L’ultimo bilancio di sostenibilità di Gruppo CAP, Sorgente di connessioni, ricorda l’importanza di fare rete per rendere concreta la transizione ecologica.
Quanto costa, in media, l’acqua del rubinetto in Italia
Rispetto ai cittadini degli altri paesi europei, gli italiani pagano pochissimo per l’acqua che consumano. Ciò aiuta le nostre tasche ma genera problemi.
Le tariffe dell’acqua, in Italia, risultano tra le più basse del continente europeo. Il prezzo al metro cubo, infatti, in alcuni casi non è neppure paragonabile rispetto a quelli di numerosi paesi membri dell’Unione europea. A confermarlo sono gli ultimi dati elaborati dall’International statistics for water services (Isws), che sono stati presentati nel corso della mostra-convegno Watec Italy 2017, organizzata a Palermo alla fine dello scorso mese di giugno.
Il costo dell’acqua a Milano è 10 volte inferiore rispetto a Copenaghen
I dati dell’Isws, espressi in dollari, risultano ovunque particolarmente contenuti. Si va dai 79 centesimi di dollaro al metro cubo pagati a Milano agli 1,94 dollari di Torino. Nel mezzo, città come Napoli (1,48) e Roma (1,62). Tutti valori che appaiono decisamente lontani da quelli delle altre grandi città europee: a Oslo, ad esempio, il costo risulta pari a 4,57 dollari. Ancora più alti i dati di Bruxelles, dove si raggiungono i 5,12 dollari, o Zurigo (5,96), mentre ad Amsterdam e Copenaghen si devono sborsare rispettivamente 7 e più di 8 dollari.
Nel corso del convegno siciliano è stato inoltre sottolineato il fatto che l’economicità italiana risulta ancor più evidente se si tiene conto del prodotto interno lordo (pil). Quest’ultimo, infatti, in una città come Bologna è pari a 29.600 dollari per abitante, mentre a Bordeaux, in Francia, è di 35.700 dollari: uno scarto di circa il 20 per cento. Ciò nonostante, il prezzo del metro cubo di acqua nel capoluogo emiliano è quasi tre volte più basso rispetto a quello della città transalpina: 1,71 contro 4,80 dollari. I dati risultano d’altra parte in linea con quelli che sono stati pubblicati nel 2015 dal decimo Barometro dei prezzi dei servizi idrici in Europa, redatto da Nus Consulting. Secondo il rapporto, in Italia il prezzo medio per un metro cubo di acqua è pari a 1,35 euro, contro un valore europeo di 4,05 euro (1 dollaro vale circa 0,90 centesimi di euro).
L’acqua è un bene primario, ma anche una risorsa preziosa da non sprecare
Pensando unicamente alle nostre tasche, tali numeri potrebbero essere interpretati come buona notizia. Ma la questione è in realtà ben più complessa, principalmente per via della tipologia di “merce” di cui stiamo parlando. L’acqua è infatti certamente un bene di prima necessità e per questo deve risultare accessibile a tutti. Un prezzo troppo basso, però, può risultare controproducente e perfino rischioso: i cittadini potrebbero essere spinti a non comprendere fino in fondo quanto sia preziosa tale risorsa, la cui presenza nel mondo si fa sempre più rara.
“Le tariffe in Italia – ha spiegato Rosario Mazzola, docente di ingegneria idraulica presso l’università di Palermo, secondo quanto riportato dall’Ansa – sono cresciute progressivamente ma lentamente nell’arco degli ultimi anni. Guardando la bolletta, le percentuali dei rincari sembrano astronomiche, ma in realtà in valore assoluto sono decisamente modeste”. “La nostra associazione – sottolinea Giorgio Zampetti, responsabile scientifico di Legambiente – denuncia da tempo il fatto che il prezzo risulta troppo basso nel nostro paese. E le storture non si limitano ai servizi per le abitazioni: basti pensare a cosa accade nel settore dell’agricoltura, nel quale in molti casi gli non si pagano i consumi effettivi ma una quota forfettaria per ciò che viene estratto dai canali d’irrigazione”.
Il nodo dell’ammodernamento delle infrastrutture
Ma non è tutto: la mancanza di introiti adeguati per le aziende che gestiscono i servizi idrici rischia anche di limitare i fondi che servono per garantire i lavori di manutenzione e ammodernamento delle infrastrutture. Si tratta di un problema che emerge in tutta la sua gravità soprattutto in alcune realtà del paese: è il caso del Lazio, sul cui territorio la fatiscenza di acquedotti e condotte fa sì che circa il 40 per cento dell’acqua si perda nella rete prima di raggiungere i rubinetti delle abitazioni. “Le reti presentano un elevato grado di vetustà, tanto che il 60 per cento delle infrastrutture è operativo da oltre 30 anni (percentuale che sale al 70 per cento nei grandi centri urbani); il 25 per cento di queste supera i 50 anni (arrivando al 40 per cento nei grandi centri urbani)”, ha sottolineato il Blue Book 2017, promosso da Utilitalia (l’associazione delle imprese di acqua ambiente e energia).
“Il problema principale – ha confermato Mazzola – restano gli investimenti: un esempio virtuoso proviene dalla Germania, dove le tariffe consentono un costante rinnovamento degli impianti e delle strutture. In Italia alcune zone sono ormai a regime: al Nord si stanno ottenendo buoni risultati, ma al Sud non c’è capacità di investire a fronte di elevati costi gestionali”. “È chiaro però – aggiunge Zampetti – che per ammodernare tutte le infrastrutture a livello nazionale servirebbero capitali ingentissimi e, benché una parte del costo vada senz’altro internalizzata, non si può immaginare che esso venga scaricato interamente nella bolletta. Bisogna trovare un equilibrio: un prezzo equo e ragionevole, che possa tutelare le fasce più deboli della popolazione, magari immaginando una quota di consumi iniziali gratuita. Ma che consenta al contempo di far comprendere quanto sia prezioso il bene, evitando gli sprechi e introducendo magari un meccanismo di solidarietà. In alcune zone del paese, infatti, far arrivare l’acqua è particolarmente costoso e complicato: non possiamo per questo chiedere agli abitanti di un paesino di montagna di pagare costi esorbitanti. Anche in questo senso, è chiaro che il sistema attuale va rivisto”.
Già nel 2014, d’altra parte, il Censis aveva sottolineato il fatto che in Italia ogni famiglia spende in media solo 85 centesimi di euro al giorno per ottenere tutta l’acqua di cui ha bisogno. Una famiglia di tre persone, con un consumo annuo di 180 metri cubi, deve pagare perciò 307 euro all’anno, 25,6 euro al mese: l’equivalente del costo di una tazzina di caffè al bar al giorno. Si tratta dello 0,9 per cento della spesa media mensile di una famiglia: per lo stesso servizio, in Spagna si spendono 330 euro all’anno, in Francia 700 euro, in Austria, Germania e Regno Unito 770. Inoltre, prosegue l’istituto di ricerca, “dei 307 euro italiani, solo 143 euro riguardano il servizio di acquedotto. Il resto serve per pagare fognature e depurazione. Quindi, per avere acqua potabile in casa, una famiglia italiana spende circa 40 centesimi al giorno”.
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