Come costruire un nuovo multilateralismo climatico? Secondo Mark Watts, alla guida di C40, la risposta è nelle città e nel loro modo di far rete.
Nel suo One Planet summit, Macron dice che stiamo perdendo la battaglia per il clima
C’è ancora molto da fare, ma la coalizione del One Planet summit, ii paesi che hanno voglia di fare, ha deciso di mettersi al lavoro perché “stiamo perdendo la battaglia del clima”, ma la guerra è ancora lunga.
Una Cop 23-bis con l’obiettivo di raccogliere finanziamenti per il clima. Più o meno è stato questo il One Planet summit che si è tenuto il 12 dicembre a Parigi, capitale francese, per celebrare i due anni dalla firma dell’Accordo di Parigi, il trattato internazionale sottoscritto dall’intera comunità internazionale (Stati Uniti a parte) il 12 dicembre 2015 per contrastare e arrestare l’avanzamento inesorabile dei cambiamenti climatici causati dal riscaldamento globale. L’Accordo di Parigi, infatti, chiede di arrestare l’aumento della temperatura media globale ben al di sotto dei 2 gradi centigradi.
Leggi anche: Com’è finita la Cop 23. Dalle promesse si doveva passare ai fatti, per ora siamo fermi al “dialogo”
“Il green business è good business”
“Quello che si sta verificando è esattamente ciò che la scienza ha predetto – ha dichiarato il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres – e i progressi tecnologici hanno svelato le bugie che affermavano che combattere i cambiamenti climatici rappresentava una minaccia all’economia”. Tutte bufale, per Guterres “il green business è good business” perché stanno nascendo “nuove imprese, nuovi mercati, ambienti più salubri. Più occupazione”. Ecco perché il messaggio del One Planet summit è chiaro: “Coloro che non scommettono nell’economia verde vivranno in un futuro grigio”.
Leggi anche: One Planet summit. Gli investimenti sostenibili promessi a Parigi per il clima
Nell’auditorium alla Seine musicale che ha ospitato la plenaria erano presenti 60 capi di stato e di governo da tutti i continenti. C’era il primo ministro delle isole Figi e presidente della Cop 23 – la conferenza sul clima che si è tenuta a novembre a Bonn, in Germania – Frank Bainimarama, c’erano i primi ministri e presidenti – tra gli altri – di Messico, Grecia, Spagna, Portogallo, Regno Unito, c’era il re del Marocco, c’era il boliviano Evo Morales, c’erano decine di capi di stato e di governo del grande continente africano. C’era, insieme a Guterres, Jim Yong Kim, il medico che presiede la Banca Mondiale dal 2012, l’istituto internazionale in grado di muovere e decidere le politiche economiche di interi gruppi di Paesi.
2 gradi per i nostri figli
“Ci sono molte possibilità sul tavolo – ha dichiarato Jim Yong Kim – e dobbiamo lavorare con urgenza unendo la finanza, le organizzazioni multilaterali, i governi per definire accordi concreti. Dobbiamo aumentare le ambizioni dei Paesi e arrivare preparati alla Cop 24 con più risultati così da poter raggiungere l’obiettivo dei 2 gradi e lasciarlo nelle mani dei nostri figli”. Per fare tutto la Banca Mondiale ha affermato di non voler più finanziare programmi incentrati sui combustibili fossili a partire dal 2019.
C’erano tutti (o quasi)
C’erano gli irriducibili Mike Bloomberg (ex sindaco di New York e fondatore del network di città per il clima C40) e Arnold Schwarzenegger (noto attore ed ex governatore della California) che ha tenuto un discorso davanti a decine di ragazzi, esortandoli a pensare come comunità, come “noi”, e non più come individui, come “io”. C’erano anche il fondatore di Microsoft Bill Gates – che ha anticipato che con la sua fondazione donerà altri 300 milioni di dollari per il clima – e quello del gruppo Virgin Richard Branson. C’erano, infine, l’attore americano Sean Penn e l’attrice francese Marion Cotillard.
Una lista infinita di personalità che fa spiccare ancor di più gli assenti: come immaginabile non c’era il presidente statunitense Donald Trump, al contrario è difficile comprendere l’assenza del primo ministro italiano Paolo Gentiloni e della cancelliera tedesca Angela Merkel. Al posto di Gentiloni, in platea, c’era il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti “impossibilitato” a salire sul palco dei politici visto che il presidente francese Emmanuel Macron aveva rivolto l’invito al summit espressamente a presidenti e premier che avevano voglia di rimboccarsi le maniche per creare una “coalizione”.
“Stiamo perdendo la battaglia del clima”
Macron ha parlato un sacco. E da padrone di casa ha voluto lanciare un messaggio ai tanti giovani, anche loro invitati, presenti in sala: “Lo dico qui, di fronte ai tanti giovani che sono presenti: stiamo perdendo la battaglia del clima”. Usa la parola battaglia Macron, ma non guerra e cerca di spronare i leader alle sue spalle affinché spingano sull’acceleratore: “Non stiamo andando abbastanza velocemente, è questo il dramma. Di questo passo l’aumento della temperatura sarà di più di 3 gradi” e questo “non serve a nulla”. Gioca sulle coscienze dei leader Macron affermando che “nessuno potrà dire che non lo sapevamo”.
La causa dei cambiamenti climatici è il capitalismo
Il presidente della Bolivia Evo Morales, invece, ha voluto affrontare il problema da un altro punto di vista. Non quello delle imprese, non quello dei paesi che crescono a ritmi “industriali”, ma da quello dei paesi che lottano per i diritti fondamentali e contro gli effetti peggiori del riscaldamento globale. “Il sistema economico attuale non è in armonia con lo sviluppo sostenibile e con le risorse che ci mette a disposizione Madre Terra”, ha affermato Morales. “I paesi del sud del mondo sono ancora sfruttati come fossero colonie, senza una compensazione giusta e sono le prime vittime dei cambiamenti climatici” e l’Accordo di Parigi non garantisce loro il trasferimento di denaro e tecnologie.
Secondo Morales, trovare queste risorse nel settore privato è un errore: “Non si può delegare al capitalismo, che è la causa del riscaldamento globale, e ai privati il compito di trovare la soluzione per salvare la Terra. È come se dessimo alla volpe la responsabilità di proteggere il gregge”. Parole chiare e dirette rafforzate da due richieste ben precise: la creazione di un tribunale di giustizia sul clima vincolante e la necessità di dar vita a un nuovo ordine economico mondiale fondato sulla solidarietà.
La sostenibilità ha bisogno di lungimiranza
Il One Planet summit ha chiarito un punto fondamentale. L’economia globale deve cambiare velocemente e radicalmente e per farlo c’è bisogno dell’impegno di ogni sua componente. Delle imprese, che rappresentano il motore dello sviluppo sostenibile; della società civile, che deve dimostrare di aver capito la portata della sfida per le future generazioni; dei leader politici, che in questi vertici hanno una responsabilità enorme: coordinare e adottare politiche lungimiranti che dettino la linea da seguire. E di questi tempi, dominati da messaggi tanto veloci quanto vuoti, questa sembra essere la sfida più difficile in assoluto.
Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Pubblicate nella notte le nuove bozze di lavoro alla Cop29 di Baku, compresa quella sulla finanza climatica. Strada ancora in salita.
Si parla tanto di finanza climatica, di numeri, di cifre. Ma ogni dato ha un significato preciso, che non bisogna dimenticare in queste ore di negoziati cruciali alla Cop29 di Baku.
La nuova edizione del Climate change performance index constata pochi passi avanti, da troppi paesi, per abbandonare le fossili. Italia 43esima.
Uno studio della rete di esperti MedECC e dell’Unione per il Mediterraneo mostra quanto il bacino sia vulnerabile di fronte al riscaldamento globale.
Basta con i “teatrini”. Qua si fa l’azione per il clima, o si muore. Dalla Cop29 arriva un chiaro messaggio a mettere da parte le strategie e gli individualismi.
Per mitigare i cambiamenti climatici e adattarsi ai loro impatti servono fondi. Alla Cop29 i Paesi sono molto distanti su quanto e chi debba pagare.
Il governo del Regno Unito ha scelto la Cop29 di Baku per annunciare il suo prossimo piano di riduzione delle emissioni di gas serra.
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni, intervenendo alla Cop29 a Baku, ha ribadito il proprio approccio in materia di lotta ai cambiamenti climatici.