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Come l’Unione europea vuole riportare la natura nelle nostre vite
Dalla riforestazione alla conservazione, dall’agricoltura biologica al taglio dei pesticidi. L’Ue ha presentato la nuova strategia per la biodiversità 2020-2030.
Abbiamo bisogno della natura, dalle fronde dei faggi agli orsi bruni, dai torrenti agli organismi unicellulari, e dalla sua conservazione passa il nostro futuro. La natura ci sfama, ci disseta e ci permette di respirare, non solo, contribuisce in maniera determinante al nostro equilibrio psicofisico. La pandemia di Covid-19, frutto proprio del nostro miope abuso degli ecosistemi, ha reso ancora più chiara tale necessità, evidenziando il legame tra la nostra salute e quella degli ambienti naturali.
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Tutelare la biodiversità e ripristinare gli ecosistemi danneggiati è dunque necessario per prevenire future pandemie e cercare di minimizzare gli effetti dei cambiamenti climatici. Investire in tali attività potrà anche consentire all’economia europea, piegata dalla crisi legata al coronavirus, di riprendersi, senza avere tuttavia il precedente impatto. L’Unione europea ha stilato un piano per rendere sostenibile l’economia del Vecchio continente, il green deal europeo. In quest’ambito l’Ue ha appena pubblicato la nuova strategia per la biodiversità, che si prefigge obiettivi importanti e ambiziosi da raggiungere entro il 2030.
Tutelare la biodiversità conviene
Oltre la metà del prodotto interno lordo (pil) globale dipende dalla natura e dai servizi ecosistemici che offre. Alcuni settori chiave dell’economia, come agricoltura ed edilizia, dipendono letteralmente da essa. La conservazione della biodiversità ha inoltre potenziali benefici economici diretti per molti settori.
Il rapporto generale costi/benefici di un efficace programma globale volto alla conservazione dell’ambiente, secondo l’Ue, è stimata in almeno 100-14. Eppure, fino ad ora le misure adottate per proteggere il capitale naturale sono state insufficienti. I nuovi obiettivi mirano a invertire questa tendenza e ad affrontare i cinque principali fattori di perdita della biodiversità, ecco come.
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Più aree protette
L’attuale rete di aree protette si è dimostrata insufficiente per salvaguardare la biodiversità, è previsto pertanto di ampliarla e di proteggere almeno il 30 per cento della superficie terrestre e il 30 per cento della superficie marina nell’Ue. Attualmente godono di tutela il 26 per cento della terra e l’11 per cento dei mari. Un terzo di queste superfici protette, particolarmente ricche di biodiversità o vulnerabili, dovrà inoltre essere soggetto a protezione rigorosa. Al momento, solo il 3 per cento della terra e meno dell’1 per cento delle aree marine sono rigorosamente protette nell’Ue.
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Tra le aree che necessitano di particolare tutela ci sono le foreste primarie e vetuste che ancora sopravvivono in Europa, tra gli ecosistemi più ricchi di biodiversità e che contribuiscono maggiormente al prelievo di carbonio. Gli stati membri saranno responsabili della designazione delle nuove aree protette e avranno tempo fino al 2023 per individuare aree e corridoi ecologici meritevoli di tutela
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Piantare 3 miliardi di alberi
Oltre a proteggere le foreste superstiti, l’Ue ha esortato gli stati a piantare tre miliardi di nuovi alberi entro il 2030. Questo obiettivo, oltre a supportare la biodiversità e a favorire il raggiungimento dei target climatici, creerà opportunità di lavoro legate alla piantumazione e alla cura degli alberi. Il rimboschimento è particolarmente utile nelle città, più vulnerabili agli effetti dei cambiamenti climatici.
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Più agricoltura biologica e meno pesticidi
L’agricoltura tradizionale è tra le cause principali del declino di biodiversità, è pertanto necessario sostenere e incentivare la transizione verso pratiche agricoli sostenibili. Il miglioramento delle condizioni e della diversità degli agroecosistemi aumenterà la resilienza del settore ai cambiamenti climatici e agli shock socioeconomici, creando al contempo nuovi posti di lavoro.
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Per raggiungere tali traguardi l’Ue chiede che il 25 per cento delle terre agricole dell’Ue venga coltivato in maniera biologica entro il 2030. Inoltre, per arrestare l’allarmante declino di uccelli e insetti impollinatori, da cui dipende in larga parte la salute degli ecosistemi e la nostra sicurezza alimentare, è prevista una riduzione del 50 per cento dei pesticidi chimici. Il 10 per cento dei terreni agricoli sarà infine mantenuto intatto (o che presenti comunque un’elevata diversità paesaggistica) per offrire spazio e riparo a piante e animali selvatici.
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Ripristinare gli ecosistemi d’acqua dolce
I corsi d’acqua sono tra gli ambienti su cui l’uomo ha avuto il maggiore impatto, li ha depredati e frazionati con dighe e barriere, alterandone profondamente la composizione. Queste azioni hanno avuto un impatto negativo sia sulla biodiversità che sui centri abitati, maggiormente esposti alle alluvioni.
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La nuova strategia prevede di ripristinare il libero deflusso di almeno 25mila chilometri di corsi d’acqua entro la fine del decennio, attraverso la rimozione di barriere, che impediscono il passaggio dei pesci migratori, e il ripristino di pianure alluvionali e zone umide.
Rendere più verdi le città
Gli spazi verdi nelle aree urbane e periurbane sono fondamentali per ridurre i livelli di inquinamento e per garantire il nostro benessere fisico e mentale. Per riportare la natura nelle città, la Commissione invita le città europee con almeno 20mila abitanti a sviluppare ambiziosi piani di sviluppo del verde urbano entro la fine del 2021. Le città dovrebbero inoltre contribuire a migliorare le connessioni tra gli spazi verdi, eliminare l’uso di pesticidi, limitare l’eccessiva falciatura degli spazi verdi urbani e altre pratiche dannose per la biodiversità.
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Ridurre l’impatto della pesca
La pesca industriale ha stravolto gli ecosistemi marini decimando drasticamente le popolazioni di numerose specie. È pertanto necessario invertire questa tendenza prima che gli stock ittici giungano al collasso e le specie più sensibili si estinguano. Gli stati membri dovranno attuare piani per ridurre l’impatto delle proprie attività marittime e proteggere gli ecosistemi marini entro il 2021.
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Occorrerà ridurre l’utilizzo delle pratiche più dannose, come la pesca a strascico, ed eliminare, o quantomeno ridurre al minimo, le cosiddette catture accessorie delle specie a rischio estinzione. Per farlo l’Ue raccomanda, innanzitutto, di intensificare la raccolta di dati relativi alle catture accessorie per tutte le specie sensibili. Le misure di gestione della pesca devono essere inoltre stabilite in tutte le aree marine protette secondo obiettivi di conservazione chiaramente definiti e sulla base dei migliori pareri scientifici disponibili.
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Ridurre l’inquinamento
L’inquinamento è un fattore chiave della perdita di biodiversità e ha un grave impatto sulla nostra salute. Un elevato numero di specie, la cui lista è in costante aggiornamento, è infatti minacciata da pesticidi, sostanze chimiche, acque reflue e rifiuti. La strategia dell’Ue prevede di ridurre drasticamente l’inquinamento in aria, acqua e suolo. È prevista, ad esempio, una riduzione dell’uso di fertilizzanti di almeno il 20 per cento. La Commissione collaborerà inoltre con gli stati membri per sviluppare un piano d’azione per la gestione integrata dei nutrienti nel 2022.
Impegni vincolanti?
Gli obiettivi fissati dalla nuova strategia sono indubbiamente positivi, per far sì che le singole nazioni li rispettino è tuttavia necessario renderli vincolanti. Per favorire l’attuazione degli impegni la commissione istituirà un nuovo quadro di governance, che contribuirà a mappare gli obblighi e gli impegni e a definire una tabella di marcia per guidarne l’attuazione. L’Ue istituirà un meccanismo di monitoraggio e revisione che permetterà una valutazione periodica dei progressi e, se necessario, istituirà azioni correttive.
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