Finanza climatica, carbon credit, gender, mitigazione. La Cop29 si è chiusa risultati difficilmente catalogabili in maniera netta come positivi o negativi.
Il ministro dell’Ambiente Sergio Costa alla Cop 25. La sfida del clima si vince senza lasciare indietro nessuno
Il ministro dell’Ambiente Sergio Costa è alla Cop 25 di Madrid per porre le basi del decennio per il clima. A cominciare dalla Pre cop di ottobre 2020 che si terrà a Milano.
I lavori della conferenza delle parti numero 25 sono ancora in corso, ma il ministro dell’Ambiente italiano, Sergio Costa, guarda già al futuro. Guarda al 2020, quando l’Italia – fresca di approvazione della mozione sull’emergenza climatica –, in particolare Milano, ospiterà i lavori della Pre cop, cioè il momento in cui viene ufficializzato il calendario della Cop 26, la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che si terrà a Glasgow, nel Regno Unito. Milano sarà anche la sede della Youth cop, la prima conferenza interamente dedicata ai giovani mai organizzata in ambito Onu. E proprio di giovani abbiamo dialogato con Costa, prendendo come spunto la decisione della rivista americana Time di assegnare all’attivista svedese Greta Thunberg il riconoscimento di Persona dell’anno. Un riconoscimento che si porta dietro anche una volontà precisa di spingere i governi a risolvere la crisi climatica senza dimenticare i diritti umani. Questa è la sfida più importante che la comunità internazionale deve affrontare nel Ventunesimo secolo.
Greta Thunberg è la Persona dell’anno. Cosa pensa di questa scelta?
La scelta del Time di “eleggere” Greta Thunberg “Persona dell’anno” va ben oltre la persona stessa. È il tema ad essere stato definito “dell’anno” [grazie al suo attivismo, ndr], ovvero la lotta contro i cambiamenti climatici. E il Time lo ha fatto proprio perché questo che sta per cominciare è il decennio più importante in quest’ottica. Siamo a un bivio: o la questione viene affrontata e risolta o piangeremo per non averlo fatto. Greta Thunberg qui da Madrid ha ribadito che il decennio in cui stiamo entrando è quello che farà la differenza, ma la farà solo se ora prendiamo le decisioni giuste. Questo è il momento della negoziazione ed è fondamentale perché la Cop 26 che si terrà a Glasgow segnerà la valutazione del primo quinquennio in termini di promesse di riduzione.
Il movimento che Thunberg rappresenta basa le sue richieste sul concetto di giustizia climatica. Cioè più diritti per tutti. È d’accordo?
Per noi è un dovere contrastare i cambiamenti climatici senza lasciare indietro nessuno. Le richieste dei giovani in questo momento ci stanno aprendo a un mondo di decisioni e riflessioni che si riallacciano a temi fondamentali, come la parità di genere. La crisi climatica causa particolari sofferenze in alcune parti del mondo, soprattutto alle donne, alle mamme e ai loro figli. E l’Italia non rimane insensibile davanti a tanta sofferenza. Mi riferisco, ad esempio, a coloro che vivono nell’Africa subsahariana e nella regione del Sahel che soffrono il fenomeno della desertificazione in modo pazzesco. Bisogna raggiungere la neutralità in termini di emissioni, ma in modo equo e giusto. Le due cose devono camminare insieme.
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Come?
Faccio un esempio molto concreto: insieme alle Nazioni Unite, abbiamo finanziato un progetto per la creazione di pozzi d’acqua in tutta la fascia del Sahel. Un meccanismo in grado di recuperare anche l’agricoltura tradizionale con l’utilizzo di energie da fonti rinnovabili, come l’energia solare con tecnologia italiana. Ci sono progetti in itinere anche in Burkina Faso e in Niger sempre per la mitigazione, l’adattamento, l’accesso all’acqua, all’energia e per la transizione energetica sempre. Infine, abbiamo 40 progetti attivi in tema di adattamento e resilienza. Ed è su questo che l’Italia vuole essere leader. Lo stiamo dimostrando coi fatti, ma non ci fermiamo. È l’inizio di un percorso che mette insieme la lotta contro i cambiamenti climatici e la salvaguardia delle fasce di popolazione più deboli.
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