
Quante imprese hanno i mezzi per far fronte a un danno all’ambiente? A dare una risposta è la rilevazione di Pool Ambiente su dati Ania.
La Germania prova a introdurre il trasporto pubblico gratuito per combattere l’inquinamento. Intanto, contro i record di smog in Italia le targhe alterne non bastano più. L’editoriale di Legambiente sul rapporto Mal’Aria 2018.
Alla fine è arrivata anche l’Europa a dire che i livelli di inquinamento atmosferico nelle grandi città non sono più sostenibili e che, se i governi degli Stati già in procedura di infrazione non presenteranno in tempi brevi rimedi di carattere strutturale, fioccheranno multe salatissime. Un monito che riguarda anche il nostro Paese dove, secondo il dossier Mal’Aria di Legambiente, nel 2017 ben 39 città, complici anche le condizioni climatiche, sono risultate fuorilegge per le alte concentrazioni di pm10.
La situazione più critica è quella che riguarda la Pianura padana, con Torino che ha il primato assoluto dell’aria più irrespirabile: i superamenti del livello di guardia delle polveri sottili registrati dalle centraline di monitoraggio sono stati addirittura 112. A seguire c’è Cremona, sul secondo gradino del podio con 105 sforamenti, Alessandria con 103, quindi Padova con 102, Pavia con 101, Asti con 98, Milano con 97 e Venezia con 94 giornate off limits. Dopo le peggiori città del nord, al nono posto si piazza a sorpresa Frosinone con 93 sforamenti. In Campania l’aria peggiore è quella che si respira a Caserta, in Umbria a Terni, in Friuli Venezia Giulia a Pordenone e nelle Marche a Pesaro.
#MalAria in città, ecco come ripensare le nostre città per farle respirare di nuovo >> https://t.co/reYK3rHm1l pic.twitter.com/RJKjFaI1GF
— Legambiente Onlus (@Legambiente) 30 gennaio 2017
Accanto al pm10, Legambiente nel 2017 ha misurato anche le concentrazioni fuori norma dell’ozono troposferico (l’ozono presente nei bassi strati dell’atmosfera, a diretto contatto con la superficie terrestre, ndr): in questo caso, sono state 44 le città che hanno registrato il superamento del limite di 25 giorni nell’anno solare. Le peggiori sono state Catanzaro con 111 superamenti, Varese con 82, Bergamo con 80, Lecco e Monza con 78, Mantova con 77. Combinando i due inquinanti, la città con il maggiore numero di giorni fuori legge è stata Cremona.
È un’emergenza ormai cronica quella che colpisce i nostri centri urbani e che fino a oggi non ha visto in campo scelte adeguate per fronteggiarla e risolverla. Eppure, considerando solo le città peggiori, riguarda la vita di oltre 7 milioni di abitanti. Sono decenni che lo smog si affronta solo quando si arriva a situazioni da “allarme rosso”, ogni città come ritiene più opportuno, ma sostanzialmente con interventi insignificanti e che non hanno alcun riscontro sul medio e lungo periodo: dalle targhe alterne, alle sporadiche domeniche senz’auto, alle limitazioni alla circolazione per i veicoli più vecchi.
Ma il problema dell’inquinamento dell’aria non è una sciocchezza. Produce danni serissimi alla salute dei cittadini, in particolare a quella dei bambini e delle persone anziane. Secondo i dati dell’Agenzia europea dell’ambiente (Aea), le morti premature attribuibili all’inquinamento atmosferico nel nostro Paese sono oltre 60mila l’anno, mentre i costi collegati per il sistema sanitario, già nel 2010, si stimavano tra i 47 e i 142 miliardi di euro. Il nemico numero uno è senza dubbio il traffico. Deteniamo il primato europeo delle immatricolazioni di vetture private, con 624 auto ogni mille abitanti, contro le 331 di Londra e le 166 di Parigi. E siamo anche la nazione con il più alto numero di auto diesel in circolazione (il 56 per cento contro il 45 per cento della media europea) e con il parco auto e camion tra i più vecchi, con un’età media che sfiora i vent’anni. Eppure il 92 per cento degli italiani oggi si dichiara preoccupato per la qualità dell’aria che respira.
Occorre che la prossima legislatura affronti una volta per tutte questo tema, mettendo da parte i protocolli sottoscritti in questi anni tra governo, regioni e comuni e rimasti sostanzialmente sulla carta. È necessario definire un modo diverso di pianificare gli interventi nelle aree urbane, con investimenti nella mobilità collettiva con la modernizzazione dei mezzi circolanti, partendo da quella per i pendolari, nella riconversione sostenibile dell’autotrazione e dell’industria, nella riqualificazione edilizia, nel riscaldamento con i sistemi innovativi e nel verde urbano. Accanto a questo, occorre potenziare anche il sistema dei controlli pubblici, con l’approvazione ancora mancante dei decreti attuativi della legge sulle agenzie regionali per la protezione dell’ambiente da parte del Ministero.
Intanto, la prima mossa coraggiosa in risposta al richiamo della Commissione europea arriva dalla Germania, dove si sta valutando la sperimentazione del trasporto pubblico locale gratuito in cinque città pesantemente afflitte dall’inquinamento. Il governo ha assicurato che provvederà direttamente alla copertura dei mancati introiti. Un’ipotesi innovativa che non va liquidata, non fosse altro che per la rinomata razionalità della gestione finanziaria tedesca: in una città che investe fortemente in questa direzione, potenziando l’uso dei mezzi pubblici e limitando in modo drastico la circolazione delle automobili, i costi del servizio potrebbero tranquillamente essere inseriti nella fiscalità generale. Certo i mezzi pubblici tedeschi non hanno nulla a che vedere con quelli dell’Italia che deve ancora fare tanti investimenti sul rinnovo del parco circolante. Su questo fronte, come su altri, il modello tedesco è ancora irraggiungibile per noi che continuiamo a respirare in modo drammatico la mal’aria made in Italy.
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