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Rapporto Milex, l’Italia aumenta le spese militari dopo la crisi: 68 milioni di euro al giorno
Le spese militari italiane sembrano immuni da qualsiasi crisi economica: secondo il rapporto Milex, nel 2018 arrivano a quota 25 miliardi di euro.
In questi ultimi anni la spending review ha colpito tanti settori e tante attività, ma sembra proprio che ce ne sia una che non paga il conto della crisi. Stiamo parlando delle spese militari, che in Italia quest’anno raggiungono i 25 miliardi di euro, pari all’1,4 per cento del prodotto interno lordo (pil). Una cifra enorme, ma forse astratta a un primo sguardo: può risultare più intuitivo dire che spendiamo in armamenti e forze armate 68 milioni di euro al giorno, 2,8 all’ora.
La crescita è pari al 4 per cento in un anno; arriva al 26 per cento, invece, se si prendono in considerazione le ultime tre legislature. L’Italia così si attesta all’undicesimo posto nella graduatoria mondiale per spesa militare, battendo Turchia, Israele e Iran. Questi e altri numeri arrivano dal rapporto Milex 2018 (il cui logo è Mil€x), che fa letteralmente “i conti in tasca” al nostro paese per tutto ciò che riguarda armi, approvvigionamenti militari e missioni all’estero.
https://www.youtube.com/watch?v=kK4MLgrk2IM
Da cosa è costituita la spesa militare italiana
Il budget del ministero della Difesa per il 2018 è salito a 21 miliardi di euro, pari all’1,2 per cento del nostro pil, con un aumento del 3 per cento in un anno e del 18 per cento nelle ultime tre legislature. I 25 miliardi che il nostro paese destina alle spese militari possono essere suddivisi in tre grandi categorie: il 60 per cento va al personale, il 12 per cento alle spese di esercizio, il 28 per cento agli armamenti. Questi ultimi valgono 5,7 miliardi di euro, una somma sempre più a carico del ministero dello Sviluppo economico, che è cresciuta dell’88 per cento nelle ultime tre legislature.
Quanto spendiamo per gli F-35, ripudiati persino da Trump
Dopo due anni e mezzo di stop, nel 2017 è ripartito a pieno ritmo il programma di acquisizione da parte della nostra Difesa dei 90 cacciabombardieri americani F-35 Joint Strike Fighter. Quindici aerei sono stati già acquistati, nel 2018 se ne ordineranno altri otto e si firmeranno contratti per 727 milioni di euro. Nel 2017 la Difesa ha imposto una netta accelerazione al programma, con un impegno di spesa ufficiale di circa 1,3 miliardi di euro da qui al 2020, destinati a lievitare fino almeno a 3 miliardi. Una scelta dichiarata senza mezzi termini “rischiosa” dalla Corte dei conti, che nella sua recente indagine sul tema sottolinea le innumerevoli problematiche riscontrate nella fase di progettazione e sviluppo degli aerei. Secondo le stime più recenti, ogni aereo ci costerà circa 155 milioni di euro, con un aumento in termini nominali di 40 milioni in meno di dieci anni. Addirittura il presidente Usa Donald Trump, alla fine del 2016, ha duramente attaccato i costi “fuori controllo” del programma F-35.
Cos’è il rapporto Milex e cosa prende in considerazione
L’osservatorio Mil€x nasce per iniziativa del giornalista Enrico Piovesana e di Francesco Vignarca, coordinatore della Rete italiana per il disarmo. Negli anni ha coinvolto esperti del settore, istituzioni accademiche, centri di ricerca e ong, in Italia e all’estero. Quella del 2018 è la seconda edizione.
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“Spesa militare” è una definizione estremamente ampia e varia: non stupisce, dunque, il fatto che i ricercatori abbiano sviluppato una metodologia ad hoc, piuttosto complessa. Innanzitutto, il rapporto prende in considerazione le risorse messe a budget dallo stato e non la spesa effettivamente sostenuta; in quest’ultimo caso, infatti, entrerebbero in gioco alcuni meccanismi che rendono molto più complicato arrivare a un conteggio esatto.
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Per quanto riguarda l’arma dei Carabinieri, vengono conteggiate soltanto le spese per attività militari (come le missioni all’estero e le funzioni di polizia militare) e non quelle di polizia e ordine pubblico. Il report inoltre include le pensioni militari pagate dall’Inps dopo i cinque anni in cui sono di pertinenza del ministero della Difesa (più corpose rispetto alla media dei dipendenti pubblici, oltre che maturate prima nel tempo); i finanziamenti del ministero dell’Economia e delle finanze per le missioni militari all’estero; e, infine, gli stanziamenti da parte del ministero dello Sviluppo economico ai più onerosi programmi di acquisizione e ammodernamento degli armamenti.
Foto in apertura © Aeronautuca Militare / Getty Images
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