Circa 40.000 persone hanno sostenuto le richieste indigene, che si oppongono a un progetto di revisione del trattato fondativo della Nuova Zelanda.
March for our lives a Londra, gli studenti: saremo l’ultima generazione a combattere le sparatorie nelle scuole
Studenti americani e non hanno marciato in più di 800 città del mondo per chiedere che le sparatorie nelle scuole finiscano una volta per tutte. A Londra, le emozioni sono state indescrivibili: impossibile non percepire la forza di questo movimento di protesta.
Prometto di proteggere i bambini di tutto il mondo. Di lottare per le nostre vite.
Di marciare per le nostre vite.
Migliaia di voci scandiscono queste parole facendo risuonare la loro preghiera sotto il cielo grigio, pronto a versare le sue lacrime, della capitale inglese; migliaia di persone che si stringono nei loro cappotti, ma non abbassano lo sguardo. La testa alta, in mano i cartelli con l’hashtag #NeverAgain, mai più. Il momento di agire è arrivato, è proprio oggi. Non si può più aspettare.
La March for our lives a Londra per dire basta alle sparatorie nelle scuole
Chi si trova qui oggi per la March for our lives chiede che nessuno debba rischiare la propria vita pur di studiare, e che un genitore non debba temere di non rivedere il proprio figlio al termine della giornata scolastica. Le scuole dovrebbero essere un posto sicuro, ma quelle statunitensi non lo sono.
L’idea di protestare, infatti, è nata proprio negli Stati Uniti. L’hanno avuta gli studenti della Marjory Stoneman Douglas high school, la scuola superiore di Parkland, in Florida, dove il 14 febbraio di quest’anno 17 persone sono rimaste uccise in una sparatoria. A premere il grilletto, un diciannovenne espulso dall’istituto per motivi disciplinari – Nikolas Cruz. Per i sopravvissuti il dolore è stato un sentimento difficile da tollerare, anche perché, in un certo senso, se l’aspettavano. Cruz era un tipo violento, amava parlare di armi.
Leggi anche: Proviamo a capire il rapporto tra Stati Uniti e armi da fuoco, per quanto possibile
Per questo, hanno deciso di reagire. E l’hanno fatto in grande stile: alla loro voce si è unita quella di milioni di studenti in tutto il mondo, che il 24 marzo 2018 hanno deciso di marciare non soltanto a Washington DC, ma in oltre 800 località d’America, Asia, Africa, Australia, Europa. Chiedono che le leggi sul controllo delle armi vengano inasprite, che i background checks – che verificano che l’individuo sia idoneo ad acquistare un’arma – impediscano che le pistole e i fucili finiscano nella mani sbagliate. Vogliono che la vendita di armi online fra privati – negli Stati Uniti la chiamano gun show loophole – venga fermata. E che i diciottenni non possano procurarsele.
A marciare c’erano gli studenti, ma anche gli insegnanti
Ora in Florida è così: bisogna avere 21 anni per comprare una pistola. Inoltre la nuova legge permette ai membri del personale scolastico, docenti esclusi, di avere un’arma con sé all’interno del campus. Dopo la sparatoria di Parkland, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump aveva proposto di armare gli insegnanti.
“Noi siamo pronti a proteggere i nostri studenti con il nostro stesso corpo. Ma non con una pistola”, ci dice una professoressa di Singapore. “Il peso che gli insegnanti americani portano sulle spalle ogni giorno è immenso”. Suo figlio, Ethan, sta cercando un college dove studiare, ma non vuole recarsi negli Stati Uniti perché ha paura. La sua scelta è ricaduta su Londra, ed è fiero di essere qui per protestare, perché nel suo paese non è permesso. “In questo momento sono furioso, perché i ragazzi della mia età, con le grandi opportunità che hanno, vengono uccisi solo perché altri ragazzi si arrabbiano e possono procurarsi una pistola. Sono stufo che questo accada, sono stanco che gli studenti come me abbiano paura di andare a scuola”.
Secondo Oprah Winfrey, #NeverAgain è paragonabile al movimento per i diritti civili
Alla manifestazione londinese era presente anche Amnesty International, l’organizzazione non governativa che si occupa di tutelare i diritti umani. In gioco, infatti, ci sono la dignità della persona, il diritto allo studio e il diritto alla vita. Forse è proprio per questo che Oprah Winfrey, la popolare conduttrice statunitense che ha supportato la March for our lives con una donazione di 500mila dollari, ha detto che la protesta degli studenti le ricorda il movimento per i diritti civili, nato per lottare contro le discriminazioni nei confronti degli afroamericani. Winfrey ha detto che la forza e la sicurezza con cui gli studenti di Parkland hanno presentato la loro causa al pubblico le hanno ricordato le persone che hanno combattuto contro le ingiustizie razziali negli anni Cinquanta e Sessanta. Il coraggio di questi ragazzi l’ha colpita a livello intimo e personale, a causa dei sacrifici che la sua famiglia ha dovuto fare nell’era dei diritti civili.
E la forza degli studenti della Marjory Stoneman Douglas è stata premiata anche dalla rivista Time, che ha dedicato loro la copertina dell’ultimo numero. Nella foto compaiono Jaclyn Corin, Alex Wind, Emma González, Cameron Kasky e David Hogg, il ragazzo che di fronte alle telecamere della Cnn aveva detto “noi siamo ragazzi, gli adulti siete voi. Per favore, fate qualcosa”.
TIME’s new cover: The school shooting generation has had enough https://t.co/4YI173gqTx pic.twitter.com/7yFEXuVjyb
— TIME (@TIME) March 22, 2018
Eppure, non sono stati gli adulti a fare qualcosa. Sono stati i ragazzini come David, a volte neanche maggiorenni, che hanno dato vita ad una rivoluzione. “Quello di oggi è soltanto il primo passo”, ha assicurato Stephanie Thompson, una delle organizzatrici della marcia di Londra. “Quando è troppo è troppo, il momento di agire è ora”, ha aggiunto David Scollan. Dopo la sparatoria di Las Vegas, la peggiore nella storia degli Stati Uniti, John Lewis – l’uomo che ha lottato al fianco di Martin Luther King – si chiedeva: “Quante persone devono morire ancora? Quanti corpi senza vita serviranno ancora per smuovere questo Congresso?”. Questi ragazzi la risposta ce l’hanno, eccome. E la stanno gridando a gran voce: difficile non sentirla.
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