Cooperazione internazionale

“I migranti sono persone”, ci ricorda papa Francesco

A sei anni dalla sua visita a Lampedusa, papa Francesco ha celebrato messa per i migranti e i loro soccorritori: “Sono persone, non solo questioni sociali”.

L’8 luglio 2013 papa Francesco, che era salito al soglio pontificio da meno di quattro mesi, per il suo primo viaggio apostolico aveva scelto Lampedusa. Una meta che nessun altro pontefice aveva visitato, e che l’ha accolto con una folla di diecimila persone. A sei anni di distanza, Bergoglio è tornato a celebrare messa per i migranti e i loro soccorritori alla Basilica di San Pietro.

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La visita di Papa Francesco a Lampedusa nel 2013 © Tullio M. Puglia/Getty Images

Le parole di papa Francesco per i migranti

“In questo sesto anniversario della visita a Lampedusa, il mio pensiero va agli ultimi che ogni giorno gridano al Signore chiedendo di essere liberati dai mali che li affliggono. Sono gli ultimi ingannati e abbandonati a morire nel deserto, sono gli ultimi torturati, abusati e violentati nei campi di detenzione, sono gli ultimi che sfidano le onde di un mare impietoso, sono gli ultimi lasciati nei campi di un’accoglienza troppo lunga per essere chiamata temporanea”, ha affermato durante l’omelia. “Purtroppo le periferie delle nostre città sono densamente popolate di persone scartate, emarginate, oppresse, discriminate, abusate, sfruttate, abbandonate, povere e sofferenti”.

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“Sono persone, non si tratta solo di questioni sociali o migratorie“, ha continuato. “Non si tratta soltanto di migranti, nel duplice senso che i migranti sono prima di tutto persone umane e che oggi sono il simbolo di tutti gli scartati della società globalizzata”.

Le condizioni disumane dei migranti prigionieri in Libia

Hanno ben poco di umano le condizioni dei lager libici citati nel corso dell’omelia. A documentarle il settimanale L’Espresso, che è riuscito a ottenere una serie di foto e video in esclusiva. Secondo gli operatori umanitari, sono circa seimila le persone che sono imprigionate nella zona di Tripoli e avrebbero diritto a un’evacuazione umanitaria.

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Il quadro viene descritto come catastrofico soprattutto a Zintan e Gharyan, a sud della capitale e quindi a pochi chilometri dalla guerra civile in corso. “Nel carcere di Zintan, durante l’ultima visita dello staff di Msf c’erano 900 persone, 700 chiuse in un hangar senza una doccia, con accesso sporadico all’acqua. Non potabile”, si legge nell’approfondimento del settimanale.

Alla luce di questa situazione che perdura da anni, di recente due avvocati hanno denunciato l’Unione europea alla Corte penale internazionale. Pur di difendere le proprie frontiere, si legge nel documento di ben 245 pagine, i paesi europei sono stati disponibili a scendere a patti con le controverse autorità libiche. Rendendosi così complici, “direttamente o indirettamente”, dell’arresto e della detenzione di migliaia di persone.

 

Foto in apertura © Franco Origlia/Getty Images

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