L’anno che sta per concludersi fa ben sperare per il futuro dell’energia solare. I dati globali sul fotovoltaico crescono, gli esempi positivi si moltiplicano. Sebbene resti molto lavoro da fare, seguire il sole ci manterrà sulla strada giusta.
Non taggate le montagne! Per salvare i parchi e le riserve americane dal turismo di massa
Quali sono le conseguenze dell’uso di geotag su Instagram in luoghi finora lontani dal turismo di massa? Si rischia di compromettere l’integrità dei parchi nazionali.
La reputazione di chi fa un uso eccessivo dei social network non è molto positiva, ma potrebbe peggiorare dopo che alcuni comitati di parchi nazionali statunitensi hanno chiesto a influencer e utenti online di non geotaggare i propri luoghi su Instagram. Per geotag si intende l’aggiunta del nome del posto in cui ci si trova, con tanto di coordinate geografiche, al proprio post sui social. L’eccesso di questa pratica ha fatto sì che luoghi naturali un tempo poco conosciuti diventassero di facile accesso a tutti, causando l’arrivo del turismo di massa con tutti i problemi che ciò comporta a boschi e foreste.
La campagna del parco Jackson Hole
I primi a lamentarsi delle troppe presenze sono stati gli addetti del parco Jackson Hole nello stato del Wyoming, Stati Uniti. “Uno dei nostri laghi ormai è diventato solo un poster da mettere sulla propria pagina social – si è lamentato sul quotidiano New York Times, Brian Modena del comitato locale – gli influencer hanno cominciato a postare foto dall’alto che sono diventate virali. Fino a poco tempo fa avevamo circa due turisti al giorno in cima, oggi sono 145. Noi vorremmo che la gente avesse una connessione reale con la natura, non solo un post da condividere su Instagram”. Alle lamentele del parco Jackson Hole, che ha lanciato una campagna di marketing contro l’utilizzo del geotag, si sono uniti altri comitati turistici di Oregon, Utah e Montana. La protesta si è spinta anche oltre gli Stati Uniti con messaggi di sensibilizzazione simili lanciati nel Regno Unito, Hong Kong e Sudafrica. In quest’ultimo stato il problema è ancora più grande, dato che a essere facilitati dal tag con la location non sono solo i turisti, ma i bracconieri di avorio.
Our tragic new normal. #savetherhino #rhino pic.twitter.com/0IUAuECfOp
— Tiisetso Tsiki (@TiiTsiki) 14 novembre 2017
Su Instagram arriva l’hashtag #nogeotag
La discussione si è spostata anche sugli stessi social media. Alcuni fotografi di viaggio e travel blogger hanno lanciato l’hashtag #nogeotag per ricordare ai turisti di non aggiungere le coordinate agli status. Gli addetti ai lavori ci tengono a precisare che non vogliono eliminare del tutto le fotografie e chi le fa, dato che il turismo è una risorsa importante in questi luoghi. Vorrebbero solo che chi arriva fosse più responsabile e non si mettesse in viaggio solo per scattare una foto velocemente per poi risalire subito in auto e postare sullo smartphone. Un pensiero condiviso anche da Maschelle Zia che lavora nel Glen Canyon in Arizona e ha detto al quotidiano britannico Guardian: “I social media sono il motivo principale per cui la gente viene qui. Non vogliono il silenzio dei grandi spazi, cercano solo una foto simbolo. La nostra specie sta avendo il maggiore impatto sul parco e la qualità dell’esperienza sta diminuendo”.
Asfalto dove prima c’era un sentiero, file di auto vicino a camminatori e aumento della spazzatura sono solo alcuni dei problemi portati dall’uomo in montagna e nei luoghi naturali. La condivisione su Instagram non fa che aumentare tutto ciò ed è tempo che i turisti imparino a rispettare di nuovo l’ambiente, dal vivo e online.
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