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Nigeria, le conseguenze delle fuoriuscite di petrolio sui neonati sono agghiaccianti
Uno studio svizzero ha stimato le conseguenze sui neonati delle fuoriuscite di petrolio che si verificano in Nigeria. Le conclusioni sono agghiaccianti.
Le fughe di petrolio in Nigeria sono probabilmente responsabili, ogni anno, della morte di 16mila neonati. Che non riescono a superare il loro primo mese di vita. A stimare per la prima volta, in termini di decessi infantili, le conseguenze sanitarie della dispersione di greggio nell’ambiente della nazione africana è uno studio realizzato dal Center for Economic Studies di Monaco (CESifo) e dall’università di San Gallo, in Svizzera.
Tre anni di lavoro per completare lo studio
I ricercatori hanno condotto una vastissima analisi, esaminando per tre anni le statistiche fornite dal governo nigeriano. Innanzitutto quelle relative alla geolocalizzazione delle circa seimila fuoriuscite di petrolio, da oleodotti e altre infrastrutture, recensite ufficialmente dalle autorità locali tra il 2005 e il 2015. Quindi i dati sanitari relativi a 23.364 madri, delle quali 2.744 vivono a meno di dieci chilometri da un’area inquinata.
Au Nigeria, les fuites de pétrole causeraient la mort de 16 000 nourrissons par an https://t.co/pDtH3gyU8z
— Le Monde Planète (@lemonde_planete) November 22, 2017
Le conclusioni alle quali sono giunti gli esperti non lascerebbero spazio alle interpretazioni: l’esposizione degli adulti alle fughe di petrolio, nei cinque anni precedenti al concepimento di un bambino, raddoppia il rischio di mortalità infantile nei primi 28 giorni di vita. Portando il dato, in media, a 76 neonati ogni mille nascite (valore che aumenta ulteriormente nelle zone più vicine agli incidenti). Di qui il calcolo di 16mila neonati morti soltanto nel 2012: una stima che, secondo i ricercatori, si può applicare con ogni probabilità anche agli anni precedenti e seguenti.
5,3 milioni di bambini nati in Nigeria nel 2012: l’8% vicino ad aree inquinate
“Non ci attendevamo dei risultati simili, soprattutto a cinque anni da una fuga di petrolio. Le conseguenze, per il paese più popoloso dell’Africa, sono scioccanti”, ha dichiarato Roland Hodler, uno degli autori dello studio. Basti pensare che, nel 2012, sono nati 5,3 milioni di bambini in Nigeria e che ben l’8 per cento è stato concepito da genitori che abitano in prossimità di una fuga di idrocarburi.
“Se nulla verrà modificato dalle compagnie petrolifere e, soprattutto, dal governo – ha sottolineato Audray Gaughran, di Amnesty International, al quotidiano francese Le Monde – il tasso di mortalità è destinato a rimanere identico, se non a peggiorare. Il rapporto pone delle questioni particolarmente serie in merito al comportamento delle multinazionali, che non hanno mai valutato le conseguenze delle loro attività sulla salute degli abitanti”.
Il governo vuole aumentare gli stanziamenti per il Delta del Niger
“L’esecutivo nigeriano – ha aggiunto la militante – deve introdurre un sistema indipendente di vigilanza al fine di poter informare gli abitanti dei rischi che corrono e imporre alle imprese di assumersi la responsabilità delle catastrofi ambientali che provocano”. Il capo di stato della nazione africana, Muhammadu Buhari, ha proposto di aumentare gli stanziamenti per il Delta del Niger nel corso del 2018. Ciò soprattutto per finanziare l’immenso progetto di bonifica della regione, deturpata da decenni di attività estrattive. Per completare quella che passerà alla storia come la più vasta operazione di decontaminazione mai realizzata al mondo, ci vorranno tra circa 30 anni e un miliardo di dollari.
“Oil Spills in Nigeria Could Kill 16,000 Babies a Year” https://t.co/D8wSk1o6id #newsweek #feedly
— Vivek Ghosal (@VivekGhosal) November 6, 2017
D’altra parte, per comprendere a che punto l’area sia stata devastata, è sufficiente considerare un solo dato: quello relativo al volume annuale stimato delle fuoriuscite di petrolio: 240mila barili, ovvero 38 milioni di litri. È come se, ogni 365 giorni, una petroliera colasse a picco nel Delta del Niger. Cosa che accade, regolarmente, da circa 60 anni.
Immagine di apertura tratta da Amnesty International.
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