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Norvegia, 200 renne morte di fame a causa del clima che cambia
Secondo i ricercatori l’inusuale tasso di mortalità sarebbe una conseguenza della crisi climatica, particolarmente grave nell’Artico.
I corpi senza vita di duecento renne (Rangifer tarandus) sono stati trovati da tre ricercatori del Norwegian polar institute nell’arcipelago norvegese delle Isole Svalbard. Mai prima d’ora gli scienziati avevano trovato così tante carcasse contemporaneamente. Gli animali, rinvenuti nel corso del censimento annuale della popolazione di renne, sarebbero morti di fame lo scorso inverno. I ricercatori dell’istituto scientifico norvegese ritengono che la colpa sia dei cambiamenti climatici, che avrebbero reso meno accessibili i licheni, la principale risorsa alimentare su cui fanno affidamento questi ungulati.
L’Artico è sempre più caldo
Tutto il pianeta deve far fronte all’allarmante aumento delle temperature, la parte settentrionale del globo, tuttavia, si sta riscaldando molto più velocemente, con gravi conseguenze sugli ecosistemi artici, sul permafrost e sulla fauna. “I cambiamenti climatici causano piogge più frequenti – ha spiegato Åshild Ønvik Pedersen, a capo del progetto di censimento delle renne. – L’acqua caduta in abbondanza forma poi uno strato di ghiaccio sulla tundra che rende difficile il pascolo per gli animali”.
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Perché le renne sono morte di fame
Abitualmente le renne, durante i mesi invernali, trovano la vegetazione nascosta sotto la neve e il ghiaccio grattando con gli zoccoli. Le nuove condizioni climatiche, che comportano anche un continuo alternarsi tra gelo e disgelo, causano la formazione di uno spesso strato di ghiaccio, il quale può impedire agli erbivori di raggiungere gli ambiti licheni.
Visualizza questo post su InstagramUVANLIG MANGE REINSDYRKADAVRE Tradisjonen tro har vi også denne sommeren telt reinsdyr i dalene rundt Longyearbyen og på Brøggerhalvøya nær Ny-Ålesund på Svalbard. Tellingen i år skilte seg ut ved at et regnvær tidlig på vinteren førte til ekstra mange kadavre. Effekten av vinterregn er is på bakken som hindrer reinen fra å grave seg ned til beitet. Dyrene sulter og kan dø, og det er de yngste og svakeste dyrene som bukker under først. I fjor ble det født relativt mange kalver og en hard vinter med vanskelige beiteforhold førte til en ekstra belastning for dem. Reinsdyr på Svalbard overvåkes og telles fordi den er en nøkkelart som påvirker økosystemet på tundraen, den er følsom for klimaendringer og det drives jakt på den i enkelte områder sentralt på Spitsbergen. Foto: Siri Uldal / Norsk Polarinstitutt
Non è solo colpa del clima
Da quaranta anni a questa parte, ovvero da quando ha avuto inizio il censimento delle renne, solo una volta gli scienziati del Norwegian polar institute hanno registrato una simile moria, dopo l’inverno del 2007/08. Le altre cause dietro l’inusuale numero di animali morti sono il fisiologico aumento della mortalità dovuto al significativo aumento del numero di renne nell’arcipelago norvegese, che ha aumentato la competizione per il cibo, e l’elevato numero di cuccioli nati l’anno scorso, i quali sono più vulnerabili a carenza di cibo e condizioni ambientali difficili.
La scomparsa delle renne
Nelle Svalbard, come detto, la popolazione di renne è in crescita: il loro numero è raddoppiato dagli anni Ottanta e attualmente ci sono circa 22mila esemplari. Globalmente però le renne non se la passano bene, dalla metà degli anni Novanta, secondo l’annuale rapporto sull’Artico della National oceanic and atmospher administration, il loro numero è diminuito del 56 per cento, passando da 4,7 a 2,1 milioni. Delle 22 mandrie monitorate, soltanto due non hanno subito perdite, mentre cinque si sono rimpicciolite del 90 per cento. Ovunque questi ungulati sono minacciati dal clima che cambia, che causa inverni sempre più brevi, siccità e la graduale scomparsa dei licheni, soppiantati da nuove specie vegetali o sepolti sotto impenetrabili strati di ghiaccio. Insomma, un mondo non più a misura di renna.
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