Allarme per l’anomalia climatica sulla cima della montagna più famosa e venerata del Sol Levante dopo un’estate e un ottobre caldissimi.
A rischio un simbolo degli Stati Uniti, la siccità minaccia la sopravvivenza dei cavalli selvaggi
Guardare i cavalli selvaggi galoppare in libertà trasmette emozioni difficili da descrivere a parole. Pensare che rischia di essere un’immagine visibile solo nei film western spezza il cuore.
“C’è qualcosa nell’esteriorità di un cavallo che fa bene all’interiorità dell’uomo”, diceva Winston Churchill, allora primo ministro britannico. Tanto imponente quanto leggiadro, fedele ma indomabile, quest’animale ci ha accompagnato fino alla civiltà moderna tanto che ancora oggi lo veneriamo. Negli Stati Uniti è un vero e proprio simbolo: che Far West sarebbe senza cavalli selvaggi che sfrecciano nelle praterie con la criniera scompigliata dal vento?
Quali sono le minacce che incombono sulle mandrie statunitensi
La loro sopravvivenza è gravemente minacciata dalla siccità che sta colpendo ampie zone degli Stati Uniti. Già nel mese di maggio sono state trovate decine di animali morti vicino ad una vecchia pozza ormai completamente asciutta nel nordest dell’Arizona, ma con l’arrivo dell’estate la situazione è peggiorata e a risentirne sono anche Nevada, Utah, Colorado e New Mexico.
“Mai visto nulla di simile”, ha dichiarato Simone Netherlands, presidente del Salt river wild horse management group, associazione che si occupa della tutela dei cavalli selvaggi. Mancano sia l’acqua che l’erba, oltretutto il terreno è talmente secco che non riesce ad assorbire la pioggia. “Se non avremo precipitazioni intense durante l’autunno, e clima mite che permetta alla vegetazione di ricrescere, perderemo questi animali”: è la triste previsione di Cindy Wright, leader dell’organizzazione Wild horse warriors.
Quali sono le soluzioni a breve termine
I provvedimenti messi in atto sono molteplici: da un lato i volontari portano acqua e fieno ai cavalli più bisognosi, dall’altro li radunano per fornire loro cure veterinarie e destinarli poi alla vendita o all’adozione. Il presidente Donald Trump ha proposto di sopprimerli o mandarli al macello, ma fortunatamente pratiche simili sono vietate dall’Ufficio per la gestione del territorio (Bureau of land management). Un’agenzia governativa che, tuttavia, è sospettata di appellarsi a qualunque scusa pur di allontanare gli animali dalle praterie, che ospitano circa 67mila esemplari: certamente la sovrappopolazione è un tema da affrontare, ma molte associazioni credono che il vero obiettivo dell’amministrazione sia quello di soddisfare gli interessi di agricoltori e allevatori in cerca di nuovi terreni da sfruttare.
In the parched American Southwest, advocates and the government worry that wild horses are running out of water. Story: https://t.co/MkaVfPuBKs pic.twitter.com/jriYA6MspO
— AP West Region (@APWestRegion) 23 luglio 2018
Per garantire la sopravvivenza dei cavalli selvaggi, servono soluzioni a lungo termine
Se i cavalli sono salvi per merito dei volontari, è altrettanto vero che provvedere al loro sostentamento non è una soluzione a lungo termine: non solo è molto costoso, ma significa privare gli animali dell’indipendenza e far sì che la loro sopravvivenza si basi sull’intervento umano, andando a modificare l’intero ecosistema. Questi cavalli sono abituati a vivere in condizioni difficili e come tutti gli animali selvatici si adattano facilmente ad ogni situazione, ma i cambiamenti che si trovano ad affrontare sono troppo rapidi ed estremi: per questo bisogna agire a monte, contrastando il riscaldamento globale e la desertificazione che ne deriva.
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