Per mitigare i cambiamenti climatici e adattarsi ai loro impatti servono fondi. Alla Cop29 i Paesi sono molto distanti su quanto e chi debba pagare.
Da Venezia ad Aquileia, decine di patrimoni Unesco sono messi a repentaglio dal riscaldamento globale
49 patrimoni culturali e artistici riconosciuti dall’Unesco rischiano inondazioni e gravissimi danni entro il 2100, per l’innalzamento del livello del mare.
La città di Venezia travolta da un’alluvione eccezionale, così come l’area archeologica di Aquileia e quella di Ferrara. Sembra la trama di un film catastrofico, ma purtroppo la fonte è ben più seria e attendibile: è la previsione di uno studio scientifico pubblicato dalla rivista Nature Communications, che elenca i patrimoni dell’umanità Unesco che entro la fine di questo secolo rischiano di essere gravemente danneggiati – o addirittura distrutti – dai cambiamenti climatici.
Uno studio sui siti artistici e culturali a rischio
L’Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn) aveva già lanciato l’allarme: il 7 per cento dei siti naturali classificati come patrimonio Unesco è già in condizioni critiche e, andando avanti nel tempo, il 25% del totale potrebbe scomparire.
Questa nuova ricerca però è diversa perché si focalizza sui luoghi di interesse artistico e culturale. Per la precisione, spiega Science Daily, gli studiosi hanno preso in considerazione una serie di patrimoni Unesco che si trovano nell’area costiera del Mediterraneo. Per ciascuno di essi hanno preso nota di una serie di parametri: la zona, la conformazione fisica, la tipologia di insediamento, la distanza dalla costa, la collocazione in contesti urbani o rurali.
Leggi anche: Come vengono scelti i patrimoni dell’umanità dall’Unesco
Dopodiché, hanno valutato i possibili effetti dell’innalzamento del livello del mare, mettendo a punto quattro diversi scenari per la fine di questo secolo. Quello più ottimista ipotizza che si riesca a contenere la crescita delle temperature globali entro i due gradi centigradi rispetto ai livelli pre-industriali; il che sarebbe già un risultato, visto che secondo lo Special Report 15 dell’Ipcc (Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico) potremmo sfondare la barriera degli 1,5 gradi già fra il 2030 e il 2052. Nella peggiore delle ipotesi prese al vaglio, le temperature aumenteranno di 3 o addirittura 4 gradi centigradi entro il 2100.
Incrociando queste due dimensioni (cambiamenti climatici e caratteristiche dei luoghi), i ricercatori sono stati in grado di stimare, per ciascuno dei siti Unesco, le conseguenze di due fenomeni: le alluvioni e l’erosione delle coste.
Decine di patrimoni Unesco potrebbero restare sommersi
Sui 49 siti archeologici e culturali presi in esame, già oggi 37 sono a rischio di un’alluvione “secolare”, cioè di un’intensità che ha l’1 per cento di probabilità di verificarsi ogni anno. 42 su 49, invece, potrebbero patire le conseguenze dell’erosione delle coste. Se i livelli del Mediterraneo si alzassero di 1,46 metri entro il 2100, il primo di questi rischi aumenterebbe del 50 per cento e il secondo del 13 per cento. Tale scenario al momento è stimato con una probabilità del 5% ma – avverte il professor Vafeidis, uno degli autori dello studio – non è da escludere, tanto più perché ci sono ancora forti incertezze sul processo di fusione dei ghiacciai.
È decisamente impressionante leggere, uno dopo l’altro, i nomi delle meraviglie storiche e artistiche che potrebbero pagare le conseguenze degli sconvolgimenti del clima.
Rischia di essere sommersa dalle alluvioni innanzitutto Venezia, con le isole della laguna. E poi Ferrara, una della città-simbolo del Rinascimento, insieme alla zona del Delta del Po; ma anche Aquileia con i suoi mosaici. Al di fuori dei confini italiani, sono fortemente a rischio la medina di Susa, in Tunisia, il sito archeologico di Sabratha in Libia e Dubrovnik, il gioiello della Croazia.
L’erosione costiera minaccia parecchie perle del nostro Paese: da nord, con le Cinque Terre e Portovenere, a sud, con la costiera amalfitana e Paestum, senza risparmiare il golfo di Noto e Siracusa, in Sicilia. Questa minaccia pesa ancora di più sull’Heraion di Samo e sugli scavi di Efeso, in Turchia.
Ma qual è la soluzione, secondo gli scienziati? La prima è quella di fare di tutto per proteggere questi luoghi inestimabili: le catastrofi legate al clima saranno sempre più la norma, e questo impone di mettere in campo adeguate misure di adattamento. La seconda strada proposta è quella delle strategie di mitigazione, che vanno adottate a livello globale e in modo rigoroso.
Foto in apertura © Nicolò di Giovanni / Unsplash
Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Il governo del Regno Unito ha scelto la Cop29 di Baku per annunciare il suo prossimo piano di riduzione delle emissioni di gas serra.
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni, intervenendo alla Cop29 a Baku, ha ribadito il proprio approccio in materia di lotta ai cambiamenti climatici.
La giornata inaugurale della Cop29 segna un passo avanti sul mercato internazionale dei carbon credits. Ma senza un reale dibattito.
Durante la cerimonia di apertura della Cop29 il segretario generale delle Nazioni Unite ha lanciato un nuovo accorato appello affinché si agisca sul clima.
L’11 novembre 2024 a Baku, in Azerbaigian, prende il via la ventinovesima Conferenza delle parti sul clima (Cop29). La finanza sarà il tema centrale.
Macron, Biden, Modi, Lula, Scholz e von der Leyen sono solo alcuni dei leader globali che non partecipano alla Cop29 di Baku.
La Cop29 si svolge in Azerbaigian, un paese fortemente dipendente dall’export di gas e petrolio, sempre più corteggiato dall’Europa che vuole sostituire le forniture russe.
Rinnovabili, petrolio, gas, Accordo di Parigi. Cosa cambierà nella battaglia sul clima con Donald Trump presidente.