17 milioni di dollari da maggio 2018. È quanto hanno speso le compagnie petrolifere e le lobby del petrolio per acquistare spazi pubblicitari su Facebook e creare una narrativa falsata sui cambiamenti climatici e sugli impatti che i combustibili fossili hanno sulla crisi climatica. Sia attraverso i profili ufficiali che gruppi locali di supporto, si
Un nuovo, immenso, giacimento di petrolio. La Norvegia non abbandona le fossili
Dal nuovo giacimento, chiamato Johan Sverdrup, la Norvegia potrebbe estrarre quasi 3 miliardi di barili di petrolio. Di qui al 2070.
Conclusi i lavori del World Economic Forum di Davos, dopo la desolante Cop 25 di Madrid e dopo le tante parole spese per una transizione energetica orientata verso una maggior presenza di fonti rinnovabili, ecco che la Norvegia stupisce tutti e affida il suo futuro energetico, ancora una volta, al petrolio. In questo momento, infatti, nel bel mezzo del Mare del Nord, quattro piattaforme arroccate sui loro supporti gialli, dal peso di 100 mila tonnellate, sono pronte ad estrarre quasi 3 miliardi di barili di oro nero.
Il giacimento petrolifero in questione si chiama Johan Sverdrup e si trova in acque norvegesi, non lontano dal confine con il Regno Unito. L’area ha già polarizzato l’attenzione ancora prima di aprire i battenti (l’inaugurazione è prevista a breve): per i sostenitori dei combustibili fossili questo giacimento segna niente meno che il rilancio dell’industria petrolifera norvegese. Una tragedia ambientale che dimostra quanto sarà difficile fermare i cambiamenti climatici.
Un’enorme contraddizione
“Johan Sverdrup rappresenta il futuro del petrolio norvegese”, ha dichiarato entusiasta Arne Sigve Nylund, responsabile dello sviluppo e della produzione in Norvegia di Equinor, la più grande compagnia petrolifera norvegese, controllata dallo stato, e che opera sul giacimento in questione. Scoperto nel 2010 e regolamentato da due licenze, il giacimento Johan Sverdrup conserva circa 2,7 miliardi di barili di petrolio. Rappresenta dunque il più grande giacimento di produzione in Europa occidentale. La compagnia prevede di poter estrarre petrolio fino al 2070, nonostante la Norvegia sia stata tra le prime nazioni a ratificare l’accordo di Parigi e si sia impegnata ad abbattere interamente le emissioni entro il 2030.
Come si spiega tale contraddizione? La Norvegia è ancora un importante produttore di combustibili fossili. Produce 2 milioni di barili di petrolio al giorno, secondo l’Agenzia internazionale per l’energia: seconda in Europa solo alla Russia. Anche sul fronte del gas naturale supera tutti gli altri paesi europei. Nel 2018, tali attività hanno garantito il 18 per cento del Prodotto interno lordo nazionale e il 62 per cento delle esportazioni. Di conseguenza, nel 2017, le emissioni annuali nazionali di gas a effetto serra hanno raggiunto circa 53 milioni di tonnellate, l’equivalente di circa 10 tonnellate a persona. Il che è all’incirca in linea con il resto d’Europa, mentre le emissioni negli Stati Uniti sono state di 15 tonnellate a persona nel 2017 (dati dell’Agenzia internazionale dell’energia).
Petrolio a basse emissioni
La Equinor ha provato a rispondere alle critiche, sostenendo che il mondo, per qualche decennio, avrà ancora bisogno di petrolio: a questo punto, sostiene la compagnia, meglio averlo da fonti che hanno le emissioni di CO2 più basse. “È un progetto incredibilmente importante per la Norvegia. In media, siamo i migliori nell’ottenere il petrolio con le emissioni più basse”, ha dichiarato Kjell-Borge Freiberg, ministro del petrolio norvegese, spiegando come quelle del giacimento Johan Sverdrup sarebbero di “soli” 700 grammi al barile, rispetto a una media globale di 18 chilogrammi.
Ma poiché la maggior parte delle emissioni viene prodotta quando il petrolio viene bruciato, e non quando viene estratto, c’è chi sostiene che l’unico modo per rispettare gli obiettivi di Parigi sia quello di lasciare il petrolio dove si trova, ovvero sottoterra. Tra questi c’è Mark van Baal, fondatore dell’organizzazione Follow This, gruppo di azionisti critici delle principali aziende energetiche del paese: “Una compagnia petrolifera che dice di voler limitare le proprie emissioni continuando a estrarre petrolio è come un produttore di sigarette che promette che tutti i fumatori smetteranno di fumare aumentando nel contempo la produzione di sigarette“.
L’ultimo grande giacimento nel Mare del Nord?
Inoltre, nel settore circola una domanda: il Johan Sverdrup potrebbe essere l’ultimo grande giacimento petrolifero del Mare del Nord ad essere sfruttato? Pochi, infatti, si aspettavano una simile scoperta nel 2010 quando Lundin Petroleum, gruppo petrolifero indipendente svedese, scoprì il petrolio in quelle acque. Presto diventò evidente che quello appena individuato si estendeva su un’area gigantesca. E prometteva di far guadagnare circa 900 miliardi di corone (102 miliardi di dollari) per lo stato norvegese nei 50 anni a venire.
L’opinione degli esperti è divisa sulla probabilità di ulteriori grandi scoperte nel Mare del Nord, data la quantità di esplorazioni già fatte negli ultimi cinquant’anni. Rune Nedregaard, capo del progetto Johan Sverdrup e dirigente esecutivo di Equinor, ha dichiarato: “In futuro ci attendiamo scoperte sempre meno importanti. Certo, se mi avessero posto questa domanda prima di trovare il Johan Sverdrup, avrei detto che non c’era possibilità di fare grandi scoperte”.
Leggi anche “Emissioni di CO2, nuovo record nel 2019. Così il mondo perde la battaglia climatica”
A conferma della strategia norvegese di puntare sul petrolio, Jamie Thompson, analista di ricerca presso la società di consulenza energetica Wood Mackenzie, ha affermato che la Norvegia è tornata ai livelli di esplorazione visti prima della recessione del 2015. Tanto più sono molte le società – non solo Equinor, ma anche Lundin e Aker BP – che cercano petrolio in Norvegia. Per cui non è detto che le previsioni di Nedregaard verranno rispettate.
Investimenti per 5 trilioni di dollari nel prossimo petrolio
Intanto il governo norvegese sta andando avanti a pieno ritmo, anche se i dati sulla produzione di petrolio sono vicini ai minimi dei tre ultimi decenni (gran parte della produzione di energia del paese è stata sostituita dal gas). La Norvegia ha rilasciato un numero record di licenze di esplorazione nel 2019 e spera di poter continuare a farlo non solo nel Mare del Nord ma anche all’interno del circolo polare artico, nel Mare di Barents. Più della metà delle riserve petrolifere norvegesi sono ancora da esplorare, secondo le autorità scandinave.
Nel dossier “Overexposed”, l’organizzazione Global Witness ha sottolineato come tutta la produzione da nuovi giacimenti di petrolio e gas – oltre a quelli già in produzione o sviluppo – sia incompatibile con il raggiungimento degli obiettivi climatici. Eppure l’industria petrolifera e del gas a livello mondiale ha previsto di spendere 5 mila miliardi di dollari nei prossimi dieci anni in esplorazione ed estrazione di combustibili fossili. Una quantità incredibile di denaro che porterebbe introiti ancora più alti per i governi e le imprese, a scapito del clima.
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