La finanza ha la fondamentale responsabilità di traghettare i capitali verso la transizione energetica. Se ne è discusso al Salone del Risparmio 2022.
Per ogni euro speso per il territorio e le foreste, ne guadagniamo almeno 7
Risanare il territorio e le foreste significa (anche) far crescere l’economia globale. Trovare le risorse non è facile, ma ci sono cinque strade da seguire.
Risanare il territorio e salvare le foreste è un toccasana per la salute del pianeta, questo è fuori discussione. Ma c’è un altro aspetto che quasi mai si mette in luce: è anche un affare, nel senso economico del termine. Una ricerca accademica, riportata dal World Resources Institute, arriva a fare un calcolo del rapporto tra costi e rendimenti, e le conclusioni sono sorprendenti: per ogni dollaro che si investe nel recupero di un terreno o di una foresta, se ne generano dai 7 ai 30 in benefici economici. Benefici come, ad esempio, lo stoccaggio delle emissioni di CO2, l’aumento della produzione alimentare, la migliore qualità dell’acqua. Per contro, ogni anno la deforestazione e il degrado del suolo ci costano 6.300 miliardi di dollari in servizi dell’ecosistema persi: stiamo parlando dell’8,3 per cento del pil mondiale che va letteralmente in fumo.
Se salvare le foreste e il suolo è un’attività così redditizia, vale la pena di investirci dei capitali. E di farlo in fretta, e in maniera strutturale. La Sfida di Bonn, lanciata nel 2011, si pone l’obiettivo di risanare 350 milioni di ettari di territorio e foreste entro il 2030.
39 stati hanno espresso formalmente il loro impegno e ogni anno se ne aggiungono di nuovi alla lista. Solo se riusciranno ad attirare finanziamenti potranno trasformare in realtà queste dichiarazioni di intenti. Ma come fare? Su questi temi si concentra il nuovo report del World Resources Institute, intitolato Roots of Prosperity (in italiano, Le radici della prosperità), che interpella in prima persona i governi e suggerisce loro di intervenire su cinque diversi fronti.
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Monetizzare i risultati ambientali e sociali
Il primo passo è quello di tradurre i risultati ambientali e sociali in cifre, in voci di bilancio. Una possibilità, ultimamente è molto dibattuta, è quella di ricorrere a un sistema di carbon pricing, usando i suoi proventi per la lotta ai cambiamenti climatici, per salvare le foreste e per bonificare il suolo.
Indirizzare correttamente gli incentivi pubblici
Gli incentivi pubblici devono fare sì che salvare le foreste e il suolo sia più conveniente che distruggerli. In Costa Rica ad esempio il governo ha imposto una tassa sui combustibili fossili i cui proventi sono reinvestiti nella riforestazione e nella salvaguardia del suolo. I risultati? La superficie forestale è cresciuta dal 29 per cento del 1991 al 54 per cento del 2015 e l’ecoturismo oggi vale il 5,8 per cento del pil.
RELEASE: WRI Report: Governments can unlock billions in finance to restore lands and livelihoods https://t.co/dRwucERhrh @GlobalLF #GLF2017 #thinklandscape @AndrewSteerWRI @NaokoIshiiGEF @FelipeCalderon @SofiaFaruqi @theGEF pic.twitter.com/sIMzEguD4Y
— World Resources Inst (@WorldResources) 19 dicembre 2017
Fornire garanzie agli investitori
Se i capitali privati non si indirizzano spontaneamente verso le attività per il recupero del suolo e delle foreste, è perché si tratta di un’area abbastanza nuova, che agli investitori può apparire rischiosa. Il compito dello stato, a questo punto, è quello di abbassare questi rischi, ad esempio attraverso incentivi fiscali o meccanismi di garanzia. Come fa l’Agenzia multilaterale di garanzia degli investimenti della Banca Mondiale, che ha fornito un’assicurazione contro i rischi politici a EcoPlanet Bamboo, impegnata a convertire i terreni degradati del Nicaragua in coltivazioni di bambù certificate.
Non chiudere i progetti nei confini di un solo ente
In diversi paesi il compito di salvaguardare e recuperare il suolo e le foreste è relegato al ministero dell’Ambiente, che spesso ha un budget risicato. Ma, se l’impatto è così vasto e tangibile, vale la pena di fare un salto di qualità. In Etiopia ad esempio tutte le agenzie governative di rilievo sono coinvolte nella strategia Crge (Climate Resilient Green Economy), che comprende anche progetti per il recupero del suolo. Lo stato africano, nell’ambito della Sfida di Bonn, si è impegnato a risanare 15 milioni di ettari di suolo entro il 2020; ed è stato il più ambizioso tra i membri dell’iniziativa Afr100, che vuole risanare 100 milioni di ettari in Africa entro il 2030.
Produrre dati e analisi economiche
Quando si parla di investimenti, infine, servono i numeri. Servono modelli di analisi che permettano agli investitori di fare valutazioni puramente economiche sull’impatto (a breve, medio e lungo termine) delle singole iniziative a cui sono chiamati a contribuire. Solo così possono stabilire, dati alla mano, quali sono i progetti specifici su cui investire il loro denaro.
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