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Ogni giorno, l’anno scorso, 2,5 miliardi di dollari in più entravano nelle tasche degli ultra ricchi, mentre 500 milioni uscivano da quelle dei più poveri. La denuncia arriva da Oxfam, mentre a Davos è in corso il World Economic Forum.
“Qualcosa non funziona nella nostra economia”. Sono le parole con cui Oxfam, la ong che combatte la povertà in Italia e nel mondo, si rivolge ai grandi del mondo riuniti al World Economic Forum di Davos. “Chi si trova all’apice della piramide distributiva continua a godere in maniera sproporzionata dei benefici della crescita economica, mentre centinaia di migliaia di persone vivono in condizioni di estrema povertà”.
+ 2,5 miliardi di $ al giorno per i Paperoni l’anno scorso,mentre la ricchezza della metà più povera del pianeta si è ridotta dell’11%. A 26 ultramiliardari l’equivalente #ricchezza della metà più #povera del mondo
Nuovo rapporto #Oxfam https://t.co/nT9qcEUltT#fightinequality pic.twitter.com/ht8dshOx4e— Oxfam Italia (@OxfamItalia) 21 gennaio 2019
Sono passati esattamente dieci anni dalla crisi finanziaria globale, che ha scoperchiato il vaso di Pandora mostrando tutti i limiti di un modello di sviluppo che fino a quel momento sembrava infallibile. Famiglie e imprese hanno pagato sulla loro pelle le conseguenze, inasprite (soprattutto in Europa) dalle politiche di austerità imposte dai governi.
Eppure, c’è qualcuno che sembra magicamente immune alle traversie economiche dell’ultimo decennio. Come sottolinea il nuovo studio pubblicato da Oxfam, a partire dallo scoppio della crisi il numero dei miliardari nel mondo è quasi raddoppiato (tra il 2017 e il 2018 ce n’è stato uno nuovo ogni due giorni). Soltanto nell’ultimo anno, nelle loro tasche sono finiti 900 miliardi di dollari in più, 2,5 miliardi al giorno.
Se dividiamo la popolazione mondiale esattamente a metà, propone Oxfam, otteniamo due gruppi di 3,8 miliardi di persone ciascuno. Ebbene, quello più povero ha visto volatilizzare addirittura l’11 per cento della propria ricchezza nell’arco degli ultimi dodici mesi. Se sommiamo la ricchezza dei 26 individui più ricchi al mondo (l’anno scorso erano 43) arriviamo a pareggiare quella del 50 per cento più sfortunato dell’umanità.
Probabilmente è difficile immaginare una simile quantità di denaro nelle mani di così pochi individui, quindi il report ne cita uno, Jeff Bezos, il proprietario di Amazon. L’1 per cento del suo patrimonio (che in tutto arriva a 112 miliardi di dollari) basterebbe a coprire quasi per intero il budget sanitario dell’Etiopia, un Paese con 105 milioni di abitanti.
Facendo un esercizio di stile, qualcuno potrebbe pensare che dopotutto le disuguaglianze non siano così gravi: d’altronde i miliardari pagano le tasse, che servono per finanziare i servizi di cui beneficiamo tutti. Questo principio apparentemente cristallino, però, non è applicato a dovere, perché (scrive Oxfam) “la ricchezza è particolarmente sottotassata”.
Qualche esempio? Nei paesi ricchi la più alta aliquota di imposta sul reddito delle persone fisiche (la nostra Irpef) è scesa in media dal 62 per cento del 1970 al 38 per cento del 2013, mentre nei paesi in via di sviluppo si ferma mediamente al 28 per cento. In Brasile e Regno Unito si arriva al paradosso: se calcoliamo le imposte non in valore assoluto ma in proporzione al reddito, scopriamo che il 10 per cento più povero della popolazione è svantaggiato rispetto al 10 per cento più ricco. Per non parlare dei 7.600 miliardi di dollari che, secondo le stime, i Paperoni nascondono al fisco.
Da qui, una proposta: se i governi alzassero appena dello 0,5 per cento le imposte sul reddito dell’1 per cento più privilegiato, otterrebbero le risorse sufficienti a salvare la vita a 3,3 milioni di persone, oppure a mandare a scuola 262 milioni di bambini.
Leggi anche: Perché la lotta ai paradisi fiscali è una questione di civiltà
Le disuguaglianze economiche, sottolinea Oxfam, sono anche disuguaglianze nel tessuto sociale. A livello globale, la ricchezza in mano agli uomini è più alta del 50 per cento rispetto a quella detenuta dalle donne. Se spesso le donne non possono studiare e lavorare è perché si fanno carico (non retribuite) della cura di anziani, bambini e malati. Se da un giorno all’altro incrociassero le braccia e appaltassero tutto questo lavoro a una sola impresa, quest’ultima avrebbe un volume d’affari pari a 43 volte quello di Apple.
Nella maggior parte dei paesi del mondo, sottolinea Oxfam, le risorse monetarie sono “il passaporto per una salute migliore e una vita più lunga”. Questo è valido tanto nei paesi in via di sviluppo come il Nepal, dove per una famiglia povera triplicano le possibilità di perdere un figlio prima dei cinque anni di età, sia nelle economie avanzate. Nelle aree più benestanti di San Paolo, in Brasile, l’aspettativa di vita è di 79 anni: esattamente venticinque in più rispetto a quella che si riscontra nei quartieri più degradati.
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