
La mancanza di dati ufficiali è un problema per il controllo del mercato legale di animali, soprattutto per le catture di quelli selvatici.
In Asia gli orsi della luna vengono intrappolati e torturati a vita per l’estrazione dei succhi gastrici. A maggio si terrà a Milano un evento per far luce su questa terribile realtà.
Gli orsi neri asiatici (Ursus thibetanus) sono chiamati anche orsi della luna per via del collare bianco che gli disegna una mezza luna sul petto. La poeticità di questo nome contrasta però con l’esistenza terribile cui sono costretti migliaia di questi animali. In diversi paesi dell’Asia, come Cina e Vietnam, gli orsi della luna, ma anche orsi bruni e orsi del sole, sono segregati a vita nelle famigerate fattorie della bile.
In queste strutture i plantigradi vengono letteralmente spremuti per ricavare dalla loro bile l’acido ursodesossicolico, utilizzato da migliaia di anni dalla medicina tradizionale asiatica per il trattamento di patologie riguardanti il fegato e la cistifellea ma attualmente anche per produrre una pomata contro le emorroidi e uno shampoo. Un tempo la bile si otteneva uccidendo gli orsi allo stato brado, ma negli anni Ottanta sono iniziate a sorgere le fattorie della bile, ideate per poter estrarre la bile dagli orsi per tutta la durata della loro vita, sempre che così si possa chiamare.
Le tecniche utilizzate per estrarre la bile dagli animali fanno venire la pelle d’oca e sembra impossibile che si possano sottoporre esseri senzienti a questa tortura, considerato anche che esistono numerose alternative erboristiche e sintetiche efficaci e a basso costo. Tutte le tecniche sono invasive e dolorose e causano gravi infezioni agli animali. Tra le peggiori ci sono il cosiddetto “free drippinng”, nel quale gli orsi hanno una fistola perennemente aperta nell’addome per favorire il continuo sgocciolamento della bile dalla cistifellea, e il metal jacket, una pettorina metallica che viene fissata al corpo dell’orso. Gli orsi sono inoltre costretti a vivere tutta la vita, spesso fin da cuccioli, in gabbie minuscole che impediscono loro ogni movimento e i loro corpi si deformano per adattarsi a quel piccolo spazio.
Una delle associazioni più impegnate nel tentativo di far cessare la schiavitù degli orsi è Animals Asia Foundation, fondata da Jill Robinson nel 1998 con l’obiettivo di porre fine alla crudele pratica delle fattorie della bile e di migliorare il benessere degli animali in Cina e Vietnam. La fondazione si occupa della liberazione degli animali, diffonde consapevolezza sulla loro situazione e dispone di un centro di recupero per gli orsi salvati che permette agli animali di vivere serenamente dopo le torture subite.
Il prossimo maggio Animals Asia Foundation organizzerà un evento a Milano con l’obiettivo di far conoscere la triste realtà in cui vivono ancora oggi migliaia di orsi, cercando di amplificare il suono delle urla di questi animali, affinché tutti le possano sentire. “Cerchiamo di scavare dentro la coscienza di tanti esseri umani, sperando che non sia un tentativo vano – ha scritto Daniela Bellon, del gruppo di supporto di Animals Asia di Milano. – La libertà è il passaggio dall’inferno al paradiso, per tutti noi. Chi non la possiede, la anela. Chi ce l’ha, non vuole perderla”. In attesa che le fattorie della bile chiudano per sempre anche solo parlare di questi rosi e delle loro inaccettabili condizioni, secondo Daniela Bellon, è un modo per renderli liberi, “per non abbandonarli al loro destino, per sapere che la speranza che un giorno tutto questo finisca esiste ed è una possibilità concreta”.
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