La Cop16 sulla biodiversità si conclude con pochi passi avanti. Cosa resta, al di là della speranza?
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Si è concluso a Johannesburg il summit della Cites, organizzato per fare il punto sulle sfide che la fauna selvatica di tutto il mondo deve affrontare. Ecco come è andata.
Maggiore protezione per alcune specie in pericolo, come pangolini e bertucce e divieto di vendita dell’avorio e di legno di palissandro. Sono alcune delle decisioni prese in occasione della diciassettesima Conferenza delle parti (CoP17) della Convenzione sul commercio internazionale delle specie a rischio (Cites), svoltasi a Johannesburg, in Sudafrica, dal 24 settembre al 5 ottobre.
La Cites, nota anche come Convenzione di Washington, è un accordo internazionale tra governi, entrato in vigore nel 1975, che regola il commercio internazionale delle specie di fauna e flora selvatiche minacciate di estinzione.
Al summit Cites hanno partecipato i delegati di 158 paesi, riuniti per valutare lo stato (precario) di salute della biodiversità globale ed elaborare nuove e più efficaci strategie per debellare il commercio illegale di specie protette, fenomeno che rischia seriamente di causare l’estinzione di numerose specie animali e vegetali. Durante il summit di Johannesburg, definito dal segretario generale della Cites, John E. Scanlon, “uno degli eventi più decisivi nei quarantatré anni di storia della Convenzione”, sono stati affrontati numerosi temi e compiuti notevoli passi avanti contro il bracconaggio e la compravendita di animali.
Per gli elefanti arrivano buone notizie, ma solo a metà. È stato infatti confermato il divieto di commerciare legalmente avorio su scala globale, tuttavia non è passata la proposta di inserire gli elefanti africani nell’Appendice I della Cites, il grado più alto di protezione in base al diritto internazionale. La maggior tutela dei pachidermi, richiesta dall’African elephant coalition (Aec) avrebbe assestato un durissimo colpo ai commercianti di avorio, ma 44 delegati hanno votato no (contro 66 sì). Secondo i contrari la maggior parte delle popolazioni di elefanti africani inserite nell’Appendice II, non è sufficientemente minacciata da rientrare nell’Appendice I. Un peso determinante, grazie al voto dei suoi 28 stati membri, lo ha avuto l’Unione europea che si è schierata contro l’up-listing degli elefanti. La presa di posizione dell’Ue ha scatenato la rabbia di numerosi conservazionisti, che hanno vissuto questa scelta come un tradimento, come Rosalind Reeve della Fondation Franz Weber e della David Shepherd Wildlife Foundation. “Se l’Ue avesse sostenuto la proposta dell’African elephant coalition l’elencazione nell’Appendice I sarebbe passata. Il sangue degli elefanti africani ricade sulle mani dell’Europa”.
All’unanimità è stato deciso di mettere al bando il commercio internazionale di tre specie animali a rischio estinzione: il pangolino (tutte e otto le specie), la bertuccia (Macaca sylvanus) e il tur occidentale (Capra caucasica). Questi animali sono stati inseriti nell’Allegato I della Cites, che vieta qualsiasi spostamento transfrontaliero di animali o di parti del loro corpo per scopi commerciali. Sono state inoltre introdotte limitazioni al commercio delle oltre 300 specie di palissandro, alberi minacciati dalla grande richiesta internazionale di legno.
Tra i temi dibattuti quello della tracciabilità degli animali venduti, al fine di risalire all’origine del commercio di specie minacciate. Tra queste, particolarmente colpite, figurano numerose specie di squali e razze. Alcune di queste, come lo squalo di seta (Carcharhinus falciformis) e lo squalo volpe (Alopias vulpinus), sono state inserite nell’Allegato II che ne limita il commercio internazionale.
Una delle minacce per questi antichi animali è la costante richiesta da parte degli allevatori amatoriali, il cui numero è in aumento. Il commercio internazionale di animali esotici richiesti come animali domestici mette a rischio la sopravvivenza di cinquantasei specie di rettili. Da oggi numerose specie di anfibi e rettili godranno di una maggiore protezione.
Anche per i leoni, come per gli elefanti, non ha avuto successo la proposta di inserire questi felini nell’Appendice I della Cites che ne avrebbe vietato integralmente il commercio. Si è raggiunto una sorta di compromesso che stabilisce che è vietata la compravendita di ossa, denti e artigli di leoni selvatici, ma non quella di leoni allevati in cattività, resta inoltre legale l’esportazione di trofei di caccia.
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