Cooperazione internazionale

I profughi? Non chiamateli migranti, né “flüchtlingen”: meglio “refugees”

La crisi dei profughi siriani che fuggono dalla guerra ha scatenato anche un dibattito semantico in Europa. Utile a comprendere chi abbiamo di fronte.

La scelta di utilizzare un termine specifico per indicare le persone, principalmente di nazionalità siriana, che ormai da settimane premono ai confini orientali dell’Europa, può cambiare in modo sostanziale il significato di una frase. Così, mentre l’emergenza non accenna ad attenuarsi, nel Vecchio Continente la questione semantica interroga politici, giornalisti, associazioni e cittadini.

 

Rifugiati1

 

Di recente, il quotidiano francese Le Monde ha dedicato più di un articolo alla questione. Partendo da una constatazione: “È la stessa mutazione dei fenomeni migratori – scrive il giornale – ad imporre un cambiamento nel nostro vocabolario”. In Germania, ad esempio, le due espressioni più utilizzate sono “flüchtlinge” e “asylbewerber”, ovvero “rifugiati” e “richiedenti asilo”. Parole che hanno soppiantato l’uso di “einwanderer” (“immigrato”) e di “gastarbeiter” (letteralmente, “lavoratore invitato”). Anche in questo caso, il dizionario ha seguito la storia: “gastarbeiter” indicava gli uomini provenienti dalla Turchia nei decenni successivi alla seconda guerra mondiale. Il problema lessicale nacque quando queste persone si stabilirono definitivamente in Germania, il che portò al (discusso) “migrationshintergrund”, ovvero “portato dell’immigrazione” (traducendo ancora una volta letteralmente).

 

Nel Regno Unito, invece, la parola “migrant” è stata considerata a lungo la più neutra. Negli ultimi anni, però, anch’essa ha assunto una connotazione piuttosto negativa. Non a caso, essa è finita nel mirino dell’emittente televisiva qatariota Al-Jazeera, che ne ha annunciato la messa al bando, rimpiazzandola con “rifugiato”. Un esempio seguito anche dalla popolare giornalista inglese Lindsey Hilsum, di Channel 4.

 

Rifugiati confine ungheria

 

In Italia, il termine “migrante” è utilizzato spesso. Ed è un bene, perché ha rimpiazzato le parole “clandestino” e “extracomunitario”, fino a a poco tempo fa utilizzate molto di frequente. Sempre più spesso si sente inoltre parlare di “profughi” e di “rifugiati”, ma non tutti i migranti sono tali. I profughi sono infatti coloro che abbandonano la loro terra a causa di guerre, catastrofi, persecuzioni politiche. In alcuni casi, essi hanno diritto a chiedere asilo (ad esempio coloro che fuggono da una dittatura), e possono diventare, appunto, “richiedenti asilo”. Successivamente, quando la loro domanda viene accolta, essi assumono lo status di “rifugiati”.

 

E non è finita: ciò rischia di lasciar fuori la categoria dei cosiddetti “migranti economici”, ovvero coloro che non fuggono da inondazioni o conflitti, ma semplicemente dalla povertà. Persone che ambiscono ad una vita più dignitosa. A prescindere dal vocabolario.

 

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