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Ogni tassello è un oggetto di plastica. Le foto mosaico di Chris Jordan mostrano la grandezza del nostro impatto sul mondo
Il fotografo Chris Jordan ci fa visualizzare le conseguenze delle nostre azioni sul Pianeta. Le foto di Running the numbers ci fanno capire che, come un tassello di un mosaico, ognuno di noi ha il proprio ruolo nel quadro più grande.
Ogni giorno ci troviamo di fronte a numeri. Una sequenza infinita di cifre che rappresentano e definiscono tutti gli ingranaggi della nostra vita e del mondo che ci circonda. Contiamo in migliaia, milioni, miliardi, e ora anche milioni di miliardi. Sono cifre che dovrebbero raccontarci dei fenomeni di massa su scala globale, degli stili di vita che abbiamo adottato, dei nostri consumi, ma che alla non ci parlano davvero. Quando leggiamo che 8 milioni di tonnellate di plastica finiscono ogni anno nei nostri oceani o che 50 miliardi di bottiglie di plastica vengono usate ogni anno solo negli Stati Uniti, abbiamo effettivamente idea di quanto siano? La nostra mente è in grado di visualizzare una quantità del genere?
Trovare un significato nei fenomeni globali di massa può essere difficile perché sono invisibili, e sparsi nel mondo in milioni di posti separati.Chris Jordan
Running the numbers, i numeri dei consumi di massa
I quesiti su come la mente umana percepisce i grandi numeri che descrivono le grandi questioni attuali racchiudono il punto di partenza del progetto Running the numbers del fotografo e ambientalista americano Chris Jordan. L’obiettivo è quello di raccontare la gravità dei problemi su scala globale che oggi il mondo si trova ad affrontare, ma cercando di allontanare quel “linguaggio anestetizzante e sterile” della statistica. Perché, come afferma Jordan, se non capiamo queste cifre non percepiamo il problema e, semplicemente, ci distacchiamo non sentendolo come nostro o addirittura reale. Per farlo, Jordan parte sì dai numeri, ma li fonde con la fotografia, e con l’arte.
Il risultato è un insieme di immagini create unendo, accostando e sovrapponendo tantissime altre foto, come un mosaico. Ci ritroviamo così davanti a una serie di immagini strutturate su due livelli: opere d’arte classiche di grandi artisti che, se viste da vicino, non sono altro che un mosaico dell’irrazionale uso e consumo che facciamo degli oggetti. Nel 2006 il progetto è iniziato con un focus su follia consumistica della società americana: dal numero di auto, medicinali, sigarette comprate fino agli alberi tagliati per la carta. Negli anni, poi, l’attenzione del fotografo si è spostata sulle conseguenze che le nostre azioni hanno sul Pianeta, arrivando a focalizzarsi su uno dei temi più pressanti del nostro tempo: quello della plastica.
Mosaici di plastica
Ogni quadro racchiude un elemento, un oggetto simbolo della nostra cultura che, replicato centinaia di volte, dà vita a un’opera d’arte che ci racconta una specifica quantità di qualcosa. C’è la Venere di Botticelli composta da 240mila sacchetti di plastica, il numero di quelli usati ogni dieci secondi in tutto il mondo; La Grande onda dell’artista giapponese Hokusai creata con 2,4 milioni di pezzetti di plastica (tutti raccolti dall’oceano Pacifico) che equivalgono alle libbre di plastica che ogni ora finiscono nei mari di tutto il mondo; fino a Una domenica pomeriggio del francese Seurat, composta da 400mila tappi di plastica, il numero di bottiglie di plastica consumate ogni ora negli Stati Uniti.
Ogni immagine, poi, racchiude un legame tra il “pixel”, ovvero l’oggetto piccolo, e il quadro nel suo insieme. Ad esempio, nella Notte stellata di Van Gogh gli iconici vortici nel cielo corrispondono incredibilmente alla mappa delle correnti dell’oceano Pacifico, “come se Van Gogh fosse già a conoscenza dell’isola di plastica nel Pacifico“, mentre il villaggio di case ci ricorda che anche le zone terrestri più isolate e lontane dalla costa sono in realtà legate agli oceani e possono contribuire all’inquinamento che li sta soffocando.
Ogni tassello rappresenta il nostro posto nel mondo
Avvicinandoci a questi problemi e iniziando a capirne l’immensità, però, spesso ci ritroviamo atterriti, bloccati. Ci sentiamo troppo piccoli per fare qualcosa. “In questo c’è qualcosa di vero, perché effettivamente siamo piccoli per fare la differenza”, spiega Jordan. “Ma allo stesso tempo è un paradosso perché centinaia di milioni di persone che insieme pensano di non fare alcuna differenza generano una catastrofe. Ed è quello che sta accadendo ora”.
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Proprio in questo passaggio c’è il cuore della questione. “Se in uno di questi quadri aggiungessi un altro tappo, un sacchetto o un accendino, nessuno se ne accorgerebbe. Ma se ne togliessi uno, rimarrebbe un buco, un vuoto“. Ogni persona, con il proprio ruolo e nel proprio posto, dà un contributo. Per capirlo, dobbiamo ristabilire una connessione e, soprattutto, una comprensione dei fenomeni del mondo che fin troppo spesso sono proprio causati da noi. Per il resto, dobbiamo solo avventurarci nel dare un senso alla nostra piccolezza in confronto all’enormità del mondo che ci circonda. Una piccolezza che, alla fine, è una vera e propria potenza.
Le immagini della serie Running the numbers di Chris Jordan sono in mostra a Milano, presso la galleria Rossana Orlandi, fino al 17 novembre 2018.
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