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Il “miracolo” del Refettorio ambrosiano alla Centrale dell’acqua di Milano
Grandi chef al servizio dei senzatetto: un “miracolo” accaduto al Refettorio ambrosiano, raccontato in una pellicola proiettata alla Centrale dell’acqua di Milano.
All’interno della storica Centrale dell’acqua di Milano in piazza Diocleziano, un luogo oggi dedicato a presentazioni ed eventi, venerdì 18 ottobre, è stato mostrato un documentario che racconta di un luogo che ha ospitato un esperimento sociale che ha unito due mondi differenti come l’alta cucina con i migliori chef e i senzatetto di Milano: il Refettorio ambrosiano.
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La serata era inserita nella programmazione di “Celluloide”, una serie di proiezioni che continueranno fino a dicembre in questo luogo unico, un “museo d’impresa”, uno spazio rinnovato dedicato all’acqua, alla sua gestione, ai suoi valori. Questo spazio del Comune, affidato a MM – Metropolitana Milanese che gestisce il Servizio idrico integrato cittadino, è una delle più antiche centrali di pompaggio dell’acquedotto milanese. La Centrale oggi, grazie ad un restauro conservativo, ospita una prima parte che introduce gli ospiti agli spazi: un luogo transitorio tra la dimensione solida – l’architettura del luogo – e quella liquida – il salone centrale con l’area pompe. La seconda è dedicata agli incontri, ad eventi culturali, alle mostre e alle proiezioni.
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Refettorio ambrosiano, un miracolo a Milano
La pellicola indipendente del 2017 del regista Peter Svatek – “Il Refettorio: un miracolo a Milano”, parla attraverso le immagini del sogno dello chef di Osteria Francescana Massimo Bottura, che diventa realtà durante Expo 2015. Bottura ha invitato 60 suoi colleghi ad unirsi a lui e trasformare il cibo che dalla grande esposizione universale di Milano era destinato ai cassonetti, in piatti nutrienti e deliziosi, serviti all’interno di un luogo decorato dai migliori artisti e artigiani. I piatti del Refettorio sono serviti ai senza tetto assistiti da Caritas ambrosiana.
“Abbiamo creato un luogo bello nella periferia di Greco a Milano. Uno spazio dove la gente si sente bene attraverso la bellezza e dove si ricostruisce la dignità delle persone: io penso che entrare in una porta come quella disegnata per noi da Mimmo Palladino o sedersi sotto gli affreschi di Cucchi, sia una cosa meravigliosa. Milano è stata l’esempio. Ha messo la prima pietra e da lì tutto il modo creativo e sensibile, che crede nell’ospitalità e nella condivisione, mentre tutti chiudono le porte, noi le apriamo e facciamo entrare tutti. E questo secondo me è il nostro messaggio più forte”. Queste sono le parole di Bottura nel documentario.
“Basta scuse”, non sprecare ci salverà la vita
“Basta scuse” è la frase incisa su una delle facciate del Refettorio. Basta sprechi. È allora dal cibo povero, dagli scarti che arriva un messaggio vero di libertà. “La stessa libertà,” crede Massimo Bottura, “che trasmettono gli ospiti del refettorio quando vengono accolti in un posto bello, in cui sentirsi a casa, da cui ripartire”. Nella straordinaria cucina del Refettorio ambrosiano sono passati alcuni dei migliori chef del mondo: da Ferran Adria, a Rene Redzepi, da Alain Ducasse, fino a Daniel Humm e molti altri.
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Uno degli ospiti della serata della Centrale dell’acqua è stato Franco Aliberti, chef de I tre Cristi. “Non sprecare non è un comportamento cool, ci salverà la vita. Come mangiamo e quello che mangiamo determina ciò che siamo, come persone e come genere umano. Bisogna fare un passo indietro e ripensare cosa mettiamo nel piatto”. Un tratto etico prima ancora che estetico quello della cucina di Aliberti che utilizza materie prime, sfruttando ogni parte commestibile di frutta e verdura, gli ingredienti poveri e meno nobili. Se il ristorante dello chef ha un’impronta gourmet decisamente attenta alla sostenibilità ambientale, la provocazione e la sfida che Franco Aliberti lancia è diretta a ogni persona: “I più grandi produttori di scarti alimentari non sono le grandi catene di distribuzione o i ristoranti: siamo tutti noi che facciamo terminare nei nostri piatti molto meno di quello che compriamo. Partiamo da questa sfida per salvaguardare il nostro pianeta”.
Un’esperienza che non si ferma con Expo
Alla serata era presente anche Andrea Fanzago, responsabile povertà alimentare di Caritas ambrosiana, che ha spiegato come l’esperienza del Refettorio non si sia fermata nel 2015, anzi. “Il refettorio rielabora e recupera gli scarti alimentari di imprese, grande distribuzione e anche dell’Ortomercato. A tavola tutte le sere siedono circa 100 ospiti scelti fra gli utenti dei servizi della Caritas ambrosiana”, ha detto Fanzago, “senza fissa dimora, anziani, persone con vari tipi di disagio, migranti e rifugiati: in totale sono oltre 1.000 le persone che hanno avuto la possibilità di cenare in questo spazio per un periodo di alcuni mesi nell’ambito di un programma di reinserimento sociale”.
Questo progetto, un “miracolo” come lo definisce il documentario, ha dovuto sfidare per nascere le ire di alcuni abitanti del quartiere. “Nello spazio abbandonato dell’ex teatro San Martino, in un ‘quartiere-dormitorio’ com’è stato per tanti anni, anche dopo la chiusura delle grandi fabbriche della zona di Greco, abbiamo messo il design al servizio dell’accoglienza, realizzando un progetto che mette al centro la cultura della condivisione”, ha detto Davide Rampello, ex presidente della Fondazione Triennale di Milano. “Qui ci si alimenta in modo fisico, ma anche spirituale e culturale”.
Al Refettorio infatti da quattro anni, oltre alla mensa dei poveri ci sono ogni settimana iniziative culturali e artistiche aperte a tutta la città, perché in questo luogo si costruiscono e si tengono assieme tutte le differenze della città di Milano senza relegare in un ghetto chi è in difficoltà. “Questi quattro anni di solidarietà e accoglienza”, conclude Fanzago, “sono stati possibili grazie al contributo di oltre novanta volontari che per cinque giorni la settimana rendono possibile il servizio mensa e organizzano le numerose attività culturali”.
Così, con l’accoglienza, la dignità del cibo, la bellezza degli spazi e la cultura si spezza il legame tra la povertà e la solitudine.
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