La Cop16 sulla biodiversità si conclude con pochi passi avanti. Cosa resta, al di là della speranza?
Si è conclusa il 2 novembre la Cop16 sulla biodiversità, in Colombia. Nonostante le speranze, non arrivano grandi risultati. Ancora una volta.
In occasione della Giornata mondiale della biodiversità, alcune storie di speranza per immaginare un mondo migliore e nuovamente selvaggio.
Il pianeta sta perdendo una specie dopo l’altra e sta vivendo la sesta estinzione di massa della sua storia. Il tasso di estinzione viaggia a ritmi vertiginosi, entro la fine del secolo il 50 per cento delle specie viventi rischia di scomparire, mentre diverse potrebbero non vedere il nuovo anno, secondo il Wwf, come la vaquita (Phocoena sinus) e il leopardo dell’Amur (Panthera pardus orientalis). Dal nuovo rapporto Stato degli uccelli nel mondo di BirdLife è emerso che una specie su otto di uccelli rischia l’estinzione. Non se la passano meglio i grandi mammiferi, vestigia dell’antica megafauna, le cui popolazioni si sono dimezzate, nel migliore dei casi. Gli animali più a rischio sono però gli anfibi, il 41 per cento è a rischio. Eppure non tutto è perduto, se le popolazioni di molte specie sono in drammatico calo, in alcune aree del mondo la natura e la fauna stanno riprendendosi gli spazi che troppo a lungo gli abbiamo sottratto. Ecco alcune storie positive per guardare al futuro con la speranza di un mondo nuovamente selvaggio e ricco di vita.
Negli ultimi decenni gli ecologi hanno scoperto l’esistenza di diffuse cascate trofiche. Sono importanti meccanismi naturali regolati dagli animali posti al vertice della catena alimentare che si ripercuotono fino al fondo della catena. Gli effetti di alcune specie sull’intero ecosistema sono sorprendenti, predatori e grandi erbivori hanno, in alcuni casi, mutato la natura del terreno, la chimica degli oceani e la composizione dell’atmosfera. In seguito a queste scoperte si è dovuto riconsiderare un vecchio modello di conservazione e si è rivelato sempre più importante reintrodurre grandi predatori e altre specie scomparse, in modo da ripristinare quei delicati meccanismi ecologici che noi stessi abbiamo contribuito ad inceppare in tempi più o meno recenti. Le storie che seguono raccontano proprio esperienze di reintroduzione o di ripristino di ecosistemi degradati, con l’obiettivo di avere di nuovo ecosistemi abbondanti e affascinanti e rendere accessibile a tutti la meravigliosa fauna selvatica che popola la Terra.
Se, fino ad appena dieci anni fa, aveste percorso alcune vette del parco nazionale dei monti Sibillini, avreste sì goduto delle splendide montagne ma, forse, quelle cime vi sarebbero sembrate un po’ vuote. Oggi non lo sono più, grazie ad uno straordinario progetto di reintroduzione avviato nel 2010, il signore delle rupi, il camoscio appenninico (Rupicapra pyrenaica ornata) è tornato a popolare gli antichi territori. Ora è possibile ammirare questa sottospecie di camoscio endemica dell’Italia centrale e definita dagli zoologi “il camoscio più bello del mondo”, in aree da cui era estinta da tempo immemorabile
In Siberia è in corso uno dei più audaci e visionari progetti di rinaturalizzazione della storia, chiamato Pleistocene Park. L’obiettivo è di rigenerare l’ecosistema di 10mila anni fa, durante il Pleistocene, e rendere nuovamente fertili e ricche di vita le steppe siberiane. Per raggiungere lo scopo sono state reintrodotte numerose specie ormai estinte in quell’area, come buoi muschiati, bisonti, cavalli siberiani e cervi. I responsabili del parco stanno inoltre valutando la possibilità di reintrodurne altre, tra queste la saiga tatarica, il cammello, il leopardo dell’Amur, tigri siberiane e leoni. La speranza di Sergey Zimov, il fondatore del parco, è che il ripristino della prateria, favorito dal ritorno degli erbivori, possa rallentare lo scioglimento del permafrost ed evitare che le grandi quantità di CO2 intrappolate nel ghiaccio si immettano nell’atmosfera.
Leggi anche: Il 22 maggio è la Giornata mondiale della biodiversità
Lo scorso 16 maggio nelle foreste dei Monti Tarcu, sui Carpazi meridionali della Romania, sono stati liberati in natura due bisonti europei (Bison bonasus), Athena e Julo, nati in Italia al parco Natura Viva. Il rilascio è parte di un importante progetto di reintroduzione nell’ambito del Life Re-Bison. L’obiettivo è riportare il più grande mammifero terrestre del continente in quei luoghi da cui è stato eradicato con la forza. La specie, considerata estinta in natura dal 1927, sta lentamente riappropriandosi delle foreste europee, grazie a progetti di reintroduzione come quello avvenuto in Romania o ai rilasci effettuati in Germania. Le varie liberazioni nell’ambito del Life Re-Bison hanno portato la popolazione di bisonti in Romania, dal 2015 ad oggi, a crescere da 30 a 185 individui. Il ritorno dei bisonti aiuterà a mantenere la diversificazione ambientale fra zone di foreste e cespugli e zone aperte, di pascolo.
I grandi felini sono oggi in grave pericolo, il loro numero è in forte calo a causa della perdita di habitat, della diminuzione delle prede, del bracconaggio e del commercio illegale. Le popolazioni di tigri sono crollate del 95 per cento negli ultimi cento anni rischiando di renderci orfani di uno dei predatori più maestosi del pianeta. Ma una serie di misure sono in corso per arrestare questo declino, nel 2016, per la prima volta da oltre un secolo, il numero di tigri è tornato ad aumentare. La crescita delle tigri sembra confermare l’efficacia del progetto Tx2 del Wwf e sarebbe dovuta innanzitutto all’intensificarsi degli sforzi di conservazione, in particolare in India, Russia, Nepal e Bhutan.
Oggi la superficie boschiva dell’Islanda è di appena il 2 per cento, ma non è sempre stato così. Fino a pochi secoli fa le foreste ricoprivano quasi metà dell’isola, poi arrivarono i vichinghi che rasero al suolo gli alberi per ottenere pascoli per il bestiame e legna da ardere. Il governo islandese ha però avviato un grande progetto di riforestazione che prevede, attraverso la piantumazione di circa tre milioni di nuovi alberi ogni anno, di aumentare la copertura forestale dal 2 al 12 per cento entro il 2100. Il ritorno delle foreste contribuirà a fermare l’erosione del suolo, a combattere i cambiamenti climatici, aumenterà il valore paesaggistico nazionale e offrirà riparo e sostentamento alla fauna selvatica.
Il filo rosso che lega queste iniziative è una visione a lungo termine che prevede di rendere il mondo, e in particolare l’Europa, un posto decisamente più selvaggio. L’obiettivo non è conservare la biodiversità esistente, ma riportare alla loro integrità gli antichi processi naturali, lasciando poi che sia la natura a decidere che strada intraprendere. Se saremo fortunati non dovremo più percorrere migliaia di chilometri per vedere una grande varietà biologica e le nostre foreste e i nostri mari torneranno a pullulare di vita.
Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Si è conclusa il 2 novembre la Cop16 sulla biodiversità, in Colombia. Nonostante le speranze, non arrivano grandi risultati. Ancora una volta.
Tre puntate speciali di News dal Pianeta Terra per parlare del legame tra biodiversità e transizione energetica, con il supporto di A2A.
In Scozia la popolazione selvatica di gallo cedrone conta ormai solamente 500 individui, per questo è stato avviato un piano per salvarla
Un pomeriggio di confronto sui temi della biodiversità in occasione della presentazione del primo Bilancio di sostenibilità territoriale della Sardegna.
Il 21 ottobre è iniziata in Colombia la Cop16, la conferenza delle Nazioni Unite per tutelare la biodiversità del nostro Pianeta.
L’Australia amplia la riserva marina delle isole Heard e McDonald, superando i suoi stessi obiettivi di tutela degli oceani.
Diversi studi hanno rivalutato, nel corso degli anni, il valore delle vespe per la salute umana, grazie al loro contributo per un’agricoltura meno chimica.
I polpi lavorano in gruppo, ognuno con un ruolo ben preciso, per cacciare. Triglie e cernie sono gli “amici” più stretti.
Il Living planet report del Wwf testimonia che la crisi della biodiversità è reale e intrecciata alla crisi climatica. Ma possiamo invertire la rotta.