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A Lecco ha aperto un ostello della solidarietà per i senzatetto
Senza dimora, senzatetto, clochard, homeless. O anche barbùn, come li chiamava l’artista milanese Enzo Jannacci cantando le storie di strada. Sono le persone che non possono rispettare la richiesta delle istituzioni di stare a casa durante la pandemia da coronavirus perché non hanno una casa. Di notte chi può va nei dormitori o nei rifugi notturni per l’inverno. Ma finita la
Senza dimora, senzatetto, clochard, homeless. O anche barbùn, come li chiamava l’artista milanese Enzo Jannacci cantando le storie di strada. Sono le persone che non possono rispettare la richiesta delle istituzioni di stare a casa durante la pandemia da coronavirus perché non hanno una casa. Di notte chi può va nei dormitori o nei rifugi notturni per l’inverno. Ma finita la stagione fredda la maggior parte dei rifugi chiude e altrove non c’è posto per tutti. Di giorno, invece, vivono per strada. Tutto questo mentre c’è una pandemia in corso. “È un problema di tutti, non solo loro. Compito di tutti dev’essere trovare una soluzione”. A dirlo è Luciano Gualzetti, direttore di Caritas Ambrosiana che per far fronte a questa “emergenza nell’emergenza” ha aperto a Lecco, nel quartiere di Maggianico, l’Ostello della solidarietà.
A Lecco il dono della solidarietà ai senza dimora
Il 27 aprile l’Ostello della solidarietà ha trovato spazio nella cornice dell’ex convento delle suore di Maria Bambina e ha aperto le porte a dieci senza dimora, sei italiani e quattro stranieri. A regime la struttura potrà ospitarne 24, 18 uomini e 6 donne. In questi giorni sono stati accolti altri 3 ospiti che stanno facendo la quarantena prima di unirsi al gruppo.
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“Abbiamo fatto tutto quello che era in nostro potere per aprile l’ostello il prima possibile”, spiega Gualzetti. A fine marzo Caritas ha chiuso l’unico rifugio notturno per i senza dimora presente a Lecco che copre il periodo invernale a partire da novembre. “Oggi però serviva un’ulteriore soluzione, lo ha richiesto il sindaco vista la situazione di emergenza e abbiamo individuato questa possibilità nell’edificio di Maggianico”.
“All’Ostello non viene dato solo un riparo a chi si trova in una situazione di bisogno, legato alla pandemia ma soprattutto pregresso a quest’ultima. Chi sarà accolto accetterà di essere seguito e inserito in un percorso che speriamo possa essere loro d’aiuto per migliorare la propria condizione”, racconta Angela Missaglia, responsabile della struttura che ospita i senzatetto notte e giorno.
I volti e le storie dei senza dimora
Gli occhi parlano, e lo fanno a maggior ragione quando il resto del viso non può perché è nascosto dietro la mascherina. Lo sguardo di Cristian e Santino è quello di chi ha vissuto la strada e raccolto da essa il male ma anche il bene che strada ha da offrire. “In questi mesi in cui tutto era chiuso ci sono state persone che hanno aiutato me e altri come me”. Così si esprime Cristian indicando con la mano una via di cui non ricorda il nome ma dove avveniva qualcosa di speciale: “Un signore preparava la colazione, prima per una o due persone in più. Poi è arrivato a farla anche per dieci. E la calava nella via con un cesto e chi voleva poteva servirsi. Poi ha iniziato a farlo anche con la cena. Un matto – lo definisce – ma dal cuore grande. Tu ci andavi”? Cristian si riferisce a Santino, suo compagno di strada prima e ora di stanza all’Ostello della solidarietà. “No”, dice Santino, introverso dietro la sua mascherina ma anche nel vivere la strada.
“L’ostello è la risposta solidale di un’intera comunità al virus – spiega la responsabile del centro –. Di fronte a questa emergenza sanitaria, c’è il rischio che corriamo e di rinchiuderci in noi stessi e guardare con ancora maggiore diffidenza proprio i più poveri che sono anche quelli che hanno più bisogno di aiuto. In questo luogo non si guarda a ciò che è stato ma a quello che si vuole realizzare. Costruiamo insieme un progetto di vita”.
La forza dei volontari dell’Ostello
L’Ostello della solidarietà è stato concepito come un riparo dalle insidie della strada e dai pericoli di questo momento storico, ma non come un punto d’arrivo per gli ospiti, spiega il direttore di Caritas Ambrosiana: “Le persone che entrano dopo un colloquio dove si imposta un progetto per la loro vita fatto di tanti piccoli passi che portino a far diventare l’Ostello un luogo di ripartenza”.
Mascherina sul viso e due occhi che raccontano la sua voglia di mettersi al servizio del prossimo, anche e soprattutto durante questa pandemia, Mattia racconta che “in attesa, incrociamo del dita, di laurearmi a settembre, avevo voglia, sentivo la necessità di mettere a disposizione il mio tempo per fare del bene”.
Mattia ha iniziato a prestare servizio come volontario alla mensa dei poveri di Caritas Lecco. “Quando l’Ostello ha aperto, ho deciso di mettere a disposizione il mio tempo in un luogo che ha tanta umanità”.
Tutta la comunità aiuta i senza dimora
Non solo i volontari. È tutta la comunità e il territorio lecchesi, con i servizi sociali, a costruire una rete solidale emersa nell’ora più buia. “Questo Ostello è un nuovo segno dell’impegno per i più poveri, un segno che si è fatto concreto: sono 140 le famiglie che portano la cena agli ospiti della struttura. Al momento abbiamo le cene coperte fino a fine agosto”, conclude Missaglia.
“Ci siamo confrontati sia come amministrazione che in sede di ambito distrettuale notando che la tematica dei senza dimora necessitava una presa in carico ulteriore”, spiega l’assessore lecchese ai Servizi sociali, Riccardo Mariani. “Il passo successivo sarà rendere sistematico sul territorio provinciale e non solo quello cittadino, questo sistema perché molti soggetti in stato di bisogno gravitano su Lecco, ma provengono da territori vicini”. Una prima risposta sarà la Casa della carità che sempre Caritas Ambrosiana intende aprire tra un anno e che assorbirà le funzioni dell’Ostello garantendo servizi a chi vive la strada ma anche ai margini della società, tutti in un luogo unico.
#Homeless in #fase2 pic.twitter.com/5b4uqRPQO2
— Scarp de’ tenis (@scarpdetenis) May 14, 2020
Senza dimora: se ne occupa solo il privato sociale?
Le associazioni che come Caritas non hanno mai smesso di aiutare chi non ha un alloggio stabile o vive per strada, come Avvocato di strada, avvertono che la situazione è destinata a peggiorare nonostante la fine del lockdown. Lavapiatti, venditori di rose, lavoratori a ore e non solo: centinaia di persone senza accesso alla cassa integrazione perché sotto contratto di lavoro irregolare o inesistente. In Italia, l’associazione Avvocato di Strada, stima attualmente che ci siano tra le 49mila e le 52mila persone senza fissa dimora.
Esse sono state e continuano ad essere particolarmente esposte alla pandemia Covid-19: vivono sulla strada o in alloggi precari e sovraffollati dove le misure di distanziamento sociale sono impossibili. Non solo, presentano spesso un’età superiore ai cinquant’anni e più patologie croniche concomitanti, hanno difficoltà di accesso ai servizi sanitari e spesso non hanno accesso regolare ai servizi igienici più essenziali.
Tra i senzatetto vi sono poi gruppi che, per differenti ragioni, possono essere considerati “vulnerabili tra i vulnerabili”. Nella gran parte dei casi però, per tutelare questi soggetti, ci si affida all’iniziativa di associazioni e organizzazioni del privato sociale più che a strategie globali dei sistemi sanitari regionali.
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