Finora sono morte almeno sette persone. Le forze di polizia stanno investigando per capire se gli incendi siano dolosi e hanno arrestato sette persone.
Si stanno estinguendo i mammiferi australiani
I mammiferi endemici del continente stanno scomparendo al ritmo di 1-2 al decennio, a causa dell’introduzione di specie alloctone e dell’impatto antropico.
La fauna australiana è forse la più meravigliosamente bizzarra che si possa trovare nel nostro pianeta, composta da animali antichi che si sono evoluti lontani dal resto del mondo. Per sentirsi spaesati basta pensare alla primitiva famiglia dei monotremi, ovvero i mammiferi che depongono le uova, dei quali il più noto rappresentante è l’ornitorinco (Ornithorhynchus anatinus).
L’Australia è relativamente poco popolata, ci sono infatti tre persone per chilometro quadrato, mentre la media globale è di circa cinquanta persone per chilometro quadrato. Il Paese è inoltre ancora ricoperto da vaste aree selvagge, eppure, secondo gli scienziati, questo straordinario patrimonio naturalistico è in pericolo.
Lo afferma una ricerca condotta da John C. Z. Woinarski, ricercatore della Charles Darwin University, Andrew A. Burbidge, del Dipartimento australiano per i parchi e la biodiversità e Peter L. Harrison, biologo marino della Southern Cross University. Secondo lo studio il processo di estinzione è iniziato nel 1788, quando l’Australia è diventato un centro di insediamento europeo.
Anche prima dell’avvento dei coloni europei però gli animali erano in calo, presumibilmente a causa dei cambiamenti climatici e della caccia. Inoltre gli equilibri biologici hanno iniziato ad alterarsi con l’introduzione del dingo (Canis lupus dingo), avvenuta circa 3.500 anni fa. Il tracollo è però iniziato con la colonizzazione europea, da allora infatti oltre il 10 per cento dei mammiferi terrestri endemici australiani si è estinto.
Secondo l’analisi di Woinarski gli animali sono scomparsi al ritmo di 1-2 specie al decennio, una tendenza davvero preoccupante, in confronto nello stesso periodo il Nord America ha perso una sola specie di mammifero terrestre, il visone marino (Neovison macrodon). La situazione non sembra oggi migliore, 56 specie sono classificate come “minacciate” nella Lista rossa della Iucn, mentre 52 sono “quasi a rischio”.
La maggior parte di queste estinzioni, secondo i ricercatori, sono imputabili ai predatori introdotti, come gatti e volpi, ma anche le prede alloctone sono una minaccia, come il rospo delle canne (Bufo marinus), il cui veleno può uccidere gli animali che se ne nutrono come il quoll settentrionale (Dasyurus hallucatus).
A forte rischio anche la sopravvivenza del diavolo della Tasmania (Sarcophilus harrisii), minacciato da un tumore che sta decimando la specie. Nel 2009 un incendio ha dimezzato la popolazione già esigua di possum di Leadbeater (Gymnobelideus leadbeateri), che oggi conta un migliaio di superstiti.
Anche gli erbivori introdotti hanno un grande impatto sugli animali locali, oggi gran parte del suolo australiano è destinato all’allevamento di ovini e bovini, ciò implica il degrado dell’habitat e la competizione alimentare per gli erbivori autoctoni.
I ricercatori sostengono che le uniche strategie efficaci di conservazione saranno su vasta scala e a lungo termine. Si prevede ad esempio di trasferire le specie minacciate in aree considerate più sicure. Tuttavia il più grande vantaggio sarebbe l’eliminazione dei gatti selvatici.
Gli studiosi si domandano infine come sia possibile che l’estinzione dei mammiferi australiani sia stata così sottovalutata. “Questo è avvenuto perché, oltre all’iconico tilacino (Thylacinus cynocephalus), molte delle specie estinte o a rischio sono poco conosciute, piccole, notturne e schive – si legge nello studio – e molte volte gli uomini ne ignorano l’esistenza. È poco consolante sapere che questa disinformazione potrebbe cambiare oggi che sono minacciate specie più famose e carismatiche come il koala (Phascolarctos cinereus) e l’ornitorinco”.
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