Intervista a Piera Tortora, coordinatrice del progetto Sustainable ocean for all dell’Ocse: “Si rischiano effetti globali catastrofici e irreversibili”.
Meduse alla conquista del Mediterraneo, sono decuplicate dal 2009
Il progetto Occhio alla medusa ha rilevato un esponenziale aumento delle segnalazioni di avvistamenti di meduse lungo le coste italiane tra il 2009 e il 2015.
I mari e gli oceani di tutto il mondo si stanno svuotando ad un ritmo sempre più allarmante, negli ultimi quarantacinque anni la quantità di fauna ittica si è infatti dimezzata e l’inarrestabile acidificazione delle acque renderà gli oceani inadatti alla vita di numerose specie, ci sono però delle creature antiche e misteriose che, contrariamente alle altre, stanno traendo vantaggio dalla situazione attuale e si stanno moltiplicando, le meduse.
Sempre più meduse nel Mediterraneo
In sei anni, dal 2009 al 2015, gli avvistamenti di meduse nel Mediterraneo sono aumentati di ben dieci volte. È quanto riportato dallo studio Occhio alla medusa, condotto dall’università del Salento in collaborazione con l’associazione per la conservazione degli ecosistemi marini Marevivo. Il progetto si è avvalso della cosiddetta citizen science, ovvero quelle attività di ricerca scientifica a cui contribuiscono attivamente i cittadini, i quali hanno inviato ai ricercatori le proprie segnalazioni relative agli avvistamenti di meduse lungo le coste italiane. Il numero di meduse avvistate è aumentato esponenzialmente, passando dalle trecento segnalazioni del 2009 alle tremila del 2015.
Le cause dell’”invasione”
Secondo i ricercatori la principale causa della costante crescita del numero di meduse è l’aumento delle temperature globali causato dai cambiamenti climatici. Questi affascinanti animali, appartenenti al gruppo dei Cnidari, sono estremamente adattabili e amano i climi caldi e la loro espansione non riguarda solo il Mediterraneo, sono in crescita anche nel sud-est asiatico, nel Mar Nero, nel Golfo del Messico e nel Mare del Nord. Un’altra causa della diffusione delle meduse è lo sfruttamento incontrollato dei mari e delle popolazioni ittiche. La pesca dissennata ha infatti creato pericolosi squilibri nella catena alimentare marina riducendo il numero di animali che si cibano di meduse (come tonni, tartarughe marine e pesci spada) e ne contengono il numero.
Le conseguenze
Gli esperti ritengono che in questo modo la fauna ittica diminuirebbe ulteriormente, le meduse si nutrono infatti di zooplancton, uova e larve di pesce, competono inoltre con gli avannotti per il cibo. Aumenteranno inoltre i contatti (notoriamente poco piacevoli) tra uomini e meduse, queste ultime vivono abitualmente a 20-40 miglia dalla costa, dove l’acqua è più salina, ma l’aumento di salinizzazione delle acque costiere avrebbe creato un habitat ideale per questi animali anche a ridosso delle coste.
Il problema non sono meduse, siamo noi
“In tutti i nostri mari può esserci la presenza di meduse che abitano gli oceani da sempre, da prima dell’evoluzione di tutti gli altri abitanti attuali – ha spiegato Ferdinando Boero, professore di zoologia all’università del Salento, associato al Cnr-Ismar. – I più pericolosi siamo noi, flagello degli ecosistemi, non le meduse. Loro ci avvertono che non ci stiamo comportando come dovremmo nei confronti degli ecosistemi che, con il loro funzionamento, permettono la nostra sopravvivenza”.
Il futuro è delle meduse
Siamo soliti considerare questi bizzarri organismi alla stregua di oggetti inanimati trascinati dalle correnti, eppure probabilmente le meduse, che hanno fatto la loro comparsa circa settecento milioni di anni fa, erediteranno gli oceani di tutto il globo e continueranno a fluttuare aggraziate tra le onde per molto tempo dopo la nostra scomparsa.
Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
A Curridabat, sobborgo di San José, e in altre aree della regione metropolitana, è stata creata una serie di corridoi verdi per supportare gli impollinatori e riportare la biodiversità in città.
Dalla riforestazione alla conservazione, dall’agricoltura biologica al taglio dei pesticidi. L’Ue ha presentato la nuova strategia per la biodiversità 2020-2030.
La Giornata della natura del 3 marzo è dedicata alla tutela di tutte le specie animali e vegetali selvatiche, componenti chiave della biodiversità mondiale.
A partire dalla seconda metà del Novecento la specie ha vissuto un rapido declino. La scomparsa di questo grande predatore avrà effetti negativi sull’intero ecosistema del bacino.
La popolazione di api nel mondo è in costante diminuzione. Ma ciò che l’Unione europea sta facendo per salvarle non è sufficiente. Se ne parla nella puntata di Presadiretta dal titolo “L’ultima ape”.
Gli ultimi esemplari dell’antichissimo pino di Wollemi sono stati salvati dagli incendi che hanno colpito il Nuovo Galles del Sud da una squadra specializzata di vigili del fuoco.
Nel decennio appena concluso sono state dichiarate estinte 160 specie, la maggior parte delle quali è però scomparsa da molto tempo.
Il 2020 è stato proclamato Anno internazionale della salute delle piante dalle Nazioni Unite. L’obiettivo? Ricordarci che dal mondo vegetale dipende la vita sulla Terra.