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È uscito qualche raggio di sole stamattina. Almeno qua in pianura, ai piedi di quelle cime che si scorgono quando il cielo è sgombro, pulito. Da lontano sembrano sempre le stesse, stesse sagome, stessi colori. Ma non lo sono più. Cadore, agordino, feltrino, asolano, la Val di Fiemme, la Val di Fassa, l’Altipiano di Asiago.
È uscito qualche raggio di sole stamattina. Almeno qua in pianura, ai piedi di quelle cime che si scorgono quando il cielo è sgombro, pulito. Da lontano sembrano sempre le stesse, stesse sagome, stessi colori. Ma non lo sono più. Cadore, agordino, feltrino, asolano, la Val di Fiemme, la Val di Fassa, l’Altipiano di Asiago. Un’intera area geografica che non è più la stessa, dopo la notte tra lunedì e martedì scorso. Secondo le prime stime si parla di un’area geografica di 5mila chilometri quadrati spazzata da venti che hanno toccato anche i 190 km/h e che hanno abbattuto in alcune aree interi boschi, “come fossero shangai”, dice qualcuno.
Guarda le foto dell’altopiano di Asiago reso irriconoscibile dal maltempo
È il bellunese in particolare ad essere il più colpito. Qui mancano acqua, l’elettricità, il gasolio. La corrente elettrica ce l’ha solo chi ha un generatore. Insomma i servizi di base non ci sono. Cristina Da Rold ha raccolto alcune testimonianze e su Oggi Scienza scrive “che quella voce della Piave non la sentivano da quel risveglio strano del 10 ottobre 1963. Non c’erano i social network e a 15 km da Longarone, all’albeggiare, quasi nessuno sapeva quello che era successo la sera prima sul Vajont e cosa significava quella strana piena rumorosa. Poi quello strano buio, innaturale, come quello di 55 anni fa. Questa nuova onda a Longarone si è portata via anche il ‘Leccio della Malcom’, noto per aver resistito, unico baluardo vegetale, all’altra di onda, quella della morte”. Un disastro.
Le immagini di oggi mostrano come la diga di Comelico sia stata letteralmente invasa da migliaia di tronchi d’albero. Il Corriere del Alpi riporta come la frana del Tessina a Lamosano abbia “ripreso a muoversi. Uno o due milioni di metri cubi di terra, roccia, alberi, sopra Lamosano e Funes si sono mossi. (…) La frana del Tessina è la più grande frana attiva d’Europa con i suoi 4 milioni di metri cubi in movimento”.
Sono le parole del sindaco Andrea De Bernardin, sindaco di Rocca Pietore, uno dei borghi più belli d’Italia, che racconta la devastazione: “Come un terremoto. Ho edifici sepolti, strade interrotte, boschi spariti, frane, enormi massi scesi dalla montagna e trasportati in paese dalla furia dell’ acqua, nessuna connessione telefonica, senza acqua, senza energia elettrica, sto cercando in ogni modo di far sentire la mia, la nostra voce”, in una telefonata pubblicata sui social continua spiegando come “A Rocca Pietore si è abbattuto un fortissimo maltempo come non si ricorda, causando danni incalcolabili, superiori a quelli dell’alluvione del ’66. La cosa che mi stupisce è non se ne parla, ma sarà che siamo isolati. Manca il telefono, internet, manca l’acqua”. Qui esisteva una magnifica gola, i Serrai di Sottoguda, uno storico sentiero che portava fino ai piedi della Marmolada. Oggi non c’è più.
Ad Asiago “sembra siano 300mila, stando alle stime effettuate in seguito ai primi sopralluoghi, gli alberi caduti al suolo o spezzati dalla furia della tempesta che lunedì 29 ottobre 2018 si è abbattuta sull’Altopiano di Asiago”, si legge sul sito ufficiale del Comune. “Un danno paragonabile a quello causato dalla Grande Guerra. Dalla Piana di Marcesina alla Val d’Assa, il volto dei boschi altopianesi è cambiato completamente, il maltempo ha lasciato dietro di sé devastazione e danni all’ecosistema davvero incalcolabili”.
#3nov #Belluno, ricognizione sulla diga #Comelico effettuata con i #droni dei #vigilidelfuoco, mentre proseguono gli interventi per il #maltempo su tutto il territorio provinciale colpito pic.twitter.com/voQxLwFOi7
— Vigili del Fuoco (@emergenzavvf) 3 novembre 2018
In Val di Fiemme migliaia di abeti rossi utilizzati anche per realizzare i famosi violini sono stati spazzati via. Caduti come fuscelli. Secondo gli agronomi forestali l’intera area potrebbe iniziare a riprendersi tra quarant’anni, mentre per avere il legno buono per i violini ce ne vorranno 200. Noi di certo non li vedremo.
La Regione Veneto nella giornata di venerdì ha lanciato una raccolta fondi “per fronteggiare le devastazioni provocate dall’ondata di maltempo che ha colpito il Veneto, e creare disponibilità finanziarie da utilizzare in aiuto alle popolazioni colpite (…) la Regione ha anche attivato un conto corrente dove, chi vorrà, potrà versare un proprio contributo. “Spero – dice Zaia – che questo conto corrente possa avere la diffusione più ampia possibile e che, come sempre, possa trovare riscontro nella grande generosità della gente”.
Intesa Sanpaolo in una nota “conferma la disponibilità a intervenire finanziariamente con un plafond di 1 miliardo di euro, di cui 270 milioni sono dedicati alle regioni del Nordest, e a sospendere per 12 mesi le rate dei finanziamenti in essere per le famiglie e le imprese delle aree geografiche interessate”, mentre l’Enel “prevede l’erogazione di indennizzi automatici, per i quali quindi non è necessario che venga presentata alcuna richiesta, direttamente nella bolletta elettrica”. Nel frattempo pare che il cielo si stia rannuvolando ancora.
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