Nella regione del Sahel, sconvolta da conflitti inter comunitari e dai gruppi jihadisti, 29 milioni di persone hanno bisogno di assistenza umanitaria.
Oggi siamo andati a incontrare i ragazzi di strada di Mtindwa, a Nairobi
Come si organizza un carnevale per le strade di Nairobi e si coinvolgono i ragazzi di strada? Il nuovo editoriale dell’associazione Cherimus.
Mtindwa è il nome di una zona a est di Nairobi. Oggi ci siamo stati per incontrare i ragazzi che si ritrovano lì, che vivono lì. Non sapevo bene cosa aspettarmi: li avevamo incontrati una settimana prima, durante un giro esplorativo in cui cominciare a individuare i gruppi con cui avremmo potuto immaginare il carnevale.
Fin da subito ci era sembrato che i ragazzi di Mtindwa avessero un gran desiderio di partecipare a questo progetto. Probabilmente le parole di Jack, l’educatore che loro già conoscevano e che ci accompagnava in questa perlustrazione, li avevano incuriositi. È difficile descrivere quanta aspettativa e speranza si leggeva nei loro occhi man mano che il racconto di Jack prendeva forma.
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Non sapevamo, in quel momento, se quel gruppo di ragazzi sarebbe stato scelto per far parte del progetto, ma io sotto sotto ci speravo.
E invece proprio da lì siamo partiti.
Lascio Kivuli, il centro dell’associazione Amani che ci ospita, in preda a mille dubbi. Chissà se troveremo gli stessi ragazzi della volta prima. Chissà se accetteranno di mettersi in gioco con noi. Chissà se verranno. Chissà dove ci metteremo (è appena cominciata la stagione delle piogge).
Appena arrivati vediamo subito che i ragazzi ci sono, e sono tanti. Jack e Collins, l’altro educatore, ci introducono. Noi ci presentiamo. I ragazzi ci accompagnano in un campo. Un campo giallo pallido, a fianco del rifugio fatto di quattro tronchi e una tettoia di lamiera, che è la loro casa. Quello sarà il nostro spazio. È allora che succede una specie di miracolo, quando tiriamo fuori un rotolone di carta che svolgiamo per terra, diamo ad ognuno una matita e dei colori e chiediamo: disegnate quel che volete.
All’istante, ragazzi di tutte le età si stendono giù e cominciano a riempire quel foglio lunghissimo. La carta si popola in pochissimo tempo dei loro sogni: disegni piccoli, grandi, a matita o colorati. Matatu, case, strani personaggi, elicotteri, ragazze. Appare un ritratto di famiglia, in cui la famiglia sono i compagni di strada.
Una parola compare più volte, come a dare un ritmo a questo disegno speciale: Gaza. È questo il nome che hanno scelto per sé, che riassume il conflitto, l’orgoglio, la precarietà. Sono i ragazzi di Gaza che ci hanno accolto, e che noi stiamo cominciando a conoscere.
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