato indifferente nemmeno Yousafzai.
“Questa parola, femminismo, è davvero complicata. Quando l’ho ascoltata per la prima volta, ho ricevuto commenti positivi e commenti negativi. Esitavo a chiedermi se fossi una femminista o no. Ma dopo aver ascoltato il tuo discorso, dopo che hai detto ‘Se non ora, quando? Se non io, chi?’ ho deciso. Non c’è niente di sbagliato nel definirsi femminista. Perciò io sono una femminista. Tutti dovremmo esserlo perché femminismo è sinonimo di uguaglianza”.
Yousafzai, giovane attivista di lungo corso, dal 2009 si batte per i diritti delle bambine all’istruzione. Nel 2012 ha subito un attentato che l’ha lasciata in fin di vita, aveva 15 anni, condotto da un gruppo di talebani mentre stava salendo a bordo del bus che la riportava a casa da scuola. Nel 2014 è stata insignita del Nobel per la Pace per gli sforzi contro l’oppressione di giovani e bambini e in favore del loro diritto all’istruzione. Ora è il momento del documentario Malala, nei cinema dal 5 novembre, che racconta la sua storia. Il regista è Davis Guggenheim, già premio Oscar per Una scomoda verità, il documentario sui cambiamenti climatici che ha come protagonista l’ex vicepresidente degli Stati Uniti, Al Gore.
La strada per coronare il sogno di Malala Yousafzai di diventare primo ministro del Pakistan si fa concreta. Prima di lei, solo Benazir Bhutto, una delle politiche più influenti del paese asiatico rimasta uccisa in un attentato – forse condotto, nel 2007, da un’Al Qaeda alle prime armi – nella città di Rawalpindi. E chissà che proprio la figura di Bhutto non sia stata la prima fonte d’ispirazione per la giovane attivista.
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