La finanza ha la fondamentale responsabilità di traghettare i capitali verso la transizione energetica. Se ne è discusso al Salone del Risparmio 2022.
Michael Bloomberg è stato scelto come capofila della finanza verde
Investire per il clima 100 miliardi di dollari l’anno: è la sfida dell’Onu per salvare l’Accordo di Parigi. L’ex sindaco di New York Michael Bloomberg è il volto del progetto.
Mercoledì 26 settembre, a New York, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite era nel pieno della sua 73a sessione. E il segretario generale Antonio Guterres ha dato un nuovo, importante compito a Michael Bloomberg, ex-sindaco di New York e ora inviato speciale Onu per l’azione sul clima.
Sarà lui d’ora in poi a prendere la guida di un progetto che si propone di indirizzare i capitali verso la lotta ai cambiamenti climatici, e di farlo in maniera massiva. Per la precisione, la Climate finance leadership initiative si è posta una sfida ben chiara: catalizzare almeno 100 miliardi di dollari l’anno, da qui al 2020, sotto forma sia di aiuti pubblici allo sviluppo sia di investimenti diretti esteri.
#Bloomberg named head of the Climate Finance Leadership Initiative where he can use his money and influence to grow even more support for #TheCause. The program aims to raise as much as $100 billion https://t.co/pZj7Nlk8Ag
— Clear Energy Alliance (@clearenergy) 1 ottobre 2018
Come funziona la Climate finance leadership initiative
Tutto nasce dall’Accordo di Parigi siglato a dicembre 2015, che si pone il grande traguardo di contenere l’aumento delle temperature medie globali entro un massimo di due gradi centigradi rispetto ai livelli pre-industriali. Il successo di questa sfida dipende per buona parte dalle cosiddette Ndc (Nationally determined contribution), cioè gli impegni che i governi di tutto il mondo si sono prefissati in materia di riduzione delle emissioni di CO2.
Per trasformare queste promesse in realtà, il tema dei finanziamenti è cruciale. È qui che vuole intervenire la Climate finance leadership initiative, che coinvolgerà le più importanti aziende e società finanziarie a livello globale, per convincerle a investire sempre di più nei progetti legati alle energie rinnovabili e alla resilienza, tanto nei paesi industrializzati quanto in quelli in via di sviluppo. I soci fondatori verranno annunciati entro la fine di quest’anno.
I membri di questo programma lavoreranno fianco a fianco al governo francese di Emmanuel Macron, che assumerà la presidenza del G7 nel 2019, e proprio ai ministri delle finanze delle sette più grandi economie del mondo indirizzeranno il loro primo report dei risultati raggiunti, la prossima estate. Nel corso del Climate Summit delle Nazioni Unite, che si terrà a settembre 2019, si potrà trarre un bilancio di questa iniziativa.
Le aziende, piano piano, diventano più trasparenti in materia di clima
Tra le altre cose, Michael Bloomberg è anche il presidente della Task force on Climate Related Financial Disclosures (Tcfd), istituita dal Financial Stability Board del G20. Questo istituto vuole aiutare le aziende a identificare in modo chiaro i rischi legati al clima che hanno un impatto concreto sul loro business, per poi comunicarli alla comunità finanziaria in modo trasparente. Le linee guida, volontarie, sono state pubblicate nel mese di giugno dello scorso anno.
Scandagliando la documentazione fornita da 1.700 aziende, a fine settembre 2018 la Tcfd ha pubblicato il suo primo report sull’avanzamento dei lavori. Le sue conclusioni sono molto positive: la maggior parte delle società prese in esame risulta allineata (almeno in parte) alle raccomandazioni fornite della Task Force. Se all’inizio questa iniziativa era sostenuta da un nucleo di circa un centinaio di “pionieri”, ora se ne contano oltre 500, inclusi i più grandi istituti di credito, asset manager e fondi pensione su scala globale, che gestiscono asset pari a oltre 100mila miliardi di dollari.
Our current 513 TCFD supporters are headquartered in 44 countries and now include first supporters from Mexico, South Korea and Luxembourg #TCFDRecs pic.twitter.com/vg2VrFks8G
— TCFD (@FSB_TCFD) 26 settembre 2018
Michael Bloomberg agli antipodi rispetto a Trump
“L’allocazione dei capitali da parte dei mercati è un’arma potente nella nostra lotta ai cambiamenti climatici. I rischi e le opportunità legati al clima diventano più trasparenti e, di conseguenza, gli investitori incrementano i loro finanziamenti per le soluzioni”, ha affermato Michael Bloomberg, che non ha nascosto la sua soddisfazione per la possibilità di affiancare da vicino il segretariato generale dell’Onu su queste tematiche. Nella stessa data, ha annunciato il suo contributo per l’insediamento di un gruppo di lavoro sulla finanza sostenibile a Wall Street.
Michael Bloomberg è stato sindaco di New York per tre mandati, dal 2001 al 2013, prima tra le fila dei repubblicani e poi come indipendente. Secondo Forbes è l’undicesima persona più ricca del mondo, prevalentemente grazie all’omonimo impero mediatico che ha fondato nel 1991.
Negli ultimi anni, sempre più numerose e significative sono state le sue prese di posizione per il clima. All’indomani dell’uscita di Trump dall’Accordo di Parigi, proprio Bloomberg è stato uno dei volti di We are still in, la “resistenza ecologista” a stelle e strisce. Ad aprile 2018 ha staccato un assegno di 4,5 milioni di dollari (3,6 milioni di euro) a favore del Fondo verde per il clima, per colmare parzialmente il buco lasciato dall’amministrazione del suo paese.
Pare che, come riporta in modo sempre più insistente la stampa americana, il magnate stia preparando il terreno per la sua discesa in campo. Dopo aver provato a correre alle ultime tre tornate elettorali come indipendente, potrebbe essere proprio lui lo sfidante democratico di Donald Trump alle elezioni presidenziali del 2020.
Foto in apertura © John Moore/Getty Images
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